CULTURA

I nostri fratelli inattesi e l'angoscia del perturbante

Siamo abituati a pensare alla nostra civiltà come alla migliore possibile. Non si tratta propriamente di arroganza. In effetti i progressi medici e tecnologici dell'ultimo secolo sono stati molto veloci, e il marketing e la politica hanno fatto il resto. Ma cosa succederebbe se un giorno scoprissimo che nel nostro mondo esistono delle persone con delle conoscenze molto più avanzate delle nostre e che tra l'altro hanno imparato ad andare d'accordo le une con le altre annullando tutti i conflitti possibili? Da questa domanda prende le mosse il libro I nostri fratelli inattesi scritto da Amin Maalouf e pubblicato in Italia da La nave di Teseo nel 2021.

Dalla trama potrebbe sembrare un semplice romanzo fanta-distopico. Un fumettista canadese con una laurea in giurisprudenza e lo pseudonimo di  Alec Zande, in nome di una vita più tranquilla si è ritirato sull'isola di Antiochia (che, si precisa, non ha nulla a che fare con la città turca), dove vive un solo altro abitante, cioè la scrittrice Ève Saint-Gilles, autrice di un unico libro che l'ha resa famosa in ogni dove prima che lei sprofondasse nel baratro della crisi personale (condita da un certo alcolismo). Dopo che il primo si è presentato dalla seconda per dovere di buon vicinato e lei lo ha trattato in modo piuttosto ruvido, i due hanno passato gli anni successivi a ignorarsi.

Cambia tutto quando l'isola e tutto il resto del mondo vengono colpiti da un blackout: niente elettricità, niente connessione internet, niente telefono, e di colpo anche le più grandi città diventano in qualche modo più simili ad Antiochia. L'incertezza la fa da padrone, ma i sospetti sono i peggiori: da tempo ormai due grandi potenze sono ai ferri corti, e molti pensano che l'apocalisse nucleare sia dietro l'angolo. Così Alec Zander comincia a scrivere un diario di quei giorni, pensando che siano gli ultimi della sua vita, e nel contempo si avvicina a Ève Saint-Gilles, perché nell'incertezza anche le persone più ruvide manifestano un lato umano. In effetti, si scoprirà, pensare all'apocalisse nucleare non era così fuori luogo: ci si era andati molto vicini, ma qualcosa, o per meglio dire qualcuno, aveva bloccato gli aggressori.

La verità viene fuori un po' alla volta (ma nelle prime pagine: non stiamo facendo uno spoiler eccessivo. Se però siete particolarmente intolleranti in materia, fermatevi qui con la lettura), anche grazie al fatto che Alec ha la fortuna di avere un amico, Morris Oates detto “Moro”, che è consigliere del presidente degli Stati Uniti Howard Milton, ed è imprevedibile: per evitare l'estinzione del genere umano, si sono fatti vivi quelli che si fanno chiamare "gli amici di Empedocle", membri di una civiltà che si è sviluppata in un luogo non ben definito in parallelo alla nostra, ma si è costruita un avvenire in assoluta indipendenza, ottenendo risultati che per noi sono un miraggio, per esempio hanno allungato di molto la vita media e, anche se non hanno ancora sconfitto la morte, ci stanno lavorando.

La trama del libro è quasi tutta qui, e non rappresenta il suo punto forte. Anche se Alec va avanti a scrivere il suo diario, i fatti non sono moltissimi. Quello che conta è il rapporto che si sviluppa tra il genere umano e questa nuova civiltà di fratelli inattesi, che senza la miccia della possibile esplosione sarebbero rimasti sconosciuti per chissà quanto altro tempo ancora.

Una bella passata di strofinaccio e la Storia è ricominciata da zero, il nostro pianeta ha ritrovato l’innocenza perduta Amin Maalouf

Il nostro mondo era alla deriva, si stava trasformando in un perenne campo di battaglia, ma di colpo c'è la possibilità di ritornare indietro pur andando avanti (non è un caso se tutti gli amici di Empedocle si fanno chiamare con nomi greci). Abbiamo sacrificato quello che avevamo in nome del profitto, ma siamo di fronte a un'insperata possibilità di riscatto se accettiamo di affidarci agli altri. Il riferimento al più classico paradiso perduto, forse recuperabile, è trasparente, ed è esplicitato anche nel nome del presidente degli Stati Uniti. In effetti quasi tutti i nomi dei personaggi del libro non sono scelti a caso, con l'emissario degli Inattesi alla Casa Bianca che si fa chiamare Demostene e uno degli amici del protagonista, che si rivela uno dei "loro" che prende il nome di Agamennone. Perché sì, ci vuole un po', ma alla fine la dicotomia noi/loro prende forma, anche se gli amici di Empedocle sono approdati allo scoperto con le migliori intenzioni e con le loro competenze scientifiche superiori decidono di curare il presidente da un male che lo aveva condannato a morte, e di mettersi a disposizione di altri cittadini con degli speciali ospedali galleggianti.

Ma le dinamiche che si attivano in un gruppo prescindono dalle intenzioni, e da entrambe le parti c'è chi vuole difendere la propria unicità, anche quando questo significa mettere in pericolo la propria specie: è una paura di fronte al diverso che rimanda un po' a Lovecraft, e che non fa presagire nulla di buono nel prosieguo della storia. Ma ne vale la pena, perché è proprio in questa parte più socio-filosofica che si estrinseca il valore del romanzo, un romanzo che tra l'altro poteva scrivere solo Amin Maalouf, giornalista specializzato in politica internazionale, materia che compare molto spesso nelle sue opere, da diversi punti di vista.

Ne I nostri fratelli inattesi emerge proprio lo sconvolgimento, anche politico, che gli esseri umani provano quando sono di fronte al perturbante, a qualcosa, o per meglio dire qualcuno, all'apparenza quasi identico a loro, ma profondamente diverso nella sostanza. Il senso di inferiorità di fronte a una civiltà così avanzata si trasforma in breve in diffidenza, fino ad arrivare a una vera e propria violenza che, pur essendo osteggiata dalla maggior parte delle forze in gioco, fa più rumore del reciproco interesse. Può il genere umano affrontare serenamente l'incontro con una civiltà che ripudia davvero la guerra, e che da anni vive in armonia concentrandosi per il bene del prossimo? Il libro non dà una risposta, ma nel momento in cui la situazione tra la nostra civiltà e i fratelli inattesi sta per deragliare, viene inviata a risolverla una donna di nome Elettra. E siccome, come dicevamo, nessun nome in questo libro è un caso, forse bisognerebbe chiedersi anche se questi amici di Empedocle siano davvero pacifici come sembrano, e se la convivenza con loro non rischi di trasformarsi invece in un rapporto servo/padrone.

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