SCIENZA E RICERCA

Nuovi tasselli di conoscenza su Luca, il nostro antenato comune universale

Da dove ha avuto origine e come si è sviluppata la vita sulla Terra? Questa domanda è al centro di studi, dibattiti e discussioni di diversa natura. Infatti, le discipline che hanno preso in esame questo tema sono molteplici, e vanno dalla biologia alla genetica, dalla filosofia alla teologia.

Il primo a parlare di evoluzionismo, la principale teoria scientifica che spiega lo sviluppo della vita sulla Terra, è stato Charles Darwin.

Oggi, pur con tutti gli aggiornamenti e le revisioni che questa teoria ha subito nel tempo, l’evoluzionismo darwiniano resta attuale, supportato da diverse evidenze scientifiche: una di queste è la scoperta di Luca – acronimo di last universal common ancestor, ultimo antenato comune universale -, ovvero un organismo da cui derivano tutte le specie viventi, le cui caratteristiche fondamentali sono proprie di ogni forma di vita. Di recente, uno studio dell’università di Bristol pubblicato su Nature Ecology & Evolution, ha fatto luce su alcuni aspetti di questo particolare organismo, soffermandosi sulla sua natura e sul periodo in cui è prosperato.

Ne abbiamo parlato con Ernesto Di Mauro, già professore di biologia molecolare presso l’università Sapienza di Roma. Di Mauro conferma l’elevato interesse di questo studio, che, attraverso l’analisi statistica di una grande quantità di dati, arriva a conclusioni molto rilevanti: la prima riguarda il periodo in cui Luca è vissuto, che risalirebbe a 4,2 miliardi di anni fa.

“Gli studiosi – afferma Di Mauro – avevano già due momenti di riferimento. Infatti, sapevano che la vita non poteva essere presente prima di 4,5 miliardi di anni fa, quando la Terra è entrata in collisione con il pianeta Theia, impatto che ha portato alla nascita della Luna. Questo evento è stato così violento che nessuna forma di vita avrebbe potuto sopravvivere e proseguire con il proprio sviluppo. Il secondo momento risale a 3 miliardi di anni fa: è stato rilevato, attraverso metodi di analisi degli isotopi del manganese, che a quel tempo esistevano già alcune specie batteriche. Dunque, la vita doveva essersi sviluppata in un tempo compreso tra 4,5 e 3 miliardi di anni fa”.

Questo primo assunto si è rivelato fondato, e il periodo in cui Luca è vissuto è stato ulteriormente determinato grazie a tale ricerca: gli studiosi, infatti, sono partiti dalla validazione di 700 genomi, verificando la correttezza dei dati in loro possesso per questi parametri. Sono stati presi in esame 350 geni propri dei batteri e 350 appartenenti agli archea, entrambi organismi procarioti: Luca, infatti, è considerato il punto di partenza per la differenziazione di queste due linee di esseri viventi. Questi 700 genomi rappresentano possibili varianti dell’evoluzione, partita da un punto comune. Attraverso l’analisi statistica e la comparazione genetica, gli studiosi sono riusciti a ricostruire i diversi nodi evolutivi, confrontando le sequenze genetiche e cercando, sempre più a ritroso, l’antenato comune tra gli organismi. Si è così giunti all’origine di questa evoluzione, che risalirebbe appunto a Luca, vissuto 4,2 miliardi di anni fa.

“Questo dato – afferma Di Mauro – è molto importante, perché dimostra che la vita sulla Terra è nata e si è organizzata molto rapidamente. All’epoca di Luca, infatti, il nostro pianeta aveva solo 500 milioni di anni; perciò possiamo dedurre che, appena la Terra si è stabilizzata e ha smesso di essere un luogo infernale, si siano sviluppate forme viventi”.

Inoltre, sono stati individuati nel dettaglio i caratteri che si sono conservati durante tutto il processo evolutivo, e che fanno di Luca l’antenato comune di tutti gli esseri viventi. Sono stati presi cinque geni paraloghi pre-Luca, ovvero geni che si evolvono in funzioni simili attraverso la duplicazione; i geni considerati erano già presenti in Luca e si sono conservati nel tempo, con variazioni minime. Lo studio ha reso possibile il calcolo della velocità con cui è avvenuto questo processo di duplicazione ed evoluzione. Uno degli elementi rimasti invariati è la presenza dell’ATP, cioè la molecola che ci fornisce l’energia per compiere qualsiasi tipo di attività biologica, così come è rimasto immutato, se non per differenze minime in casi eccezionali, il codice genetico.

“La lezione che apprendiamo da questo studio – afferma Di Mauro – è che l’evoluzione della vita ha un carattere molto conservativo. Tutti gli organismi usano 20 amminoacidi, ed il codice per metterli in fila è sempre lo stesso, dunque può essere definito universale. È chiaro che, quando per caso è stata utilizzata quella sequenza di amminoacidi, si è rivelata più efficace e si è mantenuta nel tempo, e le altre varianti sono scomparse”.

Si potrebbe pensare che Luca fosse un organismo semplice, una forma di vita elementare, e che non avesse ancora sviluppato i tratti complessi che caratterizzano la vita così come oggi la conosciamo. Invece, lo studio ha rivelato che questa ancestrale forma vivente era più complessa di quanto ci aspettassimo: “I geni presenti in Luca – afferma Di Mauro – erano moltissimi, circa 2.700, perciò la sua complessità può essere paragonata a quella di un batterio attuale”.

Di Luca è stato descritto nel dettaglio anche il metabolismo, cosa fondamentale per comprendere in quale tipo di ambiente questo essere vivente fosse immerso. Si trattava di un sistema che non utilizzava l’ossigeno – come le forme di vita attuali -, ma solo l’idrogeno, unica fonte di energia sulla Terra a quel tempo. Come specifica il biologo, Luca possedeva un metabolismo anaerobio, che faceva a meno di alcune molecole che, invece, oggi sono fondamentali per la vita.

Inoltre, il nostro antenato comune universale non era l’unico abitante della Terra a quel tempo. Infatti, poiché l’uso di idrogeno come sola fonte di energia probabilmente non era sufficiente, questo organismo non doveva essere del tutto autonomo, ma è probabile che vivesse in colonie, in nicchie ecologiche in cui ci si scambiava risorse tra organismi simili.

“Dunque – dichiara Di Mauro – Luca faceva probabilmente parte di un insieme di organismi basati all’incirca sugli stessi processi, così da poter reperire, anche attraverso lo scambio, tutte le sostanze necessarie alla sopravvivenza. L’autotrofia, cioè la capacità di reperire autonomamente energia, si associava in Luca ad un’eterotrofia localizzata, in quanto poteva all’occorrenza avere bisogno di altri per ottenere fonti energetiche”.

Lo studio ha utilizzato un approccio top-down, partendo dalle forme di vita oggi presenti per giungere alla radice che le accomuna tutte: un organismo che, già 4,2 miliardi di anni fa, possedeva i caratteri fondamentali che contraddistinguono tutti gli esseri viventi e che si sono conservati per un tempo lunghissimo.

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