SOCIETÀ

Planetari delle meraviglie: l'universo in una cupola

"Un planetario è un sistema di proiezione che consente di riprodurre l’aspetto del cielo stellato su uno schermo a forma di cupola. Il termine indica la macchina che riproduce il cielo stellato e il moto degli astri vaganti – Sole, Luna e pianeti – anche se, spesso, indica l’intero edificio che la ospita". Abbiamo intervistato Dario Tiveron, astronomo padovano, presidente di PLANit, associazione planetari italiani: "Nel 2009, anno internazionale dell'astronomia, aperto a Parigi e conclusosi a Padova - racconta -, nel quadro dei finanziamenti per il nuovo planetario della città, sono stato dapprima coinvolto nella progettazione e poi son rimasto, lavorando al planetario padovano per qualche anno". Ora, in occasione del Convegno nazionale di comunicazione della scienza della SISSA, a Trieste, Tiveron sarà moderatore dell'incontro Il valore comunicativo dei planetari (con Paolo Calcidese, Stefania Ferroni, Simona Romaniello), in programma il prossimo 29 novembre.

Quanti sono i planetari in Italia?

"Per motivi storici i planetari italiani sono molti. Per supportare la formazione di una materia che si chiama navigazione astronomica tanti istituti tecnici nautici avevano installato cupole con proiettori che permettessero agli studenti di imparare. Quindi, se consideriamo anche questi, i planetari in Italia sono un centinaio: specifico, un numero non rappresentativo dei planetari oggi aperti al pubblico per la divulgazione, che invece sono meno. Oltre a quelli nelle scuole ve ne sono in diversi comuni, alcuni grandi e importanti. Sono comparsi, inoltre, piccoli planetari itineranti realizzati da associazioni o imprenditori che hanno deciso di provare a fare divulgazione: è semplice, una cupola di tela si gonfia come un pallone ad aria e dentro viene sistemato un proiettore. In PLANit confluiscono tutte queste realtà".

La scena al planetario nel film "La La Land" di Damien Chazelle, con Emma Stone e Ryan Gosling

Nel 2023 si festeggia il centenario del primo planetario moderno.

"Il 21 ottobre scorso sono iniziate le celebrazioni: quel giorno, nel 1923, in Germania, debuttava il planetario sviluppato da un ingegnere della Zeiss e dal direttore del Deutsches Museum di Monaco. Si tratta del primo proiettore di stelle meccanico: la luce di una lampadina, posizionata all'interno di una sfera con dei fori, esce e si proietta sulla cupola. Raccontata così sembra facile, in realtà si presentarono numerosi problemi legati, per esempio, alla dimensione e al colore delle stelle. Fu una vera sfida. La chiamavano 'la meraviglia di Jena', la città dove si trova la fabbrica Zeiss. Tornando alle celebrazioni, il centenario è stato inaugurato da poco e non durerà solo un anno, si concluderà infatti nel 2025, più precisamente il 7 maggio: quel giorno, nel 1925, il planetario iniziò a operare con regolarità al Deutsches Museum".

Guarda il video "A History of Planetariums"

Il planetario ha un valore sociale importantissimo: prima di tutto è complemento alla didattica dell'astronomia ma, in senso più ampio, è un luogo che fa sognare, che crea meraviglia, stupore

Come si è evoluto il planetario nel tempo?

"L'obiettivo del planetario è quello di rendere facilmente comprensibili i movimenti dei corpi celesti. Nel tentativo di fare questo, nel tempo, sono state realizzate molte macchine meccaniche: a Monaco c'è una esposizione che racconta l'evoluzione dei planetari e presenta anche qualche meccanismo precedente. L'idea di creare un cielo finto che sembri vero in una stanza chiusa nasce con il primo planetario moderno: un punto di inizio, perché la tecnologia ha permesso negli anni Novanta di arrivare ai planetari fulldome, tutta cupola. Nei meccanici c'è la sfera che fa luce, quindi posso vedere la Luna, le stelle, i pianeti, posso proiettare qualcosa in un piccolo rettangolo della cupola e basta. Con i planetari fulldome sparisce la macchina centrale e vengono inseriti dei proiettori che operano a tutta cupola: oltre a mostrare le stelle, ora si può decollare dalla Terra cambiando punto di osservazione, andando su Saturno, Marte, Giove, si può uscire dal Sistema Solare, si possono vedere i satelliti. Diventa molto più potente, si impara tutto ciò che l'astronomia moderna ha scoperto".

Qual è oggi il ruolo di questi luoghi, sia dal punto di vista scientifico che sociale? 

"Il planetario ha un valore sociale importantissimo: prima di tutto è complemento alla didattica dell'astronomia ma, in senso più ampio, è un luogo che fa sognare, che crea meraviglia, stupore. Il planetario è un luogo magico che mostra la bellezza dell'universo, così come appare, aiutandoci a capire qual è la nostra dimensione rispetto a esso; inoltre promuove la sostenibilità dell'ambiente in cui viviamo, perché aiuta a cogliere l'importanza della natura e la delicatezza del pianeta. Il suo ruolo è in costante evoluzione: oggi i linguaggi sono molti e diversi - scientifico, musicale e letterario - perché il planetario è uno spazio culturale stimolante ad ampio spettro che accoglie spettacoli di astronomia ma può anche proporre il concerto di un pianista, al buio sotto le stelle, accompagnato da un reading di poesie". 

In termini di aggiornamento, esistono limiti o difficoltà rispetto al ritmo con cui procede la ricerca scientifica?

"Questo è un punto fondamentale. Oggi, grazie al loro software moderno, nel giro di pochi minuti, i planetari possono visualizzare in cupola scoperte appena fatte. I centri di ricerca mondiale - Nasa, Esa, Eso - rilasciano dati con un protocollo condiviso con tutti i planetari: grazie al Data to Dome le informazioni si possono inserire direttamente in cupola. Inoltre i planetari possono creare contenuti in modo autonomo: grazie al software, se viene scoperta una nuova cometa, possono costruirla e aggiungerla ai loro sistemi. Oggi, quindi, nel giro di pochi minuti dall'annuncio di un determinato contenuto, i dati sono già disponibili per la cupola. Aggiungo che ricercatori di qualsiasi ambito scientifico possono portare i propri dati in cupola: un esempio, in Svezia alcuni ricercatori interessati a osservare le scansioni del cervello in cupola tridimensionale l'hanno potuto fare proprio perché l'ambiente software del planetario è aperto, lo consente".

L'intelligenza artificiale può essere integrata nei planetari?

"Negli anni ho avuto la possibilità di girare il mondo e mi sono accorto della grande quantità di meraviglie sconosciute. Così, dodici anni fa, ho creato il sito Fulldome Database, diventato il punto di riferimento internazionale per chi lavora nei planetari, e sono poi stato eletto presidente di PLANit proprio con l'obiettivo di traghettare la comunità italiana verso le tante risorse che esistono a livello mondiale. Il mio è un lavoro di consulenza per i planetari di tutto il mondo. In questo senso, non avevo ancora mai visto utilizzare l'AI all'interno dei planetari, mi sono chiesto come poterlo fare e ho condiviso le mie riflessioni in occasione del convegno dei planetari italiani di quest'anno. Ho trovato due ambiti di applicazioni. Il primo è legato alle immagini, perché fare fotografie e video che si riescano a vedere bene su una superficie a sfera richiede attrezzature molto costose che i planetari italiani non si possono permettere: con l'AI, declinata nell'ambito della generazione di immagini per diffusione, si possono creare immagini fish eye che sulla cupola si possono vedere perfettamente. La seconda applicazione è legata alla prima fase di ricerca per la scrittura di una nuova lezione o un nuovo spettacolo: l'AI può creare una bozza di script (con ChatGPT, ndr), un punto di partenza di qualità da cui poi iniziare a lavorare".

Oggi, grazie al loro software moderno, nel giro di pochi minuti, i planetari possono visualizzare in cupola scoperte appena fatte. I centri di ricerca mondiale - Nasa, Esa, Eso - rilasciano dati con un protocollo condiviso con tutti i planetari

Con risorse economiche illimitate cosa potrebbe diventare il planetario? 

"Un luogo di massima sperimentazione. Se ci fossero risorse illimitate il planetario potrebbe diventare un laboratorio aperto a chiunque, non solo un luogo di divulgazione della scienza ma anche una piattaforma di produzione di contenuti originali, che al momento possiamo solo sognare. All'estero esperienze di questo tipo già esistono". 

Per concludere, quali sono i suoi planetari preferiti in Italia e nel mondo?

"Da circa un mese, a Las Vegas, è stato inaugurato The Sphere, una struttura da quasi ventimila posti, una sorta di stadio sopra il quale c'è una cupola. Quella struttura viene utilizzata per fare spettacolo. Vorrei visitarla solo per curiosità, non perché rilevante come strumento di divulgazione. Gigante e luminosa, la cupola porta all'eccellenza l'immersività propria dei planetari ma purtroppo non fa divulgazione: ha accolto il concerto degli U2 ma, ahimè, non è pensata per un viaggio tra le stelle. Ma per rispondere alla domanda, per quanto riguarda i planetari, mi piacciono quelli giapponesi: in Giappone ce ne sono 400, quasi tutti bellissimi e molto frequentati. In Italia, oltre a quello di Padova, a cui sono profondamente legato, amo il Planetario di Milano: conserva un sapore antico, di una volta, è meccanico, non ancora aggiornato al digitale, è molto grande e da tanti anni è gestito da persone molto competenti. Profuma di romantico".

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