SCIENZA E RICERCA
Il prequel di CRISPR/Cas9: tanti inizi per una storia dal gran finale
“Come tutte le grandi storie anche questa può avere diversi inizi”. Così Anna Meldolesi, biologa e comunicatrice della scienza, autrice del blog CRISPeR Mania e del libro E l’uomo creò l’uomo (Bollati Boringhieri, 2017) sull’editing genomico, parla del Nobel a CRISPR, assegnato a Emmanuelle Charpentier e Jennifer Doudna.
Di una scoperta scientifica spesso quello che emerge è l’ultimo tassello come la pubblicazione su una nota rivista, o un premio ad esempio. Del processo che porta a quell’ultimo tassello, dei suoi protagonisti, con le loro storie e le loro controversie, spesso si sa poco, quando invece storia e processo di una scoperta sono fondamentali a contestualizzare quella scoperta e a farne comprendere l’importanza. A volte una scoperta parte da osservazioni che avvengono durante esperimenti che con quella scoperta non hanno niente a che vedere. A volte a una scoperta si dà, inizialmente, poca importanza. Altre volte gli attori di una scoperta sono più di uno, magari distribuiti in tutto il mondo e spalmati in anni e anni di ricerca scientifica.
Il Premio Nobel a Emmanuelle Charpentier e Jennifer Doudna per la tecnica di editing genomico CRISPR/Cas9 è un esempio di processo scientifico a più voci, diffuso in tutto il mondo e che in diversi anni ha portato a quella tecnica premiata a mercoledì 7 ottobre 2020, la tecnica di cui Charpetier e Doudna sono le inventrici, le due scienziate che hanno guardato con occhi nuovi un sistema che era sotto gli occhi di molti, cogliendone la grande potenzialità.
“Se volessimo andare alle origini della storia di CRISPR dovremmo partire da una pubblicazione del 1987 che quasi nessuno considerò”, racconta Anna Meldolesi. A firmare la pubblicazione era il ricercatore dell’Università di Osaka, in Gappone, Yoshizumi Ishino, che aveva clonato accidentalmente parte di una sequenza CRISPR con il gene "iap", il vero obiettivo della sua ricerca. Insieme ai colleghi Ishino notò che l’organizzazione delle sequenze del DNA che stavano studiando era insolita: erano sequenze ripetute interspaziate regolarmente di cui ancora non era nota la funzione.
A questo primo step ne seguirono molti altri, in molti Paesi, che Eric Lander, il matematico e genetista docente al Massachusetts Institute of Technlogy, riassume su una mappa pubblicata su Cell nel 2016 nel lavoro intitolato The Heroes of CRISPR: Spagna, i Paesi Bassi, Francia, Stati Uniti, Canada, Austria, Lituania, Germania, Svezia.
Lander, nella sua ricostruzione, è stato a lungo contestato dal punto di vista storiografico. Leggendo il suo resoconto ricco di spunti interessanti, ci si accorge subito di come l’autore abbia dato importanza al lavoro di “scienziati minori”, che hanno lavorato a CRISPR senza emergere e diventarne i simboli. Una scelta, questa, che appare subito meritevole. Tuttavia, quando si tratta di parlare di Charpentier e Doudna, Lander non attribuisce loro un grande ruolo nella storia delle scoperta di CRISPR. Presenta le due scienziate più come “esecutrici” di esperimenti. Quindi molto probabilmente Lander non scelse di narrare vicende di scienziati un po’ sconosciute per equità, ma più per non far emergere Charpentier e Doudna, come sostenuto dallo storico Nathaniel Comfort.
Lander però mette in luce un aspetto interessante nel suo riepilogo storico su CRISPR: il ruolo e il peso delle pubblicazioni scientifiche. Doudna e Charpentier sono state le prime, nel 2012, a comunicare al mondo intero come il sistema CRISPR basato sulla proteina Cas9 potesse diventare una tecnologia di modificazione genetica di precisione. E lo fecero con la pubblicazione su Science dal titolo A Programmable Dual-RNA–Guided DNA Endonuclease in Adaptive Bacterial Immunity.
Prima di loro altri avevano provato a raccontare l’importanza della tecnica CRISPR, senza però centrare la questione come Doudna e Charpentier, vedendosi rifiutare la pubblicazione del proprio lavoro, magari perché “poco innovativo”, da importanti riviste quali PNAS, Nature, Genome Research, Cell e molte altre. Tutte riviste che poi hanno celebrato la tecnica CRISPR/Cas9. Quello delle pubblicazioni è un meccanismo che di certo influisce sulla “paternità” delle scoperte scientifiche ma Jennifer Doudna e Emmenuelle Charpentier, focalizzandosi sul funzionamento della tecnica, avevano saputo "vedere" proprio la sua importanza applicativa.
In ogni caso quello che va riconosciuto è che prima della pubblicazione del celebre paper su Science, c’è stata una fase di ricerca diffusa su CRISPR, che ha certamente costruito il terreno per le grandi scoperte sulla straordinaria tecnica di editing genomico.
E quel terreno ha diversi inizi, tante storie e tanti protagonisti, di cui molti sono talvolta trascurati.
Innanzi tutto c’è il padre dell’acronimo da Nobel “CRISPR": Francisco Mojica, ricercatore di Alicante, in Spagna. Mojica all’inizio degli anni ’90, mentre lavorava sull’adattamento di due archeobatteri estremofili delle saline, notò sequenze di DNA ripetute e regolarmente interspaziate. Lo stesso avveniva in una ventina di batteri circa, e da questa scoperta Mojica fu il primo a capire che si tratta di una memoria immuninataria, anche se ci vollero diversi anni perché si capisse l'importanza di quella memoria.
C’è poi l’inizio di CRISPR nel “vasetto di yoghurt”, quello dei primi anni del 2000. In quegli anni Rodolphe Barrangou, oggi direttore del CRISPR Journal e del CRISPR Lab alla NC State University, lavorava alla Danisco-DuPont, un’industria che produce colonie batteriche per il settore alimentare. Lì iniziò a studiare le sequenze CRISPR trovate nei fermenti lattici di lavorazioni casearie.
Tra i protagonisti trascurati c’è il biochimico Virginijus Šikšnys, dell’Università di Vilnius, in Lituania, che nel 2018 è stato vincitore insieme a Doudna e Charpentier del Premio Kavli. Šikšnys stava facendo ricerche sul sistema CRISPR e,indipendentemente da Doudna e Charpentier, aveva sviluppato un sistema di editing genomico basato proprio su CRISPR. Il su o lavoro era stato inizialmente rifiutato dalla rivista Cell nell’aprile 2012 per poi essere pubblicato nel settembre dello stesso anno su PNAS.
La “squadra degli eroi di CRISPR”, però, si stringe a un quartetto quando si tratta di identificare chi ha scoperto e fatto emergere la grande innovazione della nuova tecnica di editing genomico. A Doudna e Charpentier sono affiancati altri due scienziati: Feng Zhang e George Church. I due, mentre le ricercatrici si erano concentrate molto sul meccanismo alla base del funzionamento di CRISPR, si sono concentrati di più sull’adattare il sistema alle cellule umane. Zhang studiò alcune modifiche al sistema CRISPR di Doudna e Charpentier, riuscendo a intervenire sul DNA sia umano che murino. Church è un ricercatore diventato famoso anche per aver usato il DNA per scrivere cinquantatremila parole del libro Regenesis: How Synthetic Biology Will Reinvent Nature and Ourselves scritto a quattro mani insieme a Ed Regis, dimostrando che la traduzione di parole in codice binario e poi in sequenze di basi azotate del DNA funziona anche per le immagini. Church è quello messo più in ombra del “quartetto di CRISPR”, probabilmente anche per le sue idee originali e per il clamore che talvolta hanno portato. Feng e Church uscirono in contemporanea con due importanti studi su CRISPR sulla rivista Science a inizio 2013.
Queste sono solo alcune delle storie che costituiscono il “prequel” del Premio Nobel a CRISPR/Cas9, una scoperta con una storia tutt’altro che statica e lineare. Una storia che, come ricorda Anna Meldolesi “è ancora in continua evoluzione” e di cui, quindi, possiamo celebrare le due inventrici e seguirne i progressi.