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Piccolo non è sempre bello: le nuove testate americane W76-2

Il 4 febbraio scorso John Rood, sottosegretario americano alla difesa, ha confermato che la marina statunitense ha messo in campo la testata di bassa potenza W76-2 per missili balistici Trident II (D-5) lanciati da sottomarini (SLBM); tale classe di armi era stata richiesta dal presidente Trump e compariva fra i nuovi programmi previsti dalla 2018 Nuclear Posture Review, il documento che precisa la politica nucleare del ministero della difesa americano. 

Secondo la Federazione degli scienziati atomici (FAS), un primo sommergibile dotato delle nuove testate, l’USS Tennessee (SSBN-734), è già in navigazione, partito dalla base Kings Bay in Georgia alla fine del 2019. Di fatto in alcuni dei missili a bordo si sono sostituite con W76-2 le attuali W76-1, ordigni a due stadi fissione-fusione per una resa di 90 kton. La National Nuclear Security Administration (NNSA) ha affermato che la versione a bassa resa della W76 sarebbe configurata “per la detonazione del solo primario’’ a fissione. Ciò potrebbe significare una resa inferiore a 10 kton (8 kton secondo alcune stime), una potenza comunque sufficiente a distruggere una città (ricordiamo che l’ordigno su Hiroshima era di 12,5 kton). La sostituzione di armi da 90 kton con testate 10 volte meno potenti a prima vista può sembrare una buona notizia, dato che in caso di conflitto nucleare i danni e le vittime prodotti sarebbero inferiori, ma per la contorta logica della strategia nucleare l’operazione in realtà aumenta il pericolo corrente.

Le motivazioni strategiche

Il programma prevede la produzione di 50 W76-2, che si aggiungono alle 1486 W76-1 e alle 384 W88 da 455 kton della forza missilistica dei sommergibili americani. Chiaramente le nuove armi non toccano, se non marginalmente, la struttura delle forze nucleari americane e tuttavia al programma è stata data una grande valenza strategica: infatti in tal modo gli USA dovrebbero poter “impedire che potenziali avversari, come la Russia, credano che l’impiego di armi nucleari di bassa potenza dia loro un vantaggio sugli Stati Uniti e sui suoi alleati e partner. La nuova capacità supplementare rafforza la deterrenza e fornisce agli Stati Uniti un’arma strategica immediata di bassa potenza, in grado di penetrare le difese; sostiene il nostro impegno a favore di una dissuasione estesa; e dimostra ai potenziali avversari che non vi è alcun vantaggio in un impiego nucleare limitato perché gli Stati Uniti possono rispondere in modo credibile e decisivo a qualsiasi tipo di minaccia.” 

La minaccia cui fa riferimento Rood, alla base della motivazione delle nuove armi, è un’interpretazione di una possibile strategia della Russia, la cosiddetta “intensificare-per-ridurre” (escalate-to-descalate, e-t-d) per far fronte alla debolezza delle sue forze convenzionali rispetto agli USA e la NATO. Secondo gli analisti che sostengono questa teoria, e l’amministrazione Trump che l’ha sposata, qualora in un conflitto regionale convenzionale contro gli USA o la NATO la Russia fosse in svantaggio, ricorrerebbe all’impiego limitato di armi nucleari, in modo da porre gli avversari nel “dilemma paralizzante: passare a un confronto nucleare illimitato o porre fine al conflitto a condizioni favorevoli alla Russia." 

Ossia, gli Stati Uniti prima delle W76-2, avendo a disposizione solo armi di alta potenza, come quelle attualmente impiegate su missili lanciati da sottomarini o da basi a terra, sarebbero auto-dissuasi dal rispondere con le armi nucleari per timore di scatenare una guerra totale, e quindi potrebbero essere costretti a ritirarsi dalla lotta di fronte alla minaccia di un uso nucleare limitato. Le nuove W76-2 permettendo appunto di rispondere a tono e di mantenere la guerra nucleare limitata, dovrebbero dissuadere la Russia dal ricorso ad armi nucleari in conflitti convenzionali, realizzando appunto una “dissuasione estesa” in tale specifico contesto.

All’osservazione che già la NATO possiede armi nucleari di bassa potenza, in quanto le 230 bombe a gravità B61 hanno rese variabili fra 0,3 e 170 kton e i 528 missili cruise a bordo delle Stratofortezze B-52H sono dotati di testate W80-1 con potenza selettiva fra 5 e 150 kton, i sostenitori delle nuove W76 obiettano che gli aerei hanno una limitata penetrazione delle difese russe, mentre i missili non sono intercettabili, rendendo credibile la minaccia di ritorsione. 

In realtà, a ben osservare, nessuna di queste due armi risponde allo scopo di mantenere un confronto nucleare limitato, in quanto i russi non possono sapere se un missile D5 lanciato da un sottomarino sia dotato di una “debole” W76-2 o di una potente W76-1, né quale sia la resa prevista di una bomba B61 o della W80 di un missile cruise lanciati da un aereo. In entrambi i casi ci sarebbe il dubbio di trovarsi di fronte a un attacco massiccio, e non limitato, e la politica di attenersi al caso peggiore porterebbe a un ulteriore “intensificare-per-intensificare”, col pericolo di una guerra totale. Lo stesso concetto di dissuasione richiede infatti come condizione essenziale che i “segnali” fra le due parti che si confrontano siano assolutamente chiari e non si prestino a equivoci. 

Il pericolo insito nelle W76-2

Il punto cruciale sta nello stesso concetto di “dissuasione estesa” in una situazione specifica e limitata, a prescindere dal quadro generale. La dissuasione consiste nella prevenzione di azioni avversarie mediante l’esistenza di una chiara e credibile minaccia di contromisure inaccettabili, e/o la creazione della convinzione che il costo dell’azione sia molto più pesante dei benefici percepibili. Nel caso del confronto fra due potenze nucleari, in situazioni ideali di massima razionalità di entrambi i leader, in una sostanziale simmetria nelle capacità, e il pieno controllo di ciascuna delle due forze, la minaccia di una ritorsione nucleare a un analogo attacco può (e forse ha contribuito) a prevenire una guerra totale. Ma la deterrenza ha senso solo a livello globale e non si può suddividere per applicarla in casi particolari isolati dal contesto. 

Se le nuove armi non hanno senso a scopi dissuasivi, un’indicazione della loro reale motivazione è suggerita nell’ultimo documento dottrinale Nuclear Operations del Joint Chiefs of Staff americano, dove si richiede una varietà di armi nucleari di capacità complementari “per garantire agli USA forze ridondanti e sinergetiche per operazioni difensive e offensive”. In particolare si punta a realizzare la massima flessibilità di operazioni per “affrontare il nemico a ogni livello e nel luogo appropriato, con la capacità di intensificare o ridurre (escalating or de-scalating) il livello del conflitto... Un’arma nucleare può venir introdotta in una campagna militare a seguito della percezione che il confronto convenzionale porti a fallimento, di una potenziale perdita del controllo o regime, al fine di intensificare il conflitto per ottenere la pace a condizioni più favorevoli”. 

Quindi, mentre non vi è traccia nei documenti ufficiali sulla strategia nucleare russa di effettive operazioni e-t-d, questo possibile impiego di armi nucleari “di vario livello” di potenza è previsto invece dagli americani. Gli aerei sono chiaramente i vettori nucleari che garantiscono la massima flessibilità, compresa la modifica della missione in volo, ma i missili aggiungono la velocità per azioni immediate, cui la necessità delle W76-2.

Non ci troviamo di fronte a un rafforzamento della dissuasione nucleare, quindi ma di una nuova arma da impiego diretto in operazioni militari, per aumentare la flessibilità e le opportunità di impiego di armi nucleari integrate a operazioni convenzionali, abbassando così la soglia per l’impiego nucleare e aumentando il rischio di una scalata a un confronto globale. La ridotta potenza può erodere il ritegno (il tabù) all’impiego di armi nucleari che, fortunatamente, è ancora diffuso presso tutte le potenze nucleari, nella pericolosa illusione che una guerra nucleare possa essere combattuta e vinta. Va ricordato che nell’ultima Nuclear Posture Reviewsi dichiara esplicitamente che gli USA si riservano il diritto di usare per primi armi nucleari anche in risposta ad attacchi convenzionali e, potenzialmente anche cibernetici. 

Lo sviluppo dell’integrazione di armamenti convenzionali, nucleari e cibernetici e la produzione di armi nucleari ottimizzate per l’impiego in operazioni belliche dirette è particolarmente preoccupante nell’attuale clima di estrema tensione fra le superpotenze, l’aggravamento del confronto India-Pakistan, la perenne crisi in Medio oriente, i problemi aperti per i programmi nucleari iraniani e della Corea del Nord e la dismissione di forme di controllo degli armamenti.

 

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