MONDO SALUTE

Procrastinare fa male alla salute?

La procrastinazione, ovvero “l’arte di rimandare”, è un’abitudine autodistruttiva che si ripercuote negativamente sulla vita e sull’umore di molte persone, soprattutto – in base a quanto riportato nella letteratura scientifica sull’argomento – di quelle più giovani. Se alcuni tendono a procrastinare solo impegni di un certo tipo (quelli relativi, ad esempio, allo studio, al lavoro o alle faccende di casa), per altri è una tendenza generale che li spinge a posticipare ogni onere quotidiano.

Questo comportamento, solitamente associato ad alcuni specifici tratti della personalità, come scarso controllo inibitorio, poco senso del dovere e tendenza a distrarsi, non è salutare per nessuno, ma sembra esserlo ancora meno per gli studenti universitari. Se infatti nei percorsi di istruzione terziaria, a differenza di quelli primari e secondari, gli studenti hanno molta più libertà di scegliere, gestire e programmare le lezioni, gli esami e il loro piano di studi, questa mancanza di regole rischia di ritorcersi contro i procrastinatori seriali, rischiando di danneggiare il loro percorso di studi innescando un circolo vizioso in cui la procrastinazione causa ritardi, i ritardi causano stress e lo stress incentiva a procrastinare ancora.

Si stima che quasi la metà degli studenti universitari raggiunga livelli di procrastinazione abbastanza elevati da compromettere lo studio e la riuscita negli esami. Perciò, se state smanettando con il telefono mentre vi sentite in colpa per aver rimandato l’inizio della vostra odierna sessione di studio almeno dieci volte nelle ultime due ore, sappiate, se non altro, di essere in buona compagnia.

La letteratura scientifica sull’argomento suggerisce l’esistenza di una correlazione tra l’abitudine di procrastinare e un peggioramento delle condizioni di salute fisiche e mentali (e non solo perché chi procrastina solitamente tende a rinviare anche i controlli medici). Tuttavia, non è ancora chiaro in che direzione funzioni questo legame, perché l’assenza di salute fisica o mentale può abbattere il morale, la motivazione e l’energia necessaria a svolgere determinati compiti ma, allo stesso tempo, l’ansia e lo stress che derivano dalla procrastinazione possono incidere negativamente sul benessere complessivo. Insomma, è la mancanza di salute a spingerci a procrastinare o il contrario? Alcune ricerche svolte in ambito clinico suggeriscono che sia la procrastinazione a impattare negativamente sulla salute, perché esistono casi in cui il trattamento terapeutico contro la procrastinazione sembra aver migliorato complessivamente le condizioni di salute mentale dei pazienti. Non è da escludere, però, che la relazione in questione sussista in entrambe le direzioni.

Alcuni ricercatori dell’università di medicina Karolinska Institutet nella città svedese di Solna hanno cercato di dirimere la questione in uno studio pubblicato di recente. Hanno seguito per un anno un gruppo di più di 3500 studenti afferenti a otto diversi atenei di Stoccolma e dintorni sottoponendo loro ogni tre mesi dei questionari da compilare che servivano a monitorare nel tempo la loro tendenza a procrastinare impegni e scadenze di studio. Passati nove mesi dalla prima valutazione, gli studenti hanno dovuto riferire, sempre attraverso un questionario, il loro stato di salute. I ricercatori speravano che seguire i partecipanti in un arco di tempo continuativo permettesse di capire quale delle due condizioni, tra l’abitudine di rimandare e uno stato di cattiva salute, si manifestasse per prima.

Analizzando i risultati dello studio, i ricercatori hanno appurato che i partecipanti che all’inizio del test avevano mostrato una maggiore tendenza alla procrastinazione, dopo nove mesi sperimentavano in media livelli più elevati di stress, depressione, ansia e solitudine, dolori muscolari agli arti, scarsa qualità del sonno, inattività fisica e anche maggiori problemi finanziari. Queste correlazioni sussistevano a prescindere dall’età, dal genere e dallo status socioeconomico della famiglia di provenienza. Non sono state invece riscontrate correlazioni tra l’abitudine di procrastinare e un maggiore consumo di tabacco, cannabis e bevande alcoliche.

La procrastinazione sembra quindi essere un fattore di rischio per quei problemi di salute mentale, dolori invalidanti e stili di vita poco sani descritti poc’anzi. Eppure, come osservano gli autori stessi, questi risultati ancora non bastano per stabilire una relazione di causa-effetto tra la procrastinazione e un cattivo stato di salute sia perché le singole correlazioni tra i livelli di procrastinazione e ogni specifico problema di salute erano piuttosto deboli, sia perché potrebbero esserci altri fattori ancora sconosciuti ad alimentare questa dinamica, che assume piuttosto i contorni di un circolo vizioso.

Nonostante questo, i risultati di questo e altri studi sull’argomento servono a rimarcare l’importanza di considerare e monitorare il legame tra procrastinazione e salute tra gli studenti universitari, incoraggiando, quando necessario, una presa in carico del problema da un punto di vista clinico. Alcune ricerche suggeriscono infatti che sia possibile ridurre questo comportamento efficacemente ricorrendo alla terapia cognitivo comportamentale. Interventi di questo genere, che si basano innanzitutto sull’individuazione dei motivi per cui il paziente tende continuamente a posticipare impegni e responsabilità, possono aiutare a individuare le strategie disfunzionali messe in atto dai procrastinatori e ad apprendere tecniche che servono a migliorare le proprie capacità di concentrazione e di controllo delle emozioni negative. Per quanto non sia facile abbandonare in toto la propensione alla procrastinazione, ogni passo avanti nella giusta direzione può già essere considerato un piccolo traguardo. Come suggeriscono in un articolo pubblicato su The conversation gli stessi autori della ricerca condotta sugli studenti degli atenei svedesi, alcune banali abitudini, come quella di lasciare il telefono in un’altra stanza quando bisogna studiare, possono fare la differenza.

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