La pandemia ha stimolato nuovi paradigmi su cui concepire le funzioni urbane e soprattutto ha messo in moto una serie di riflessioni.
Tra queste si coglie il tema destinato al “diritto all’abitare” che ha focalizzato l’attenzione del dibattito, sul “rilancio delle infrastrutture social” e “abitare la prossimità – la città dei 15 minuti”.
In merito al primo tema, si può partire dalla lettura del “Rapporto sull’investimento delle infrastrutture sociali in Italia” (coordinato da Edoardo Reviglio e promosso dalla Fondazione Astrid e dalla Fondazione Collegio Carlo Alberto della Compagnia di San Paolo. Il Rapporto nasce nella cornice del c.d. Rapporto Prodi sostenuto dalla Commissione europea e dall’ELTIA, European Long-Term Investors Association, e consegnato al vice presidente della Commissione europea Jyurki Katainen nel gennaio del 2018; si tratta del risultato di un lavoro di sette gruppi e una quarantina di esperti) e sottolineare la crisi del decennio trascorso che ha riguardato anche gli investimenti nelle infrastrutture attinenti ai servizi sociali in settori cruciali per il futuro benessere dei cittadini europei: salute, istruzione ed edilizia sostenibile. Per l’Italia il Rapporto ha proposto la messa in opera di un Piano straordinario da realizzare in quindici anni a un costo stimato di circa 150-200 miliardi per le infrastrutture sociali. Un piano di tali dimensioni, non potendo essere totalmente finanziato da capitali pubblici, guarda ai capitali privati da attivare con strumenti finanziari innovativi e che contribuiscano, in ottica di blending, al finanziamento delle infrastrutture sociali. Si pongono, quindi, in relazione le risorse finanziarie alimentate dalla programmazione europea 2021-2027 e dalla “Next Generation EU”, fra cui “InvestEU” il “Recovery Plan”. In questo quadro assume rilievo l’avvenuta costituzione del Comitato Nazionale per l’Housing Sociale, che aggrega i soggetti più rappresentativi del settore allo scopo di porre in essere una capacità progettuale comune e condivisa per lo sviluppo di iniziative partenariali pubblico-privato.
Il secondo tema, la “città dei 15 minuti”, si propone come una piattaforma in cui il cittadino può soddisfare le proprie esigenze a pochi minuti a piedi dall’alloggio. Diventa quindi, a tutti gli effetti, un territorio da abitare: una dimora che si estende dalla residenza al quartiere e alle varie attività e servizi che in esso si possono trovare. E, per questo, propone una visione dell'abitare contemporaneo basata su una nuova idea di prossimità e sui valori che può portare con sé. In origine, l’idea della “città a 15 minuti” era motivata da ragioni ecologiche, sociali ed economiche.
Oggi la pandemia insegna che la resilienza sociale e la rigenerazione urbana vanno costruite partendo da una nuova idea di abitare e di prossimità. La “città dei 15 minuti” è costruita collegando vari programmi su scala locale. Quelle relative ad asili nido, scuole e centri di assistenza sociosanitaria, in primis. E poi: il verde, l’offerta di spazi pubblici e la mobilità. Ma anche opportunità di lavoro: sia quelle determinate dalla ridistribuzione territoriale del lavoro in rete, sia quelle prodotte dal rilancio delle attività artigianali e industriali tradizionali ancora presenti in città, e dalla loro integrazione con le esperienze emergenti dell’artigianato digitale. Il tema “15 minuti di città” è inteso come uno spazio abitativo esteso basato su un’idea di prossimità ibrida. Una prossimità in cui la residenza privata si collega in modo fluido e continuo con lo spazio pubblico e con una molteplicità di attività e servizi. Una vicinanza grazie alla quale il quartiere è aperto a tutta la città e al mondo; e in cui la quotidianità può essere coerente con i valori e le pratiche che la crisi ambientale e sociale impone di adottare. Utili le best practicies in cui la governance ha avviato esperienze di innovazione sociale e urbana particolarmente rilevanti.
I temi indicati sopra risultano essere oggetto di approfondimento e valutazione, a scala europea ed italiana, e sono in linea con gli orientamenti che il Governo italiano aveva già indicato nella finanziaria per il 2020 al comma 437 dell’art. 1 della legge del 27/12/2019 n. 160. Essa, dando impulso al “Piano nazionale per la qualità dell’abitare”, concorre alla riduzione del disagio abitativo con particolare riferimento alle periferie; inoltre, il programma è finalizzato a riqualificare e incrementare il patrimonio destinato all’edilizia residenziale sociale, a rigenerare il tessuto socioeconomico, a incrementare l’accessibilità e la sicurezza ai luoghi e la rifunzionalizzazione di spazi e immobili pubblici. Concorre, ancora, a migliorare la coesione sociale e la qualità della vita dei cittadini in un’ottica di sostenibilità e densificazione, senza consumo di suolo.
Il tema, nell’articolato della normativa evidenzia:
- la centralità del tema del social housing inteso non solo come residenza fine a se stessa, ma come residenza connessa al tessuto socioeconomico circostante;
- la crescente consapevolezza dei soggetti preposti alle decisioni di programmare la rigenerazione della città, e in particolare dei quartieri social, a misura d’uomo;
- la tendenza al consumo di suolo pari o tendente allo zero, praticando la demolizione e la ricostruzione di nuovi immobili con tecniche innovative;
- la qualità urbana perseguita attraverso l’utilizzo di fonti rinnovabili.
Il Piano, così come recita la legge, è finanziato, in un arco temporale fino al 2033, con fondi di bilancio. Tuttavia, più recentemente, si va prospettando l’ipotesi che lo stesso possa essere finanziato con i fondi del P.N.R.R. con una delle sei mission di cui si compone. In particolare, la mission n. 5 (“inclusione e coesione”), ha posto la finalità di rafforzare le politiche sociali e di sostegno alla famiglia e tra le specifiche linee di intervento vi è quella della “rigenerazione urbana e housing sociale” che testualmente recita «Si interviene integrando politiche e investimenti nazionali che riguardano sia la disponibilità di case pubbliche e private, sia la rigenerazione urbana e territoriale».
Quest’ultimo aspetto conferisce un pregnante significato al tema in questione, in quanto testimonia una rinnovata consapevolezza, in prospettiva, da parte della politica verso le pressanti esigenze della collettività a cui bisognerà dare risposta.