SCIENZA E RICERCA

I nostri antenati usavano il tabacco da ben prima di quanto pensassimo

Per molti il tabacco è un vizio irrinunciabile, e forse sorprenderà sapere da quanto tempo questa sostanza viene utilizzata dagli esseri umani, anche se, probabilmente, per scopi diversi: prima di oggi si riteneva che i nostri antenati avessero cominciato a conoscere questa pianta 3300 anni fa, quindi tutto sommato abbastanza di recente, ma ora un articolo pubblicato su Nature Human Behaviour firmato da Daron Duke e dal suo gruppo di ricercatori retrodata la scoperta del tabacco di ben 9000 anni, portandola quindi a 12300 anni fa.

Sicuramente in un primo momento il tabacco non era diffuso come lo diventò in seguito, quando gli esploratori cominciarono a esportarlo dal Nord America nel 15esimo secolo, ma la domesticazione sarebbe avvenuta ben prima. Per capire come ha fatto il gruppo di ricerca californiano ad arrivare a questa conclusione, abbiamo intervistato Anna Maria Mercuri, archeobotanica e docente di botanica sistematica all'università di Modena e Reggio Emilia.

Servizio di Anna Cortelazzo e montaggio di Elisa Speronello

I semi della Nicotiana (la pianta da cui si ricava il tabacco ancora oggi) sono stati ritrovati in un focolare presente in un sito archeologico nella parte occidentale del deserto dello Utah. I cacciatori-raccoglitori si accampavano in quella zona tra i 13.000 e i 9500 anni fa, quindi questa è senza dubbio la finestra da considerare per una datazione.
"I semi - spiega Mercuri - appartenevano a una specie spontanea che veniva utilizzata dai cacciatori-raccoglitori. Per chi studia l'archeobotanica, cioè la botanica applicata all'archeologia, trovare un seme significa trovare la prova della presenza delle piante in una data area".
I ricercatori non sono riusciti a datare con precisione i semi, perché erano troppo piccoli, ma grazie alle tecniche di datazione al radiocarbonio è stato possibile datare sia il focolare che i resti della legna presenti, e non c'è motivo per supporre che i semi siano stati posizionati nello stesso luogo in un periodo successivo.

A questo punto viene naturale chiedersi come veniva utilizzato il tabacco, anche se dare una risposta definitiva non è possibile (lo sarebbe stato se contestualmente fossero state rinvenute delle pipe, per esempio, ma così non è stato): "Partiamo - dice Mercuri - collegandoci alle evidenze moderne: ci chiediamo quale può essere oggi l'utilizzo del tabacco e se può essere applicato anche alle piante spontanee, cioè le specie selvatiche e non quelle domestiche. Il fatto di aver trovato i semi nel focolare ci fa pensare che le piante siano state in qualche modo avvicinate al fuoco perché potessero emanare profumo e sostanze psicoattive. L'utilizzo delle piante per scopi rituali è collegato alle evidenze etno botaniche attuali ed è più probabile che venissero utilizzate per questo, piuttosto che per scopi alimentari o come medicinali".

Scoperte del genere confermano quanto è importante avere a disposizione professionalità diverse, che afferiscono sia all'archeologia che alla botanica: "Ogni piccola evidenza che si trova in questi scavi archeologici - spiega Mercuri - non può essere interpretata da sola, ma è necessario studiare tutto il contesto. L'interpretazione che hanno dato i colleghi americani è il risultato della combinazione di molte competenze".
Ma come funziona, in generale, l'indagine archeobotanica, che prevede un lavoro di squadra da parte di botanici e archeologi? Si studia insieme il contesto, campionando la terra in precisi punti dello scavo. La terra viene poi setacciata, o anche immersa nell'acqua se non c'è il rischio che la sostanza carbonizzata si disgreghi, perché il carbone galleggia e si può quindi raccogliere tutta la parte organica, in questo caso vegetale. "Una volta isolati tutti i reperti botanici - precisa Mercuri - si fanno asciugare e poi si osservano sotto un microscopio binoculare. Tramite un pennello vengono isolati prima grossolanamente sulla base della morfologia e poi caratterizzati. Fatto ciò, i barattoli con tutti i tipi di semi distinti devono essere riosservati, vengono fatte le misurazioni necessarie e poi si osservano più precisamente i vari tratti morfologici per arrivare all'identificazione della specie. Nel caso particolare del tabacco, ho visto le fotografie presenti nell'articolo: sono stati trovati quattro semi con uno stato di conservazione carbonizzato e in un caso il seme era anche rotto, frammentato. Questo implica una grandissima difficoltà e una grande competenza da parte del collega archeobotanico, perché tutte le osservazioni sono state fatte con ingrandimenti molto alti e prendendo molte misure, confrontando quei semi con quelli attuali".

Quello che colpisce maggiormente nel caso del tabacco, è l'entità della retrodatazione: uno scarto di 9000 anni non è molto frequente, ma la professoressa Mercuri ritiene che le cose potranno cambiare, perché fino a oggi gli studi archeobotanici sono stati fatti in un numero limitato di luoghi: "I siti - conclude Mercuri - rivelano continuamente che l'uso e anche la coltivazione delle piante selvatiche sono più antichi di quello che si riteneva fino a un decennio fa, ma comunque secondo me questa scoperta è sensazionale proprio perché una retrodatazione così ingente non è comune. In ogni caso mi aspetto che con l'indagine estesa a nuove aree e con gli studi e le ricerche interdisciplinari sarà sempre più frequente scoprire che le piante venivano utilizzate dagli esseri umani molto prima di quanto pensassimo".

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