SOCIETÀ

Il prepotente ritorno degli sms, non solo in Russia

Qualcuno se li ricorda gli sms? Per chi era adolescente negli anni Duemila sono stati una vera rivoluzione: bastava un semplice telefonino per entrare in contatto con i compagni di scuola, senza adulti che organizzavano appostamenti per origliare le chiamate importanti. Le feste natalizie erano attese meno per i regali e le vacanze che per la Christmas card, che dava diritto a 100 sms al giorno (poi purtroppo convertiti in 100 sms al giorno soltanto verso il proprio operatore telefonico: molte coppie sono naufragate perché uno dei due partner non voleva passare a Omnitel), l'icona a forma di busta poteva far svoltare la giornata alla maggior parte dei Millennial e i soldi che un tempo se ne andavano in figurine venivano destinati alle costosissime ricariche.

Dopo questa immersione nei ricordi vintage, però, dobbiamo forse ammettere che gli sms hanno fatto il loro tempo, e, di riflesso, che l'adolescenza se n'è andata da un pezzo. Con l'avvento dei computer prima e degli smartphone poi sono nati metodi molto più economici per comunicare, soprattutto per i logorroici che non ce la facevano a contenere le loro parole in un limitato numero di caratteri (alcuni hanno imparato grazie a Twitter, altri si sono convertiti agli ormai proverbiali vocali di dieci minuti di Tommaso Paradiso). Da Messenger a WhatsApp, passando per sistemi di messaggistica più di nicchia come Telegram e Viber, le cose si sono fatte complicate: forse qualcuno di noi concorda con uno dei personaggi di He's just not that into you di Ken Kwapis che rimpiangeva i tempi in cui c'era solo un numero di telefono con relativa segreteria telefonica, e non bisognava inseguirsi a vicenda nei meandri del web.

Per chi invece proprio non si volesse rassegnare, abbiamo una buona notizia: gli sms stanno tornando. O meglio, in realtà non hanno mai smesso di esistere, ma di recente stiamo assistendo al loro ritorno alla ribalta: ce ne siamo accorti con la situazione in Russia, ma facciamo un passo indietro per capire che cos'è successo.
Abbiamo visto che nel tempo le comunicazioni si sono spostate su piattaforme di messaggistica più immediate con un'altra cosa in comune tra loro: sfruttano tutte la connessione a internet, qualcosa che tendiamo a dare per scontata, perché possiamo ottenerla, alle nostre latitudini, per pochi euro. Non avevamo considerato, però (e come avremmo potuto!) che i governi possono toglierci la rete, per non parlare di tutti quei servizi (comprese le applicazioni di messaggistica) che dall'oggi al domani potrebbero decidere di non operare più nel nostro paese perché è in guerra, o per qualsiasi altro motivo.

Per fortuna l'ingegno umano sa essere molto creativo, ed ecco che per esempio la BBC ha ripristinato le trasmissioni radio a onde corte per permettere ai cittadini russi di informarsi anche quando è stata bloccata l'importazione di informazioni via web o tv. E mentre i social rimangono inaccessibili salvo l'uso di rischiosi VPN, per conoscere la situazione ucraina i cittadini russi potrebbero provare con le recensioni di Google Maps (come ci ha raccontato Luca Zorloni) o sperare che vengano hackerate le telecamere del loro luogo di lavoro e che vengano utilizzate dagli hacktivisti per trasmettere messaggi di denuncia della situazione.

Ma c'è anche un altro mezzo di comunicazione che sfugge al controllo del Cremlino: i nostri vecchi sms. Alcuni attivisti polacchi, infatti, hanno creato un servizio gratuito che fornisce testi in lingua russa e una lista di numeri di telefono raccolti da questo gruppo legato ad Anonymous. Non bisogna nemmeno temere di violare il GDPR, che impedisce di inviare messaggi senza il consenso del destinatario, perché la Russia non è nell'Unione Europea. I numeri raccolti sono più di 20 milioni, e verificando i messaggi con Google Translate emerge che danno un quadro fedele di ciò che sta succedendo. Ci sono però un paio di problemi: il primo riguarda il prezzo degli sms, che sono da mandare direttamente dal proprio telefono, ma lo si può considerare un modo come un altro per dare il proprio sostegno, anche economico, al popolo ucraino. Il secondo problema è che molti di questi messaggi invitano alla discussione, e a questo punto c'è da chiedersi, nell'improbabile ipotesi di ricevere una risposta, quanto sarebbe costruttivo un dibattito in un russo stentato sponsorizzato da Google Translate. Certo, c'è la possibilità che il nostro interlocutore conosca l'inglese, ma ovviamente non c'è nessuna garanzia. I 7 milioni di sms inviati nella prima settimana secondo i creatori del sito, comunque, sembrerebbero dimostrare che sono difficoltà facilmente superabili.

Il caso della conflitto, comunque, non è l'unico che vede il ritorno prepotente degli sms: in ambito giornalistico sono molti i casi in cui i messaggi di testo vengono utilizzati per informare, soprattutto quando il target è meno digitalizzato o la connessione a internet è un lusso non per tutti (un esempio è ciò che ha fatto il Dallas Free Press, che voleva raggiungere anche la comunità di colore e ha scelto questo mezzo di comunicazione).
Anche alcuni insegnanti di marketing invitano a richiedere il numero di telefono durante la raccolta dei dati del cliente (per essere in linea con il GDPR è necessario chiedere l'autorizzazione all'invio di sms, esplicitandone la finalità). La maggior parte delle volte è per inserirli nelle liste broadcast di WhatsApp business, perché gli sms sono più costosi di questo sistema e anche delle piattaforme per l'invio delle newsletter (non a caso di solito sono le grandi multinazionali a utilizzarli), ma una volta che si entra in possesso di un numero di telefono è un attimo chiedere l'autorizzazione se gli altri canali dovessero venire chiusi o diventare inservibili.

I nostalgici, quindi, possono stare tranquilli: la fine degli sms è tutt'altro che vicina!

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