Se pensiamo che le campagne nazionali ed internazionali contro le molestie sessuali sulle donne sul posto di lavoro siano riuscite effettivamente ad eliminare questo fenomeno negli ambienti accademici, ci sbagliamo. A dirlo il rapporto realizzato dal National Academies of Sciences, Engineering and Medicine che raccoglie i risultati delle ricerche degli ultimi trent’anni sull’incidenza delle molestie sessuali nelle università americane.
Negli ultimi anni sono state numerose le iniziative che hanno cercato di incentivare la partecipazione delle donne negli ambiti cosiddetti “Stem” (Science, technology, engineering, mathematics), per lungo tempo considerati luoghi “esclusivi” di soli uomini. Questi sforzi stanno avendo il loro successo, con una partecipazione al femminile mai vista prima: sono molte di più le donne che oggi decidono di intraprendere una carriera scientifica o decidono di iscriversi a un corso di laurea in scienze, ingegneria o medicina.
È un peccato che però, una volta entrate nel mondo scientifico, gli ostacoli a cui le donne si trovano di fronte non sono pochi, e le molestie sessuali sono uno di questi.
#ScienceToo è l’hashtag con cui è stato pubblicato il rapporto Sexual harassment of Women, sull’onda di #MeToo lanciato l’anno scorso per protesta contro le molestie sessuali sulle donne nel mondo cinematografico. I dati dicono che il 58% delle donne statunitensi, prendendo in considerazione tutte le facoltà, sperimenta molestie di tipo sessuale e che, la maggior parte di queste, avvengono nelle facoltà di scienze, ingegneria e medicina.
“Le donne non sono abbastanza intelligenti per avere una carriera scientifica di successo”: è la frase che maggiormente si sentono dire le studentesse delle aree scientifiche. Non si tratta solo di vere e proprie violenze fisiche, quindi, ma anche di commenti sessisti e battute a sfondo sessuale, a cui spesso le donne sono sottoposte quotidianamente. Secondo il report, le studentesse e il personale accademico delle aree Stem che sperimentano questo tipo di esperienza nell’ambiente lavorativo, variano tra il 17% e il 50%.
“Se avete a cuore la scienza, l’ingegneria e la medicina, deve starvi a cuore la questione delle molestie sessuali in accademia” ha detto Sheila Widnall, una delle autrici, presentando il report i primi giorni del mese scorso a Washington DC.
Lo scopo di questo lavoro è proprio questo: denunciare una realtà in cui solo le molestie fisiche sono punibili per legge, mentre le molestie legate al genere no. Per molestie legate al genere si intendono tutte quelle molestie verbali o non, atte a discriminare, offendere ed escludere le donne. Spaziano quindi da vere e proprie aggressioni ad advance verbali, che sono la categoria di molestie sessuali più diffuse e purtroppo più tollerate negli ambienti lavorativi.
Ma perché è importante prendere una posizione ben precisa al riguardo? Secondo il report, le molestie sessuali hanno dei gravi effetti sulla salute e sulla carriera delle donne, e di conseguenza sulla loro ricerca. Gli effetti conseguenti alle molestie sessuali si verificano sul benessere psico-fisico della persona che sfociano in depressione, stress e ansia. Inoltre, moltissime sono le donne molestate che decidono di cambiare filone di ricerca o addirittura di abbandonarla completamente, rinunciando così a numerose opportunità di carriera. Di conseguenza è la qualità stessa della ricerca che viene messa in discussione.
In Italia la situazione non sembra essere tanto diversa. Nonostante non ci sia ancora un’indagine nazionale sulla situazione delle molestie sessuali negli atenei italiani, dai dati rilevati dall’Istat tra il 2015 e il 2016 nel report “Le molestie e i ricatti sessuali sul lavoro” è emerso che quasi il 44% delle donne italiane ha subito molestie sessuali e che di queste quasi il 9% abbia sperimentato violenze fisiche o ricatti sessuali sul posto di lavoro. La quota maggiore delle vittime, inoltre, lavorava o cercava lavoro nell’ambito scientifico e tecnico (20%).
Per salvaguardare il contributo delle donne nella scienza deve, quindi, essere una priorità per le università non solo denunciare l’atto di molestia in sé ma anche, e soprattutto, prevenire questo fenomeno a monte, condannando qualsiasi clima sessualmente discriminatorio nei confronti del sesso femminile nelle strutture accademiche. Una tolleranza zero per qualsiasi ambiente in cui vige l’idea in cui le donne non sono fatte per la scienza e che non meritano rispetto. A questo proposito il report incita gli atenei a considerare le molestie, oltre che un fatto legale, anche un fatto culturale, implementando i rapporti annuali sull’incidenza delle molestie registrate e facilitando l’accesso ai servizi di supporto sociale e sanitario.
Sembra quindi un paradosso: i fondi investiti e gli sforzi spesi per il reclutamento delle donne nelle aree scientifiche e tecnologiche diventano inutili poi a causa di questi comportamenti dannosi e della loro tolleranza negli ambienti lavorativi. Le molestie sessuali non possono, e non devono, essere il prezzo da pagare per avere una carriera accademica di successo e l’impegno da parte degli atenei deve focalizzarsi su un cambiamento culturale mirato a rifiutare qualsiasi discriminazione di genere e a valorizzare il talento delle scienziate di oggi e di domani.