SCIENZA E RICERCA

Un nuovo studio rivede al rialzo il numero di morti totali dovuti a Covid-19

Due anni fa, precisamente l’11 marzo del 2020, l’Organizzazione mondiale della sanità qualificava come pandemica la malattia da SARS-CoV-2 che da qualche mese iniziava a spaventare il globo.

Un anno più tardi, dopo un’alternanza (dovuta anche a fattori stagionali che hanno sempre un loro peso davanti a virus che si trasmettono per via respiratoria) tra fasi caratterizzate da picchi di contagi e miglioramenti della situazione epidemiologica, a proccupare erano soprattutto le varianti del nuovo coronavirus: si cominciava a capire che il patogeno non si era indebolito e che le mutazioni, per quanto siano un fenomeno normale come per ogni virus a RNA, potevano rappresentare una minaccia in termini di maggiore trasmissibilità o capacità di provocare un’infezione più grave.

L’arrivo dei vaccini, all’inizio del 2021, è stato poi un punto di svolta importante e per certi aspetti anche insperato, se non altro per la velocità con cui si è arrivati a questo risultato. La loro distribuzione è stata però caratterizzata da un’enorme disuguaglianza e ad oggi solo il 14% delle persone che vivono in Paesi a basso reddito ha ricevuto almeno una dose.

Sono dunque ormai trascorsi due anni dalla dichiarazione di pandemia ma in questi giorni le tragiche notizie sull'invasione dell'Ucraina sono naturalmente al centro di tutti i notiziari e hanno finito per spegnere l'attenzione dei media su Covid-19.

La stessa Oms ha però espresso preoccupazione anche per la possibilità che la guerra possa peggiorare la situazione pandemica, sia all'interno del Paese dove le scorte di ossigeno sono limitate e i sistemi sanitari sono chiaramente in difficoltà, sia all'esterno con lo spostamento di milioni di persone che cercano di mettersi in salvo fuori dai confini dell'Ucraina. 

Ma quanto sono costati, in termini di vite umane, due anni di pandemia? Secondo i numeri ufficiali le persone decedute a causa di SARS-Cov-2 tra l'1 gennaio 2020 e il 31 dicembre 2021 sono state 5,9 milioni in tutto il mondo e se estendiamo l'arco temporale ai primi mesi di quest'anno Our World in Data riporta, al 14 marzo 2022, un totale di 6,04 milioni di persone morte.

Le vittime del nuovo coronavirus potrebbero però essere molte di più. Addirittura il triplo, come sottolinea uno studio, recentemente pubblicato sulla rivista The Lancet, secondo cui il numero reale di vite perse a causa della pandemia arriverebbe a 18,2 milioni con una forte discrepanza tra decessi ufficialmente attribuiti a Covid-19 ed eccesso di mortalità, soprattutto in alcune aree del mondo. 

Proprio l'eccesso di mortalità è stato spesso preso come riferimento per tutti gli studi che hanno cercato di valutare il reale impatto della pandemia ma questo lavoro, condotto da un team di ricercatori dell'Institute for Health Metrics and Evaluation di Seattle, è stato il primo del genere ad apparire in una rivista peer-reviewed e ha condotto a risultati molto simili rispetto a quelli proposti qualche mese fa dalla rivista The Economist di Londra (che avevano però un intervallo di incertezza nettamente più ampio).

 

L'eccesso di mortalità è infatti un parametro chiave perché calcola la differenza tra le morti complessive per qualsiasi causa e il numero atteso di decessi (sulla base di un trend storico osservato negli anni precedenti). Nel caso di SARS-CoV-2 si guarda naturalmente agli anni precedenti al 2020 e si prendono i dati della mortalità come un riferimento con cui confrontare quello che è accaduto in seguito. 

Il team di ricercatori che ha pubblicato lo studio su The Lancet ha valutato questo eccesso di mortalità per 191 Paesi del mondo, inclusa l'Italia, e lo ha fatto analizzando i numeri dei decessi registrati negli 11 anni precedenti allo scoppio della pandemia (dal 2009 al 2019 compresi), raccolti dai siti web governativi, il World Mortality Database, lo Human Mortality Database e l'European Statistical Office. I report con questi dati erano disponibili solo per 74 paesi e territori e gli scienziati hanno colmato questa lacuna utilizzando un modello statistico.

L'eccesso di mortalità nel mondo e le differenze territoriali

Secondo quando emerso dallo studio il tasso globale di mortalità in eccesso per tutte le età, correlato a Covid-19, sarebbe di circa 120 morti ogni 100 mila abitanti, con spiccate differenze a livello territoriale. Il maggior numero di morti in eccesso è stato registrato in Bolivia (quasi 735 decessi ogni 100 mila persone) ma i Paesi dove è stata superata la soglia di 300 morti ogni 100 mila abitanti sono ben 21 in tutto il mondo, per lo più nelle regioni andine dell'America latina, nell'Europa centro-orientale, nell'Africa sub-sahariana e nell'America centrale. Ci sono zone, come l'Asia meridionale e l'Africa sub-sahariana dove il reale bilancio delle vittime per Covid-19 sembra essere stato estremamente più alto (rispettivamente oltre 9 e 14 volte in più rispetto ai dati ufficiali) e, a livello nazionale, l'India è risultato il Paese con il numero più alto di morti in eccesso: 4,1 milioni.

Al contrario, precisano i ricercatori, in alcune zone come Islanda, Australia, Singapore, Nuova Zelanda e Taiwan la mortalità per Covid-19 potrebbe essere inferiore rispetto a quanto stimato. Tra i tassi più bassi del mondo ci sono anche Norvegia, Irlanda e Cipro, con meno di 50 decessi per 100 mila abitanti.

La situazione italiana

Quanto all'Italia, il dato nazionale è di 227 decessi ogni 100.000 abitanti ma sono diverse le Regioni in cui viene superata quota 300: si tratta, in particolare di Liguria (339), Lombardia (315), Molise (334) e Piemonte (329). Nei primi due anni di pandemia le vittime ufficiali di Covid-19 in Italia sono state circa 137 mila ma i dati elaborati da Istat insieme all'Istituto superiore di sanità hanno mostrato, sia per il 2020 che per il 2021, un consistente eccesso di mortalità che sui due anni si traduce in oltre 163 mila persone decedute in più rispetto alla media 2015-2019. E se includiamo anche il mese di gennaio 2022 il totale sale a 178 mila.

Più nel dettaglio, sottolinea il rapporto elaborato da Istat insieme all'Istituto superiore di sanità, nel 2020 la mortalità in Italia è stata la più alta mai registrata dal dopoguerra: 746.146 decessi, oltre 100 mila in più rispetto alla media dei cinque anni precedenti (15,6% di eccesso). Nel 2021 gran parte dell'eccesso di mortalità è stato registrato nei primi quattro mesi dell'anno, quando ampie parti della popolazione erano ancora prive della protezione offerta dai vaccini. A partire dal mese di luglio in Italia l'eccesso di mortalità è invece sceso al di sotto della media Ue.

Secondo lo studio pubblicato su The Lancet dall'1 gennaio 2020 al 31 dicembre 2021 nel nostro Paese i morti per Covid-19 potrebbero essere stati ben 259 mila, quasi 100 mila in più rispetto ai numeri ufficiali (a tal proposito non bisogna dimenticare le persone scomparse a causa del nuovo coronavirus senza che l’infezione sia mai stata accertata, come ampiamente accaduto nei primi mesi della pandemia). 

I motivi di questa differenza

I risultati dello studio indicano dunque chiaramente che, come scrivono gli stessi autori, "il pieno impatto della pandemia è stato molto maggiore rispetto a quanto suggerito dalle statistiche ufficiali". Le ragioni di queste forti discrepanze numeriche sono da ricercare nel fatto che, soprattutto nelle prime fasi della pandemia, i tamponi per la diagnosi da SARS-CoV-2 erano limitati e, più in generale, non tutti i paesi hanno la stessa possibilità di effettuarli. I sistemi nazionali di registrazione dei decessi non sono poi omogenei per qualità e completezza dei dati, in alcuni casi i rapporti sulla mortalità da Covid-19 sono stati presentati in ritardo e gli stessi criteri con cui si stabilisce che un decesso è stato provocato dal nuovo coronavirus presentano delle differenze a seconda dei Paesi. Non mancano inoltre, altri fattori, compresi quelli di natura politica, che "sembrano aver impedito un'accurata segnalazione dei decessi in alcune località".

"Capire il vero bilancio delle vittime della pandemia è vitale per un efficace processo decisionale in materia di salute pubblica", ha dichiarato a Nature il coautore dello studio Haidong Wang, demografo ed esperto di salute della popolazione presso l'Institute for Health Metrics and Evaluation (IHME). 

L'intero eccesso di mortalità va attribuito a Covid-19?

Lo studio sottolinea che le morti in eccesso sono un buon indicatore delle morti per Covid-19 ma precisa anche che tali stime includono anche i decessi per altre cause. E poi abbiamo le restrizioni legate al contenimento della pandemia che se da un lato possono aver ridotto alcune cause di mortalità, come quelle per incidenti stradali o infortuni sul lavoro, dall'altro hanno avuto sicuramente un impatto sulla salute di molte persone che non hanno potuto effettuare visite ed esami o non hanno avuto accesso tempestivo alle cure di cui avevano bisogno. A questo si è aggiunta anche la paura del contagio e la scelta di evitare ambulatori ed ospedali per il timore del virus.

"Saranno necessari ulteriori approfondimenti per comprendere la percentuale di decessi dovuti all'infezione da SARS-CoV-2 e gli effetti indiretti della pandemia, comprese le conseguenze sui sistemi sanitari e sull'economia globale", affermano gli autori. E osservano che "sebbene sia estremamente importante separare i fattori che contribuiscono all'eccesso di mortalità, comprendere l'impatto totale sulla mortalità della pandemia è un primo passo cruciale".

Un modo, questo, per rispondere alle critiche mosse da alcuni ricercatori che hanno contestato, come spiega un articolo di David Adam su Nature, le stime proposte dagli autori. Intanto, riporta sempre Nature, anche l'Oms si appresta a pubblicare una sua analisi sull'eccesso di mortalità a livello globale legata alla pandemia: il lavoro ha subito ritardi ma dovrebbe uscire entro la fine del mese.

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