SCIENZA E RICERCA
Ricerca e salute: l'opaca trasparenza dei nuovi criteri proposti dall'Epa
Il titolo, “Strengthening transparency in regulatory science”, potrebbe lasciar pensare a qualcosa di positivo ma la bozza della proposta con cui l’Epa, l’agenzia per la protezione dell’ambiente del governo federale americano, ha annunciato di voler limitare le ricerche scientifiche che verranno utilizzate quando occorre stabilire norme legate alla salute pubblica, ha suscitato sconcerto e apprensione tra molti scienziati.
Il documento, a cui in questi giorni ha avuto accesso il New york times, integra una precedente proposta sulla trasparenza dei dati utilizzati nelle ricerche, proposta che era stata avanzata nel 2018 e che già allora era stata duramente criticata da gruppi scientifici, ambientali e di pazienti.
Il nodo chiave intorno al quale ruota la proposta dell'Epa riguarda il concetto di accessibilità dei dati raccolti durante le ricerche. Dalla bozza emerge che gli scienziati, per essere certi che l'agenzia decida di valutare le conclusioni di un loro studio, si troverebbero nella condizione di dover divulgare tutti i "raw data" - cioè i dati grezzi, non elaborati - di cui, ad esempio, fanno parte anche informazioni mediche raccolte con accordi di riservatezza. Secondo i vertici dell'Epa questo cambiamento di paradigma consentirebbe una maggiore trasparenza e permetterebbe di validare in modo indipendente i risultati di uno studio. Il tutto, si legge in un tweet dell'agenzia, "mantenendo la protezione delle informazioni personali riservate proprio come fanno regolarmente le altre agenzie sanitarie federali". E, riporta il New York Times, già a settembre Andrew Wheeler, amministratore dell'Epa, aveva dichiarato che "la buona scienza è la scienza che può essere replicata e validata in modo indipendente, la scienza che può resistere al controllo. Questo è il motivo per cui stiamo andando avanti per garantire che le decisioni delle agenzie di supporto scientifico siano trasparenti e disponibili per la valutazione da parte del pubblico e delle parti interessate".
The proposed science transparency rule maintains protecting confidential personal information just as other federal health agencies regularly do. This rule will ensure regulatory science underlying EPA’s actions are available in a manner sufficient for independent validation.
— U.S. EPA (@EPA) 13 novembre 2019
Sono in molti però a temere che la misura potrebbe rendere molto più difficile il contrasto all'inquinamento dell'aria e dell'acqua e, più in generale, le azioni a tutela della salute umana: in passato sono state proprio le informazioni sanitarie riservate, che di solito non sono rese pubbliche, ad avere svolto un ruolo importante nel far definire all'Epa limiti più rigorosi per gli inquinanti atmosferici. Un esempio emblematico è lo studio realizzato nel 1993 dalla Harvard University che ha permesso di collegare in modo definitivo l'aria inquinata alle morti premature. Durante la raccolta di dati per la loro ricerca, nota come Six cities study, gli scienziati hanno firmato accordi di riservatezza per tracciare le storie mediche e occupazionali private di oltre 22.000 persone in sei città e, collegando questi dati con quelli relativi alla qualità dell'aria, hanno studiato il legame tra l'esposizione cronica all'inquinamento atmosferico e la mortalità. Un'analisi che aveva stimolato l'Epa a introdurre nuovi controlli sul particolato carbonioso, ma che era stata criticata dalle industrie dei combustibili fossili e da alcuni politici repubblicani secondo i quali l'Epa stava facendo uso di una "scienza segreta".
Voci molto preoccupate si sono sollevate all'interno dell'Union of concerned scientist, un'organizzazione senza scopo di lucro fondata nel 1969 da scienziati e studenti del Massachussets institute technology con l'obiettivo di contribuire, attraverso una scienza rigorosa e indipendente, alla soluzione dei principali problemi del pianeta. Gretchen Goldman, direttrice di ricerca del Centro per la scienza e la democrazia dell'Ucs, sul suo profilo twitter ha scritto che "la norma che limita la scienza dell'EPA devasterà la capacità della stessa agenzia di proteggere le comunità dalle sostanze chimiche tossiche".
The rule restricting EPA science will devastate the EPA's ability to protect communities from toxic chemicals. It's flying under the radar, but this will be a huge problem especially for environmental justice communities. @anita_desikan has more: https://t.co/UZhkS0AaHR
— Gretchen Goldman, PhD (@GretchenTG) 15 novembre 2019
Un ulteriore elemento di preoccupazione deriva dal fatto che nella nuova bozza della proposta dell'Epa, a differenza di quella avanzata nel 2018, si prevede la possibilità che la regola della trasparenza venga applicata retroattivamente agli studi che in passato sono stati utilizzati per sostenere le regolamentazioni attuate.
Pareri negativi sui cambiamenti ipotizzati dall'agenzia americana per la protezione dell’ambiente sono arrivati anche dalla National association of pediatric nurse practitioners che, riporta sempre il New york times, ha espresso il timore che la norma "alla fine si tradurrà in una protezione ambientale e sanitaria più debole e maggiori rischi per la salute dei bambini".
Di certo è difficile non intravedere come il cambiamento proposto dall'Epa faccia parte di un disegno più ampio portato avanti dall'amministrazione Trump per indebolire le azioni a contrasto dell'inquinamento e del cambiamento climatico. Una linea che è stata confermata anche dal recente avvio della procedura di ritiro formale degli Stati uniti dagli accordi di Parigi sul clima, ma che tenta anche di estendere la sua influenza sul mondo della ricerca. E non sono mancati casi di scienziati governativi puniti per aver espresso posizioni in contrasto con quelle del presidente Trump o ricercatori ai quali è stato impedito di recarsi alle conferenze per presentare il loro lavoro.