SCIENZA E RICERCA

Scienza e questione di genere

Con un comunicato ufficiale diramato ieri, 30 settembre, il CERN di Ginevra – il più grande laboratorio di fisica al mondo, diretto in questo momento dall’italiana Fabiola Gianotti – ha annunciato di aver ritirato le slides proposte da un ricercatore nel corso del workshop su High Energy Theory and Gender (Teoria delle Alte Energie e questione di genere), perché «altamente offensive».

L’incontro aveva avuto luogo due giorni prima – venerdì 28 settembre – e lo scienziato (un italiano, Alessandro Strumia dell’Università di Pisa) aveva chiesto di poter prendere la parola per illustrare i risultati dei suoi studi bibliometrici sulle differenze di genere. Secondo il fisico italiano, queste differenze ci sarebbero, ma a svantaggio dei maschi. Il relatore, in realtà, è andato ben oltre i dati bibliometrici, affermando che le donne sarebbero meno brave degli uomini in fisica per motivi genetici: perché le femmine sono (sarebbero) più interessate alle persone, mentre i maschi sono (sarebbero) più interessati alle cose. Infine il fisico italiano ha affermato che la questione di genere è essenzialmente un’invenzione, anzi una costruzione ideologica di impronta marxista che si sta trasformando in un pericoloso conformismo a scapito dei maschi e della verità.

Il relatore ha affermato che le donne sarebbero meno brave degli uomini in fisica per motivi genetici

Moltissime le proteste per i contenuti e il tono dell’intervento. Il comunicato ufficiale, che non cita il nome del ricercatore, parla di «many members of the community that have expressed their indignation for the unacceptable statements contained in the presentation» (molti membri della comunità che hanno espresso la loro indignazione per le inaccettabili affermazioni contenute nella presentazione). È anche per questo che il CERN ha deciso di rimuovere dalla sua piattaforma informatica il power point del fisico italiano «in linea con il Codice di Condotta che non tollera attacchi personali e insulti».

L’evento non meriterebbe, probabilmente, grande attenzione – il negazionismo è presente in molti settori, anche scientifici e non manca nel dibattito sulla questione di genere – se non fosse che si è verificato nella sede di una grande istituzione scientifica che ha immediatamente applicato un Codice di Condotta a tutela della «diversità e dell’uguaglianza».

Il CERN in questa occasione si è dimostrato all’altezza della sfida posta dalle questioni di genere.

Per singolare coincidenza, quel medesimo venerdì 28 settembre, Science, la rivista dell’American Association for the Advancement of Science (AAAS), una delle più grandi associazioni scientifiche del mondo, rilevava come le due più importanti Agenzie federali che finanziano con fondi pubblici la ricerca negli Stati Uniti d’America, la National Science Foundation (NFS) e i National Institutes of Health (NIH) non sono ancora in grado di affrontare con strumenti adeguati il problema di genere. Per questo stanno cercando soluzioni in un ambito diverso e persino più drammatico di quello affrontato al CERN: non quello delle carriere ma quello delle molestie, sessuali e non, in ambiente scientifico. La domanda a cui cercano di rispondere la NSF e gli NIH è semplice: cosa devono fare le istituzioni scientifiche contro le molestie?

Non mancano, neppure negli Stati Uniti, i negazionisti. Quelli che sostengono che il problema non esiste.

Non mancano, neppure negli Stati Uniti, i negazionisti. Quelli che sostengono che il problema non esiste. Ma la questione delle molestie, in particolare di quelle sessuali perpetrate ai danni delle donne, è presente anche nel mondo della scienza. Ha fatto, per esempio, molto rumore, nei mesi scorsi, l’accusa, per l’appunto di molestie sessuali, rivolta a un grande biologo evoluzionista, Francisco Ayala, della University of California. Che, a seguito di quelle accuse, ha lasciato la sua prestigiosa posizione.

La prima a muoversi è stata la NSF, che il 19 settembre, aderendo a richieste provenienti sia dal mondo accademico che dal Congresso. L’Agenzia federale ha chiesto a tutte le università e a tutte le altre istituzioni scientifiche l’elenco dei nomi dei ricercatori accusati di molestie, sessuali e non, che lavorano nell’ambito di progetti da lei finanziati. In modo che, dal 20 ottobre prossimo, possano scattare nuove regole con cui la NSF può revocare in parte o in toto i finanziamenti di un progetto, qualora vi fossero colpevoli di molestie tra chi ne beneficia.

Le nuove linee guida della NSF cercano un non facile compromesso tra la necessità di punire i colpevoli e quella di non sacrificare un intero progetto di ricerca a causa di un singolo molestatore.

Francis Collins, che dirige i National Institutes of Health (i quali finanziano la ricerca biomedica), ha dichiarato subito dopo che gli piacerebbe poter fare come i colleghi della National Science Foundation (che finanzia le scienze non biomediche), ma sulla sua Agenzia intervengono vincoli legali particolari che glielo impediscono. Ciononostante anche gli NIH si sentono impegnati nella prevenzione e nella repressione delle molestie che coinvolgono ricercatori da loro finanziati.

In ogni caso c’è una barriera culturale da rimuovere in maniera prioritaria. La medesima barriera culturale che spinge alcuni a sostenere che la questione di genere nella scienza non esiste e che se esiste è colpa delle donne incapaci.

Questa barriera culturale sessista ha precise ricadute giuridiche. La misconduct (il cattivo comportamento) degli scienziati è già sanzionato per legge negli Stati Uniti. Sono così proibite condotte indegne come il plagio, la falsificazione dei dati o la loro completa invenzione. Ma tra queste cattive condotte da sanzionare rigorosamente non è prevista la molestia, né quella di tipo sessuale né quelle di altro genere.

Bisogna rimediare, ora dicono un po’ tutti. E non solo perché, come sostiene Lamar Smith, deputato repubblicano del Texas, «nessun dollaro del contribuente deve premiare chi si è reso responsabile di molestie nei confronti di colleghi o studenti», ma anche e soprattutto perché, come sostiene France Córdova, la donna che dirige la NSF, in questo momento «la comunità scientifica non protegge adeguatamente tutti i suoi membri. A questa omissione deve essere posto termine».

Per quanto paradossale possa sembrare, questa nuova sensibilità – e le reazioni negazioniste a questa nuova sensibilità – sono il frutto di quel generale movimento di denuncia e acquisita consapevolezza, me too, nato sull’onda degli scandali nel mondo dello spettacolo e presto estesosi a tutta la società, non solo americana. L’onda me too ha investito anche il mondo della scienza, fin qui omertoso come tutti gli altri sul problema delle molestie. Ora si tratterà di verificare se la trasparenza e la critica sistematica che gli scienziati esercitano in maniera metodica nel loro lavoro di ricerca si estenderanno anche alle loro azioni sul luogo di lavoro.

 

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