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In Salute. Epatite A: l'importanza della prevenzione

L’epatite A è una malattia causata da un picornavirus e che ha un periodo di incubazione che va da 15 a 50 giorni e un decorso generalmente autolimitante e benigno. Le forme asintomatiche, soprattutto nel corso di epidemie e nei bambini, sono frequenti e l’incidenza, sia in Italia che nel mondo, dimostra come sia una malattia per nulla rara.

Tra le epatiti, quella A è la più frequente nel nostro Paese. Esiste un sistema di monitoraggio infatti, chiamato SEIEVA, che analizza l’incidenza della malattia sia in Italia che nel mondo, presentando i dati su serie storica. Analizzandoli vediamo che, dopo un iniziale prevalenza dell’epatite B nel 1985, in tutti gli anni mediamente la tipologia a è sempre stata più presente. Ci sono stati poi due picchi importanti di epatite A nel 1997 e nel 2007, fattore che approfondiremo in seguito grazie alle parole della dottoressa Anna Rita Ciccaglione, direttrice del reparto di Epatiti Virali e Malattie da Oncovirus e Retrovirus del Dipartimento di Malattie Infettive dell’Istituto Superiore di Sanità.

Analizzando i dati degli ultimi due anni inoltre, vediamo come l’incidenza sia stata in calo in tutti i mesi del 2020 rispetto all’anno precedente.

Un calo che ha fatto notificare un’incidenza di 0,2 casi per 100.000 abitanti contro (l’incidenza era stata 0,8 casi per 100.000 abitanti nel 2019). Nello specifico poi, vediamo che nel 2020 sono stati segnalati 97 casi, soprattutto da Regioni del centro-nord quali Lombardia, Toscana, Emilia-Romagna e Piemonte.

Come riportato nel portale dell’Istituto Superiore di Sanità nel 2020 sono calati molto anche i casi pediatrici cioè quelli che coinvolgono bambini e ragazzi dai 0 ai 14 anni. Nel 2020, le fasce di età più rappresentate tra i casi sono quelle adulte: 35-54 anni (28 casi) e ≥55 anni (35 casi). C’è invece un sostanziale equilibrio nella distribuzione per sesso dei casi.

 

A spiegarci nel dettaglio che cos’è l’epatite A è la dottoressa Anna Rita Ciccaglione.

Dottoressa, la prima domanda è la più banale ma è la più importante: che cos'è l'epatite A? 

L’epatite A è un'infiammazione del fegato che è causata da un virus, appunto il virus dell'epatite A, virus che appartiene alla famiglia dei picornavirus. Questa infezione è frequente in alcuni paesi del mondo come l'Africa, il Sud America e paesi dell'Asia sud orientale, inoltre troviamo frequentemente questa infezione anche in alcuni paesi del Mediterraneo, dove persistono alcune carenze igienico sanitarie.

Come si manifesta questa malattia? 

La malattia ha un esordio improvviso, un episodio appunto a distanza di 15-50 giorni dal contagio. Nella maggioranza dei casi nei bambini al di sotto dei 6 anni d'età all'infezione non è associato alcun sintomo. Nei bambini più grandi e negli adulti possono comparire dei sintomi generali come malessere, stanchezza, nausea, vomito, una febbricola, dolori addominali. Dopo alcuni giorni può comparire una colorazione giallastra della pelle, degli occhi e in questa fase dell'infezione anche le urine possono avere un aspetto più scuro della norma. I sintomi persistono per un periodo che va da due a sei settimane, dopo le quali se si rispetta un regime di riposo e un particolare regime alimentare i sintomi regrediscono, ovviamente senza lasciare conseguenze. 

Abbiamo parlato dei sintomi, della durata, ma come si fa ad essere contagiati da questa malattia? 

Il virus è presente nel materiale fecale delle persone con la malattia. È inoltre un virus piuttosto resistente nell'ambiente, resiste nell'aria, nell'acqua dolce, nell'acqua salata, quindi diciamo che si può trasmettere attraverso il consumo di acqua o di alimenti contaminati da materiale fecale. In particolare possono comportare un rischio di infezione i molluschi contaminati con il virus soprattutto se provengono da zone molto popolate in cui non c'era un adeguato controllo degli scarichi fognari. Inoltre il virus può essere trasmesso anche attraverso il consumo di frutta e verdura contaminata durante le fasi di lavaggio o di manipolazione. Sono riportati infatti anche altri casi di trasmissione intrafamiliare mediante le procedure di manipolazione degli alimenti. Infine un altro fattore di rischio è quello legato alla trasmissione anche attraverso rapporti sessuali anali o oroanali. 

Come viene diagnosticata l'epatite A? 

La diagnosi di epatite A si basa su alcune caratteristiche cliniche in una serie di analisi di laboratorio. La comparsa improvvisa di nausea, vomito, malessere, colorazione giallastra della pelle può indurre il clinico a richiedere una serie di analisi di laboratorio. In generale quello che viene ricercato nel  sangue delle persone con infezione sono gli anticorpi contro il virus dell'epatite A. La presenza di anticorpi contro l'epatite anche della classe IgM indica che c'è un'infezione in corso, se invece nel sangue della persona sono presenti anticorpi della classe IgG questa indica un'infezione pregressa, perché possono questi anticorpi rimanere nel soggetti infettati anche numerosi anni dopo. 

Come abbiamo capito si può anche venire contagiati e non rendersene conto, quindi scoprirlo in seguito? 

Diciamo che nella popolazione adulta è spesso associata a sintomatologia. Nei bambini molto piccoli può presentarsi in forma asintomatica. 

Parlando invece di dati epidemiologici: qual è l'incidenza dell'epatite A in Italia? 

L'incidenza dei nuovi casi di epatite A in Italia è diminuita notevolmente negli ultimi 20 anni. Nel 2020 il sistema di sorveglianza epidemiologica nazionale delle epatiti virali SEIEVA ha riportarlo incidenza di epatite A pari a 0,2 casi per 100 mila abitanti. Un'incidenza più bassa rispetto all'anno precedente in cui erano stati riportati 0,8 casi per 100 mila abitanti. Sempre nel 2020 le fasce di età maggiormente interessate da questa malattia sono state le fasce d'età comprese tra 35 e 54 anni e i soggetti con età superiore a 55 anni. Tra i fattori di rischio riportati nel 2020 al primo posto troviamo il consumo di molluschi crudi o poco cotti, al secondo posto troviamo il viaggio in zone endemiche e al terzo posto il contatto con un caso di epatite A. 

Analizzando proprio i dati si nota che nel 1997 e nel 2007 ci sono stati due picchi importanti della malattia: si conoscono le motivazioni? 

L'incidenza di epatite A in Italia negli ultimi diciamo 30 anni ha mostrato una serie di picchi epidemici. In particolare quello cui lei si riferisce, quello del '97, può essere considerata l'epidemia più rilevante osservata in Italia negli ultimi 30 anni e in particolare alle regioni Puglia e Campania ed è associata al consumo di frutti di mare e ha portato diciamo così a una crescita dell'incidenza fino al 19 casi per 100 mila abitanti. Negli ultimi dieci anni ci sono poi stati due focolai epidemici di rilevanza nazionale. Uno nel 2013-2014, dovuto al consumo di frutti di bosco surgelati contaminati e un altro focolaio epidemico, nel 2017, osservato negli uomini che hanno rapporti sessuali con uomini. 

 

Abbiamo capito che cos'è la malattia, come si prende, l'incidenza. Però un altro aspetto importante è capire come si cura questa malattia. 

Non esiste un farmaco specifico per l'epatite A, in generale diciamo che si prescrive un periodo di riposo e un regime alimentare basato su cibi molto leggeri, privi di grassi e tutto ciò diciamo favorisce la guarigione completa. 

Dottoressa, non esiste un farmaco, ma esiste un vaccino? E se sì, è consigliabile farlo e quando? 

Esiste un vaccino efficace per prevenire l'infezione e l'efficacia protettiva dura numerosi anni dopo la vaccinazione. Si consiglia la vaccinazione a tutte quelle persone che per motivi di viaggio o di lavoro devono recarsi nelle zone dove l'infezione è più frequente. Quindi parliamo di Africa, di Sud America e dei paesi dell'Asia sud orientale. Viene consigliato anche alle persone che hanno una condizione di epatite cronica e in generale alle persone che hanno frequenti rapporti sessuali anali e oroanali. 

Come possiamo prevenire, se si può prevenire, l'infezione? Abbiamo già dato alcuni spunti, ma cerchiamo di fare un riassunto. 

L'infezione può essere evitata applicando delle norme igienico-sanitarie adeguate, sia a livello collettivo che a livello individuale. A livello collettivo si intende un controllo delle acque, un'opportuna gestione degli scarichi fognari, il controllo della produzione del lavaggio della manipolazione e della distribuzione degli alimenti. Quali sono invece le norme igieniche individuali? Sono quelle che ben conosciamo: il lavaggio delle mani, il lavaggio acuto degli alimenti e la cottura dei cibi. In particolare diciamo che se si va in quei paesi dove l'infezione è frequente non è consigliabile bere acqua corrente, meglio bere acqua in bottiglia. Non è poi consigliabile il consumo di ghiaccio, di frutta e verdura lavata con acqua corrente e in generale un messaggio importante è quello di cuocere gli alimenti portandoli ad ebollizione. Questo soprattutto con i molluschi di mare che possono essere un veicolo di trasmissione del virus. È inoltre consigliato l'uso del preservativo e di altri dispositivi di protezione nel corso del rapporto sessuale anale ed oroanale.

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