MONDO SALUTE
In Salute. Strapparsi i capelli o i peli in maniera ripetitiva: la tricotillomania
Partiamo da una testimonianza, da una storia iniziata nel 2019 e condivisa ora da Claudia, infermiera e mamma di Matteo (i nomi sono di fantasia). A tredici anni, in piena preadolescenza, Matteo inizia a strapparsi le ciglia, in maniera sempre più ossessiva e violenta, tanto da arrivare, lui stesso, a chiedere aiuto ai genitori. "Non riesco a fermarmi, mamma". Matteo è un ragazzo educato, disciplinato, è bravo a scuola e ha molti amici: non ha mai dato problemi o particolari preoccupazioni in famiglia. Anche per questo Claudia non riesce a spiegarselo: perché suo figlio sente il bisogno di strapparsi le ciglia? La situazione peggiora e trasforma lentamente lo sguardo del ragazzo: gli restano pochissime ciglia e ampi spazi vuoti attorno agli occhi, le palpebre sono sempre gonfie e arrossate. Claudia evita di fissarlo durante il giorno, per non metterlo a disagio, e lo osserva invece di notte, mentre dorme; è una mamma attenta e premurosa, subito si muove per cercare risposte e soluzioni, si rivolge ad alcuni specialisti, dapprima al pediatra, poi a un dermatologo e, ancora, a uno psicologo, dal quale Matteo inizialmente si reca volentieri, speranzoso. Il suo disturbo si chiama tricotillomania. La soluzione, però, non si trova subito, il percorso richiede tempo e va indagato a fondo: Matteo però ha tredici anni e, come tutti i suoi coetanei, non ha così tanta pazienza, vuole solo tornare a vivere senza sentirsi osservato e giudicato. "Sono brutto, mamma, guardami", ripete spesso, abbandonandosi allo sconforto.
Intervista di Francesca Boccaletto. Montaggio di Barbara Paknazar
Poi arriva la pandemia e il mondo si ferma, sedute dallo psicologo comprese. All'inizio del lockdown, insieme alla sorella minore, Matteo si trasferisce dai nonni materni, in un ambiente protetto: Claudia e il marito lavorano infatti in ambito sanitario, sono ad alto rischio contagio e vogliono isolarsi per proteggere il resto della famiglia. A questo punto le cose cambiano, del tutto inaspettatamente: Matteo inizia a migliorare, la bolla del lockdown lo tiene separato per un paio di mesi dalla routine quotidiana, lo stress scolastico si allenta, non deve rispettare neppure gli impegni sportivi e, così, piano piano, il "terremoto di emozioni" della sua preadolescenza si placa. Il disturbo ossessivo-compulsivo regredisce, le ciglia iniziano a ricrescere: a casa con i nonni, la sorella e il cane, Matteo sta bene, è rilassato, cucina, esce in giardino, chiacchiera, si diverte. Si sente sempre meglio. Possiamo parlare di lieto fine, senza ricorrere a farmaci o altri trattamenti? Claudia spiega a Il Bo Live che, ancora oggi, di tanto in tanto, a distanza di tre anni, quel disturbo si ripresenta, ma non è più così aggressivo, e ora Matteo sembra essere in grado di gestirlo: ha ormai compiuto sedici anni e riesce a sfogare tensioni e stress con maggior facilità, non tiene più tutto dentro. La sua è una storia di lenta "guarigione" spontanea, ma per tante altre persone che soffrono di tricotillomania il percorso per tornare a stare bene può essere lungo, tortuoso, complesso. Quello che serve è il supporto psicologico da parte di uno specialista, non bisogna provare imbarazzo o aver paura di chiedere aiuto.
Abbiamo chiesto a Marta Ghisi, psicologa e psicoterapeuta a orientamento cognitivo-comportamentale, docente di Psicologia clinica presso il dipartimento di Psicologia generale all'Università di Padova, e autrice di un libro dedicato all'argomento (scritto con Gioia Bottesi e Silvia Cerea, edito da Erickson), di guidarci nella comprensione della tricotillomania. "Si tratta di un disturbo psicologico che si traduce nell'atto di strappare capelli o peli presenti in varie parti del corpo, in maniera ripetitiva. A causa di questi strappi, si creano sul corpo alcune aree prive di peli o capelli, solitamente questo avviene nell'area del cuoio capelluto, nelle ciglia e sopracciglia e, nel caso dei maschi, si aggiungono anche baffi e barba. I capelli o i peli possono essere rimossi alla radice o spezzati. Solitamente le persone che ne soffrono non riferiscono di provare dolore mentre strappano ma, più frequentemente invece, dicono di sentire prurito o formicolio, sensazioni che inducono poi a mettere in atto il comportamento di strappo proprio in quelle aree. Spesso l'atto di giocare e attorcigliare i capelli precede lo strappo, che viene attuato con le dita o con pinzette. I capelli o i peli possono essere strappati uno alla volta oppure a ciocche e vengono scelti perché hanno determinate caratteristiche - capelli diversi dagli altri, con riflessi o colorazione differente, per esempio grigi, o ancora quelli che sembrano avere una certa ruvidità al tatto -, altre volte vengono strappati con l'obiettivo di ristabilire la simmetria della capigliatura".
Gli strappi possono avvenire sia in momenti stressanti che in stato di rilassamento. "Potrebbe sembrare una contraddizione ma non è così e, a seconda che lo strappo sia volontario o meno, si distinguono due diverse tipologie. La prima è quella in cui lo strappo è consapevole e l'obiettivo è chiaro: in questo caso parliamo di tricotillomania focalizzata, modalità disfunzionale per gestire problemi e stati affettivi stressanti, è una strategia di autoregolazione emozionale che, essendo però disfunzionale, è temporanea e permette solo momentaneamente alla persona di distrarsi o ridurre l'intensità di stati spiacevoli. Nelle persone con uno stile di strappo focalizzato si riscontra un incremento del livello di tensione subito prima dell'atto, o mentre si prova a resistere all'impulso, e una successiva sensazione di sollievo a strappo concluso. Questo strappo intenzionale è effettuato con la mano dominante. La seconda tipologia è detta tricotillomania automatica: in questo caso la persona non avverte l'impulso a rimuovere capelli o peli e nemmeno sensazioni prodromiche, lo strappo avviene in maniera inconsapevole e l'individuo può riferire di trovarsi in una sorta di trance e di rendersi conto di aver strappato solo al termine dell'episodio, quando vede i capelli o i peli rimossi. Questo avviene di solito quando la persona è rilassata o annoiata o, ancora, quando sta svolgendo attività sedentarie come leggere o scrivere, guardare la televisione, guidare. In questo secondo caso viene utilizzata la mano non dominante, perché con quella dominante si stanno svolgendo le attività principali. Una volta che il disturbo si è cronicizzato, la maggior parte dei pazienti presenta un quadro clinico misto, ovvero attua entrambi gli stili di strappo. Poiché gli strappi e le relative conseguenze negative provocano un disagio significativo e una considerevole compromissione delle relazioni sociali, la persona con tricotillomania tenta più volte di diminuire o interrompere gli episodi di strappo, ma non riesce a inibire questo comportamento, che provoca un senso di vergogna e impotenza. Si crea, dunque, un circolo vizioso che porta a ricorrere allo strappo proprio per lenire queste emozioni negative".
"Ad oggi non è stata individuata un'unica causa che possa spiegare lo sviluppo della tricotillomania, il disturbo trae origine da una complessa interazione tra fattori biologici, psicologici e sociali. I dati scientifici ci dicono che avere qualcuno in famiglia con un disturbo dello spettro ossessivo-compulsivo, categoria diagnostica all'interno della quale è inserita la tricotillomania, aumenta il rischio di sviluppare questo disturbo. Così come avere un familiare che manifesti dei tic o skin picking, ovvero l'atto di stuzzicare costantemente un'area del corpo fino a provocare escoriazioni. Avere qualcuno in famiglia con un disturbo psicologico può essere indicativo anche del ruolo svolto da una forma specifica di apprendimento che è definita modellamento: la persona mette in atto certi comportamenti perché li ha visti attuare in famiglia. Nelle persone con una predisposizione a manifestare questo disturbo, la tricotillomania si sviluppa anche tramite altri processi di apprendimento, ovvero il condizionamento classico e operante". E Ghisi continua: "La frequenza aumenta anche perché, gradualmente, lo strappo si associa a numerose situazioni o oggetti: spesso avviene in bagno, dove si trovano specchi e pinzette. Inoltre lo strappo si può associare a sensazioni interne o esterne, come le emozioni negative o il prurito. Stabilita una connessione tra tutti questi fattori e stimoli, si può innescare un episodio di strappo. Più passa il tempo e più questa associazione tra stimoli e strappo diventa potente: la persona può così perdere la consapevolezza del proprio comportamento e farlo diventare una risposta automatica".
Possiamo individuare soggetti a rischio, per età o per genere? "La tricotillomania sembrerebbe colpire di più le donne e gli ormoni potrebbero avere un ruolo. Nella fase adolescenziale, per le ragazze, la comparsa del disturbo spesso coincide con l'inizio del ciclo mestruale. Le donne con tricotillomania strappano più frequentemente in fase premestruale o durante il ciclo". Il divario riscontrato tra i due sessi andrebbe inserito, però, in un quadro di analisi più ampio e approfondito, perché "i maschi si rivolgono di rado a un professionista della salute mentale per affrontare il problema: sono meno inclini a chiedere un aiuto psicologico e, al tempo stesso, possono provare meno imbarazzo a mostrare aree prive di capelli. Per le donne, invece, i capelli si associano spesso alla componente della femminilità. A confermare questa teoria ci sono i dati relativi al periodo infantile e adolescenziale, che ci mostrano come il disturbo sia equamente distribuito tra maschi e femmine. Nella fascia di età inferiore ai sei anni, il dato addirittura si inverte con un rapporto maschi-femmine di tre a due".
La tricotillomania può degenerare? "Il decorso del disturbo è variabile e diverso da persona a persona. In alcuni individui i sintomi sono presenti ininterrottamente, per anni, in altri può scomparire per poi ripresentarsi. Anche le zone dello strappo possono variare nel tempo e tendono ad aumentare con il cronicizzarsi del disturbo. Quando il disturbo dura da anni, l'aspetto estetico può risentirne a causa di aree estese prive di peli o capelli, cosa che provoca vergogna e riduzione dell'autostima nella persona. Possono insorgere veri e propri problemi psicosociali, come un peggioramento della qualità di vita o della produttività lavorativa o, più in generale, difficoltà relazionali: alcuni pazienti, infatti, evitano attività sociali piacevoli - andare al mare o in piscina, stare all'aria aperta in una giornata ventosa, praticare sport o anche avere rapporti sessuali - perché non riuscirebbero a nascondere le aree prive di capelli o peli. La tendenza all'isolamento non fa altro che aumentare il rischio di deflessione del tono dell'umore, irritabilità e insoddisfazione: in questo modo il circolo vizioso dello strappo si va ad autoalimentare".
Dal punto di vista fisico, la tricotillomania può causare "irritazioni o infezioni cutanee, difficoltà nella ricrescita dei capelli, affaticamento muscolare e dolore cronico. Consideriamo, inoltre, che le persone che soffrono di tricotillomania, per l'imbarazzo e il timore di essere scoperte, possono arrivare a evitare di sottoporsi a visite mediche rischiando così di non ricevere diagnosi per altre problematiche o malattie".
"A volte la tricotillomania può evolvere in tricofagia, ovvero l'ingestione dei peli o capelli, che può portare alla formazione di tricobezoari, masse di peli o capelli a livello intestinale che possono causare diverse problematiche fino ad arrivare, nei casi più gravi, all'ostruzione o alla perforazione intestinale".
Quali sono le terapie, i percorsi di cura per affrontare questo disturbo e guarire? "Quando la tricotillomania insorge precocemente viene considerata una sorta di abitudine benigna che può avere un decorso temporale beve e può addirittura risolversi spontaneamente o con un intervento limitato nel tempo. Quando invece compare più tardivamente, intorno ai vent'anni, può essere associata a una maggior gravità e a una minor risposta al trattamento, alla presenza di più aree di strappo, a maggior compromissione delle relazione sociali e, spesso, si presenta insieme ad altre psicopatologie. Quindi, in caso di insorgenza tardiva, è difficile superare il problema da soli: è consigliabile affidarsi a uno psicoterapeuta competente. Gli studi di efficacia in letteratura sono ancora limitati, ma è certo che l'integrazione di tecniche cognitive e comportamentali rappresenti l'approccio più indicato. Un'altra considerazione è relativa all'utilizzo di un intervento psicologico strutturato ma al tempo stesso flessibile e individualizzato: il terapeuta individua le tecniche cognitive-comportamentali più adatte, valuta il momento più opportuno per impiegarle ed effettua eventuali cambiamenti alla luce dell'andamento della psicoterapia. Una parte di queste tecniche ha l'obiettivo di incrementare la consapevolezza del paziente e la sua capacità di riconoscere gli stimoli che favoriscono lo strappo, per interrompere l'automatismo che si è generato: fanno parte di queste tecniche la psicoeducazione e l'automonitoraggio, quest'ultimo effettuato dal o dalla paziente attraverso la compilazione quotidiana di una scheda di rilevazione. Altre tecniche hanno la finalità di andare a sostituire il comportamento di strappo con modalità più funzionali con il fine di modificare l'ambiente, per esempio, eliminando specchi o pinzette o agendo sulla componente sensoriale, riducendo il prurito con l'uso di creme, o ancora andando a modificare certi comportamenti con tecniche di controllo dello stimolo, facendo indossare un guanto che rende più difficile lo strappo, o ancora modificando i pensieri disfunzionali attraverso la ristrutturazione cognitiva, che permette alla persona di imparare a interpretare le situazioni in modo più razionale, riducendo l'intensità delle emozioni e di conseguenza la frequenza degli strappo e la quantità di capelli strappati. Infine, con tecniche di rilassamento o la respirazione diaframmatica".
Quando una persona può essere considerata davvero guarita? "Quando non strappa più alcun pelo o capello ininterrottamente per alcuni mesi, solitamente si considerano i sei mesi. Se l'attività disfunzionale non è stata completamente estinta, è probabile che il disturbo si ripresenti in occasione del primo momento difficile".