SCIENZA E RICERCA

Nobel Medicina a Julius e Patapoutian

Già nel XVII secolo Cartesio ipotizzava che quando tocchiamo qualcosa si apra un “canale” di collegamento che trasmette la sensazione dalla pelle al cervello. È in questo modo che percepiamo il mondo e il suo ragionamento, almeno per quanto riguarda il tatto, è pressoché corretto. Con un piccolo dettaglio: che cosa succede al contatto tra un oggetto e la pella che faccia scattare la comunicazione della sensazione al nostro cervello attraverso i nervi? È a questa domanda che hanno risposto i due Nobel per la Medicina o la Fisiologia 2021, David Julius e Ardem Patapoutian, premiati per le loro “scoperte dei recettori per la temperatura e il tatto”.

 

Una ricerca “piccante”

Tutto è iniziato nella seconda metà degli anni Novanta del Novecento, quando l’americano Julius, ricercatore all’Università della California a San Francisco, si accorse che quando entriamo in contatto con un peperoncino piccante proviamo, tra le altre cose, una sensazione di calore e possiamo anche incominciare a sudare. Eppure, rispetto alla teoria di Cartesio, non siamo in diretto contatto con il peperoncino. Julius pensava, correttamente, che ci dovesse essere qualcosa che “ingannava” il cervello e gli faceva percepire il caldo. Questo qualcosa, scoprì, è la capsaicina, una sostanza responsabile della sensazione di bruciore. Julius si domandò se non ci dovesse essere nelle cellule nervose nella pella un recettore specifico che si attiva in presenza della capsaicina. 

La scoperta dell’esistenza di neuroni sensoriali specializzati nel registrare i cambiamenti nell’ambiente in cui ci troviamo è stata premiata nel 1944 con un altro premio Nobel. A riceverlo furono Joseph Erlanger e Herbert Gasser che per primi dimostrarono l’esistenza di diverse fibre nervose sensoriali che reagiscono a stimoli specifici. Tra le altre cose, nella serie di ricerche condotte da diversi gruppi a partire dal secondo dopoguerra, si sapeva che esiste un recettore sensibile al dolore provocato dalla capsaicina. Ma non al calore. Ed è quello che ha studiato Julius con il suo team.

Una particolare libreria 

Per prima cosa, il gruppo di Julius mise a punto una libreria di milioni di frammenti di DNA che corrispondeva ai geni espressi dai neuroni sensoriali che reagiscono al dolore, al calore e al tatto. L’ipotesi era che in questo mare magnum di materiali si sarebbe dovuto annidare anche il frammento di DNA che codifica per la proteina sensibile alla capsaicina. Procedendo per tentativi ed errori, i ricercatori sono stati in grado di individuare un singolo gene in grado di rendere le cellule sensibili alla capsaicina. A partire da questi studi, Julius e il suo gruppo di ricerca è stato in grado di individuare la relativa proteina del canale ionico. Era stato individuato il recettore che si attiva a temperature percepite come dolorose e venne chiamato con la sigla TRPV1.

Trovato il primo recettore, la caccia ad altri recettori sensibili ad altre condizioni di temperatura era aperta. Procedendo con lo stesso metodo, Julius e il suo gruppo hanno individuato anche un secondo recettore, il TRPV8, che funziona analogamente al TRPV1 ma si attiva a basse temperature. Come succede talvolta nella storia della scienza, quando i tempi sono maturi per una scoperta possono essere più gruppi contemporaneamente a raggiungere gli stessi risultati. Negli stessi anni in cui a San Francisco si lavorava ai recettori, anche in un altro centro di ricerca californiano specializzato nelle scienze biomediche, lo Scripps Research Institute di La Jolla, si portavano avanti ricerche nello stesso settore. A guidarle era Ardem Patapoutian, un ricercatore di origine libanese più giovane di dodici anni di Julius. Anche a La Jolla venne scoperto il recettore TRPV8 e la comunicazione ufficiale dell’Accademia delle Scienze di Stoccolma accredita le due ricerche come indipendenti e contemporanee.

 

Oltre Cartesio

Dopo due anni di pandemia globale, gli analisti del settore davano come potenziale premio Nobel per la Medicina Katalin Kariko, ricercatrice a BioNTech, e Drew Weissman (University of Pennsylvania). I due sono gli autori principali di un paper del 2005 alla base del metodo basato sull’mRNA con cui sono stati prodotti alcuni dei vaccini per SARS-CoV-2. Solitamente, però, l’Accademia delle Scienze di Stoccolma non si lascia facilmente guidare dalle scoperte di maggiore richiamo mediatico. Per Kariko e Weissman, che hanno cominciato a lavorare al progetto già tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta, i tempi sembravano tuttavia maturi. La tempistica era simile a quella di Jennifer Doudna e Emmanuelle Charpentier. La loro scoperta di CRISPR Cas9, però, ha ricevuto il Nobel in Chimica, per cui anche per l’mRNA non è detta l’ultima parola.

Nel frattempo, il Nobel in Medicina o Fisiologia di quest’anno ha premiato il superamento del problema aperto dalle riflessioni di Cartesio. Ma ha anche aperto una serie di strade per altre ricerche. Infatti, conoscere il meccanismo di trasmissione al cervello delle sensazioni dolorose ha posto all’orizzonte potenziali studi su come ridurre il dolore cronico.

 

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