SOCIETÀ

Non di solo complottismo vive l'esitazione vaccinale

Non serve frequentare social network o guardare programmi televisivi 24/7 per rendersi conto che il dibattito sui vaccini è fortemente polarizzato: da una parte ci sono i vaccinati, quelli che credono nella scienza e si fidano dei medici, mentre dall'altra ci sono i no-vax, quelli che pensano che i poteri forti attraverso la puntura iniettino anche un po' di 5G. Agitato, non mescolato.
Tertium non datur, o sei con noi o sei contro di noi, chi ha dubbi è un traditore dell'una o dell'altra causa.

Non è così solo da noi, lo ha notato anche Ed Yong che per smontare questo dualismo cataro ha pubblicato un articolo su The Atlantic: il giornalista riflette sul fatto che ci sono molti motivi per cui una persona non è (ancora) vaccinata, e per capire meglio quali fossero ha contattato Rhea Boyd, pediatra ed esperta di salute pubblica, che ha organizzato un grande lavoro di comunicazione che coinvolgeva le categorie più svantaggiate, una campagna che si chiamava The Conversation e che era attiva a livello nazionale proprio per contrastare l'esitazione vaccinale e dissipare i dubbi dovuti molto spesso a fake news.

Every question they asked was legitimate and important Rhea Boyd

Boyd ha raccontato a Yong che alle conferenze non incontrava solo persone non vaccinate, ma anche persone vaccinate spaventate dagli effetti collaterali a lungo termine. Ricevere informazioni corrette, e, quando è il caso, rassicurazioni non è importante solo per chi sta ancora tentennando, ma anche per i vaccinati che non sono esenti da paure e preoccupazioni. È molto più probabile, infatti, che gli incerti decidano di vaccinarsi se si trovano di fronte persone serene che credono fermamente nella scelta che hanno fatto, piuttosto che vaccinati pieni di domande. Il che non è scontato: un altro falso mito che deriva dalla visione polarizzata è che i vaccinati siano tutti ferventi sostenitori del vaccino. In verità, di nuovo, le cose sono molto più sfumate, e, come spiega Boyd, le domande delle due categorie sono molto simili, anche perché in ambienti svantaggiati le persone non solo possono non avere le risorse per comprendere le informazioni corrette, ma potrebbero addirittura non averne accesso.

The information gap is driving the vaccination gap Rhea Boyd

C'è poi il problema dell'accessibilità: è vero che Biden ha garantito che il 90% degli americani avrà un punto vaccinale entro cinque miglia dalla sua abitazione, ma non tutti possono permettersi di fare 8 chilometri a piedi se non hanno l'auto, per non parlare del lavoro: per molti significherebbe perdere un giorno di paga, e se il vaccino dovesse dare degli effetti collaterali come febbre alta e malessere anche due o più. Certo, si potrebbe obiettare che anche prendendo il Covid non si potrebbe andare al lavoro e nutrire la propria famiglia, ma quando i soldi mancano si tende a ragionare sul brevissimo termine. In quest'ottica, concordano Yong e Boyd, i toni usati fin troppo spesso da certe istituzioni per rapportarsi con i non vaccinati sono controproducenti: è sbagliato pensare che chiunque non abbia ricevuto la sua dose sia un no-vax da blastare, diremmo noi, alla prima occasione. L'unico risultato che si ottiene in questo modo è allontanare dalla scienza chi esita, a prescindere dai motivi, scagliandolo senza appello e senza colpo ferire nella bolgia dei complottisti.

Come superare questi pregiudizi? Grazie al dialogo e alla comprensione. In America ci stanno provando ma, senza andare troppo lontano, anche Beatrice Mautino, biotecnologa e divulgatrice, si è mossa In questa direzione, facendo un sondaggio tra i suoi follower su Instagram che, pur senza pretese statistiche, ha visto partecipare ben 31.053 persone. Mautino ha chiesto chi dei suoi follower fosse vaccinato o in attesa della seconda dose, e chi non era vaccinato e perché.

Le story sono state visualizzate da quasi 59.000 persone, metà delle quali hanno risposto.19.002 persone avevano già completato il ciclo, 10.161 erano in attesa della seconda dose e 1888 non erano vaccinate. Tra queste, solo un piccolissimo gruppo era composto da no-vax e per quanto l'audience di Mautino sia composta soprattutto da persone in qualche modo avvezze alla scienza, che non rappresentano un campione statisticamente valido, è comunque interessante indagare sui perché dell'esitazione vaccinale, tanto più che le motivazioni espresse sono in linea con quelle rilevate da Boyd.

Servizio di Anna Cortelazzo e montaggio di Elisa Speronello

"La stragrande maggioranza delle persone non vaccinate - racconta Mautino - mi ha detto che non si era vaccinata perché non aveva ancora potuto farlo, magari per motivi burocratici o logistici e organizzativi, quindi era semplicemente in attesa. Il secondo gruppo per numerosità era quello delle persone che hanno avuto il covid recentemente, quindi stavano aspettando di potersi vaccinare, perché, anche qui, ci sono dei problemi di tipo burocratico. Il terzo è il gruppo che a me personalmente ha fatto un po' più pensare, ed è quello delle donne in gravidanza o in allattamento oppure in cerca di una gravidanza, che sono state rimpallate da un medico all'altro e spesso, anche se si volevano vaccinare, non potevano farlo e venivano rimandate a casa. Insomma, c'è stato veramente un problema comunicativo immenso per questa categoria di persone; solo dopo nella mia classifica arrivavano le persone che dicevano di aver paura di vaccinarsi, mentre per ultimi c'erano i contrari a prescindere, quelli delle teorie del complotto di cui tanto si parla sui giornali".

In effetti il dubbio viene spontaneo: non è che i contrari ai vaccini siano un gruppo piuttosto sparuto che però ha capito che la chiave del successo è fare più rumore, per distrarre l'opinione pubblica dalla scarsa numerosità? Quel che è certo è che, da parte di queste persone, c'è un notevole sforzo per portare dalla loro parte gli incerti, quelli che dopo certe esternazioni di medici esposti mediaticamente si allontanano da una scienza che si rivolge loro con aggressività e giudizio, portandoli a una reazione contraria all'obiettivo.
Dialogare con questi "boh-vax" è estremamente importante. Pensiamo che queste persone si informino attraverso i canali ufficiali o, nella peggiore delle ipotesi, nei gruppi dei complottisti. In realtà i loro interlocutori sono, la maggior parte delle volte, altri "boh-vax", senza contare che, come ha notato Boyd, a volte scattano altre dinamiche, legate all'affinità con chi hanno di fronte: i neri, per esempio, tendono a fidarsi di più dei medici neri (che però sono una minoranza), o dei pastori. A farla da padrone, comunque, rimangono esperienze e aneddoti di non addetti ai lavori: barbieri, commessi, amici e parenti. In questo caso, come sottolinea anche Mautino: "Se voglio convincere una persona che a cui voglio bene a vaccinarsi, trattarla da complottista, da insensibile o da poco altruista non è la strategia migliore. Anzi, si è visto che questo fa arroccare ancora di più le persone sulle proprie posizioni, e sentirsi trattati da no-vax e da complottisti fa un po' arrabbiare, soprattutto quando non lo si è. Molte persone mi hanno scritto che hanno semplicemente paura, che però non sono contrarie ai vaccini e non fanno i ragionamenti che vengono attribuiti ai no-vax. Questo tipo di comunicazione così polarizzante, così divisiva, non fa bene al dibattito e non porta da nessuna parte, se non ai disastri che stiamo vedendo".

Come ha rilevato Boyd, a volte internet rischia di dare una visione limitata della realtà: i toni sono aggressivi, e potrebbe sembrare che chi non si vaccina non abbia il minimo dubbio in proposito. Poi, però, agli incontri quelle stesse persone si aprono, e si scopre che non escludono a priori la vaccinazione, ma magari sono semplicemente spaventate e rispondono male a chi le giudica per partito preso. A questo punto bisogna sperare che iniziative di questo tipo possano agire più velocemente della variante Delta, e che il gruppo dei vaccinisti un po' troppo convinti non rovini tutto il lavoro.

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