UNIVERSITÀ E SCUOLA
Salute mentale all'università: migliaia le richieste di aiuto psicologico
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Come stanno gli studenti e le studentesse delle università italiane? Non sempre bene, a giudicare dalla crescente attenzione negli ultimi anni al tema della salute mentale nel mondo accademico. L’argomento è infatti oggetto di un numero sempre maggiore di ricerche scientifiche, istanze delle associazioni studentesche e anche dell’ultima indagine dell’ADI, l’Associazione dei dottorandi italiani.
Alcune ricerche suggeriscono che gli studenti e le studentesse universitari costituiscano una categoria sociale particolarmente a rischio di sviluppare un problema di salute mentale. Sono diversi i fattori che impattano negativamente sul loro benessere psicologico. Tra questi troviamo, ad esempio, la costante ricerca dell’eccellenza, la competitività, l’incertezza per il futuro, le instabilità finanziarie o abitative, le difficoltà legate a un cambio di vita che per molti determina la prima esperienza fuori casa e l’ingresso nella vita adulta.
Il disagio sul piano psicologico si ripercuote sul rendimento accademico, aumenta il rischio di abbandono degli studi e, soprattutto, può degenerare in un problema di salute mentale più serio, in grado di compromettere a lungo termine la salute e il benessere psicologico. Per questo motivo molti atenei offrono servizi di supporto psicologico gratuito che erogano diversi tipi di interventi a seconda dei casi specifici e delle risorse a disposizione: sedute individuali, di gruppo, sportelli d’ascolto, counseling psicologico e, in alcuni casi, anche interventi psichiatrici. Queste realtà svolgono un lavoro molto importante per la tutela del diritto alla salute mentale. In alcuni casi, inoltre, possono rappresentare il primo accesso a questo genere di servizi da parte di persone con disturbi più gravi, che necessitano di cure specialistiche.
Lo scenario
Manca una panoramica completa dei servizi di supporto psicologico presenti nelle università pubbliche e negli istituti di istruzione superiore italiani che indichi i tipi di prestazioni offerte dai diversi atenei, il numero delle richieste ricevute e le loro motivazioni. Consapevole di non poter condurre un’indagine completamente esaustiva da questo punto di vista, Il Bo Live ha provato ad approfondire la questione sperando di riuscire a ottenere almeno una fotografia parziale di questo fenomeno. Abbiamo contattato tutte le 69 università e gli istituti di istruzione superiore pubblici italiani per raccogliere informazioni sugli interventi di supporto psicologico offerti. Abbiamo chiesto se questi servizi esistano, come sono organizzati, quante richieste ricevono e per quali motivi, se le risorse sono sufficienti per soddisfarle tutte e se sia stato riscontrato un aumento della domanda negli ultimi anni.
Abbiamo ottenuto un riscontro dal 42% degli atenei che abbiamo contattato, raccogliendo quindi 29 risposte dai seguenti atenei: università degli studi di Pavia, università degli studi di Trieste, università degli studi di Cassino e del Lazio meridionale, libera università di Bolzano, università degli studi del Molise, università degli studi di Brescia, università degli studi di Napoli Parthenope, università per stranieri di Perugia, università del Piemonte orientale, università degli studi di Ferrara, università degli studi di Roma Foro Italico, università Ca’ Foscari di Venezia, università degli studi di Bari Aldo Moro, università degli studi di Teramo, università degli studi di Messina, università Politecnica delle Marche, università di Catania, università Sapienza di Roma, università degli studi di Foggia, università degli studi Roma Tre, università degli studi dell’Aquila, università degli studi di Udine, università di Trento, università del Salento, università degli studi di Firenze, università degli studi di Genova, università degli studi di Palermo, università degli studi di Siena, università degli studi di Padova.
“ Il 42% degli atenei italiani ha risposto all'indagine de Il Bo Live
Siamo consapevoli che l’assenza di risposta da parte delle università restanti non debba essere interpretata come indice di scarsa attenzione al tema della salute mentale. Al contrario, potrebbe essere legata all’impossibilità di destinare risorse, già impegnate nei servizi di supporto psicologico, alla raccolta e alla sintesi dei dati richiesti, considerando il carico di lavoro significativo che spesso grava su chi coordina e gestisce queste attività.
Risultati: che cosa abbiamo visto
Tutte le università sopra citate offrono un servizio di supporto psicologico gratuito agli studenti e alle studentesse iscritte. Nella stragrande maggioranza dei casi gli interventi sono organizzati e gestiti dall’università stessa, talvolta con l’aiuto di professionisti esterni appositamente contrattualizzati. Fanno eccezione le università di Trieste, Bolzano e Roma Tre, che hanno un'organizzazione “mista” cioè co-gestita dall’ateneo e da una realtà esterna (rispettivamente l’Ardis – agenzia regionale per il diritto allo studio del Friuli Venezia Giulia, l’Asus – associazione universitaria sudtirolese e l’ospedale privato Fondazione Santa Lucia IRCCS di Roma) e l’università per Stranieri di Perugia, che ha esternalizzato il servizio alla USL attraverso una convenzione.
A seconda dei casi, vengono offerti diversi tipi di interventi di supporto alla salute mentale. Tutte le università in questione erogano sedute individuali solitamente strutturate in cicli di un numero prestabilito di incontri, che spesso è compreso tra i quattro e gli otto, eventualmente ripetibili. Alcuni atenei prevedono anche la possibilità di partecipare a incontri di gruppo o a seminari esperienziali dedicati a specifici temi, come il disagio relazionale e determinate problematiche legate alla vita universitaria (gestione del carico di studio, orientamento, riduzione dell’ansia da prestazione).
Come funzionano i servizi psicologici
Gli incontri individuali vengono svolti nell’ottica del supporto o del counseling psicologico. Non si tratta, cioè, di una vera e propria terapia psicologica, ma di una serie di incontri che dovrebbero servire a individuare quale sia il disagio su cui la persona dovrebbe lavorare. Non è detto, naturalmente, che una manciata di incontri siano sufficienti a risolvere il problema. Come ci ha spiegato Isabella Giulia Franzoi, ricercatrice al dipartimento di Psicologia dell’università di Torino, spesso è necessario porre un limite al numero degli incontri per riuscire a rispondere a tutte le richieste ricevute. “Quattro o cinque colloqui bastano a ottenere una buona analisi della domanda, se si è debitamente formati a farlo”, spiega. “È possibile, cioè, mettere a fuoco con lo studente o la studentessa le motivazioni e le ragioni di quel disagio che ha portato alla richiesta di un incontro”. Per problemi di gestione del carico di studio o di orientamento pochi incontri possono bastare a produrre un impatto positivo sulla salute mentale.
Al contrario, nel caso di problematiche che non possono essere risolte con un lavoro breve, il servizio dell’università, solitamente, indirizza verso i servizi di salute mentale clinici dell’AUSL. Raramente i servizi per la salute mentale prevedono anche l’erogazione di servizi psichiatrici. Ciononostante, spesso queste realtà fanno rete con gli enti sanitari territoriali e fungono perciò da collegamento (in alcuni casi anche attraverso convenzioni ad hoc) con i servizi specialistici presenti sul territorio.
Risultati: i numeri dei servizi
Il numero di richieste pervenute ai servizi di ateneo per il supporto alla salute mentale nell’anno accademico 2023/2024 varia molto a seconda dei singoli casi, con sostanziali differenze tra le università più grandi e quelle più piccole (dalle dieci richieste registrate dall’università di Cassino alle più di mille pervenute alle università di Padova e Ferrara).
La tabella che presentiamo è il risultato dell'omogeneizzazione dei dati raccolti dalle 29 università che hanno risposto alle nostre email. Come indicato nella nota metodologica allegata alla tabella, e come spiegato da Franzoi, il sistema cambia molto da ateneo ad ateneo. Anche per la raccolta dei dati: alcuni servizi ci hanno fornito dati sull’anno solare, e non sull’anno accademico. Questo significa che abbiamo operato delle scelte e delle semplificazioni (indicate in tabella) e i numeri vanno presi con la dovuta cautela. Ma lo scopo non era redigere una classifica, quanto cercare di restituire una fotografia che fosse in grado di darci una stima dell’entità del fenomeno.
Da questo punto di vista, quindi, la media degli studenti e delle studentesse che fa richiesta al servizio è pari all’1,95% delle persone iscritte. Se ipotizziamo che questa sia la media anche per le rimanenti università che non ci hanno fornito i dati, risulterebbe che nell’anno accademico 2023-2024 le richieste per accedere ai servizi di sostegno psicologico sono state quasi 34 mila (33.881), circa una città come Conegliano Veneto o la stessa Cassino, sede di una delle università italiane.
Venendo, invece, ai motivi per cui gli studenti e le studentesse si rivolgono ai servizi di sostegno psicologico, nella stragrande maggioranza dei casi le richieste pervengono a causa di un disagio psicologico diffuso (problemi di ansia, depressione e di gestione delle emozioni negative), problemi relazionali o legati al percorso universitario (difficoltà a trovare un metodo di studio, richiesta di orientamento, stress legato agli impegni accademici quotidiani). In alcuni casi sono stati segnalati anche disturbi alimentari, attacchi di panico, supporto per la gestione di traumi e lutti, disagio nella percezione dell’identità sessuale e di genere e problemi ad affrontare la transizione verso la vita adulta.
Richieste in aumento
Un dato particolarmente interessante che emerge dalla nostra analisi riguarda un generale aumento delle richieste di supporto alla salute mentale negli ultimi anni. Tutti gli atenei (tranne l’università per stranieri di Perugia e l’università di Firenze, che non ha risposto a questa domanda) hanno registrato un picco di aumenti durante la pandemia. Solo in pochi casi (università Roma Tre, università di Brescia e università di Padova) il trend è tornato stabile dopo la fine dell’emergenza sanitaria. Il resto degli atenei ha segnalato invece un aumento costante delle richieste dalla fine della pandemia ad oggi.
Tra le possibili spiegazioni proposte dalle università per provare a individuare i motivi di questo aumento vanno per la maggiore quelle legate al Covid, che sembra aver aperto diversi vasi di Pandora, acuendo per molti studenti e studentesse problemi di solitudine, isolamento, incertezza per il futuro e senso di precarietà. Ma non solo. Molti atenei riconducono l’aumento in questione a un generale cambio di mentalità verso il tema della cura della salute mentale da parte delle nuove generazioni, con una minore tendenza a stigmatizzare questo tipo di problemi e il bisogno di chiedere aiuto. In alcuni casi è stata migliorata l’offerta dei servizi psicologici offerti dalle università e la loro pubblicizzazione tra gli studenti.
“ Rispetto a prima della pandemia, è stato rilevato un incremento nei livelli di depressione, ansia, problemi comportamentali e abuso di sostanze Isabella Giulia Franzoi
Come spiega Franzoi, analizzando la letteratura scientifica internazionale, si trovano diversi studi che riferiscono un aumento delle richieste da parte di studenti e studentesse ai servizi di supporto psicologico universitari a partire dagli anni del Covid. “Rispetto al periodo pre-pandemico, è stato rilevato un incremento nei livelli di depressione, ansia, problemi comportamentali e abuso di sostanze”, spiega la ricercatrice. “Il lockdown, inoltre, sembra aver intensificato sentimenti di paura, ansia, rabbia, irritabilità, negatività e disattenzione”.
L’aumento delle richieste sembra aver messo a dura prova i servizi di supporto psicologico d’ateneo in tutta Italia, con la maggior parte delle università che hanno potenziato o stanno potenziando il servizio. Per molti atenei è stato particolarmente faticoso gestire questa impennata delle domande, costringendo talvolta gli studenti e le studentesse a lunghi tempi di attesa. Alcune università (quelle di Bari, l’Aquila e Catania) non sono riuscite a evadere tutte le richieste ricevute e stanno perciò attivando nuove convenzioni o aumentando le risorse e i tipi di servizi offerti. Altre non hanno specificato se siano riuscite a soddisfare tutte le richieste, ma hanno segnalato soltanto l’impegno profuso attualmente per ampliare l’offerta (Trieste, Trento, Molise, Foggia, Genova e Palermo).
“Penso che la mappatura e soprattutto la condivisione delle informazioni sull’offerta di prestazioni psicologiche per studentesse e studenti a livello nazionale e internazionale sia fondamentale per promuovere, da un lato, lo scambio e il confronto tra esperienze, competenze, formazione e politiche gestionali e organizzative, dall’altro, per consentire un monitoraggio sistematico e continuo della salute mentale degli studenti e degli interventi erogati”, riflette Franzoi. “Ciò permetterebbe alle istituzioni di raffinare la propria capacità di identificare i bisogni di salute mentale dei propri studenti e di valutare e migliorare l'efficacia dei programmi di consulenza esistenti”.
I prossimi passi della nostra indagine
La nostra indagine sulla salute mentale nel mondo universitario non si ferma qui. Per il prossimo passo, però, abbiamo bisogno del tuo aiuto. Abbiamo costruito un questionario anonimo per raccogliere voci, esperienze e prospettive direttamente da chi vive l’ambiente accademico. Ci rivolgiamo in particolare a studenti e studentesse, dottorandi e dottorande, assegnisti e assegniste di ricerca.
Ogni risposta, raccolta in modo completamente anonimo, ci permetterà di comprendere meglio le sfide quotidiane con cui deve confrontarsi chi studia e lavora nelle università italiane e l’utilità delle risorse di supporto disponibili in questi atenei.
Per rispondere al sondaggio e/o aiutarci a diffonderlo, usa questo link.