SOCIETÀ
A 60 anni dal traforo del Monte Bianco: la situazione delle infrastrutture italiane

ROBERTO ARCARI/CONTRASTO
Monte Bianco, Piccolo San Bernardo e Gran San Bernardo. La Valle d’Aosta, con i suoi 3.260 chilometri quadrati, è la regione più piccola d’Italia ma è quella con le vette più alte d’Europa. Dal Grande Sassiere al Rutor, dai più famosi Cervino (4.478 metri) e Monte Bianco, il più alto d’Europa con i suoi fino 4.808,72 metri, fino a Gran Paradiso (4.061 metri), Monte Rosa (4.604 metri) e Grand Combin (4.309 metri). Una barriera alpina da sempre invalicabile che fungeva da protezione ma anche da tappo al passaggio di persone e a possibili progetti commerciali e politici. Fino a quando Annibale, agli inizi della seconda guerra punica (218 a.C.), riuscì a valicare le Alpi con un esercito di alcune decine di migliaia di uomini e 37 elefanti. I numeri ufficiali sono impossibili da verificare, così come gli scritti di Livio non consentono di accertare con esattezza quale fosse il valico percorso da Annibale, anche se negli anni ne sono stati presi in considerazione diversi: il Gran San Bernardo, il Moncenisio, il Monginevro o, come uno studio più recente ipotizza, quello del Colle delle Traversette, nelle Alpi Cozie a 2.950 metri di quota, che collega la piemontese Valle Po con la Valle del Guil in Francia. Di strade che potessero passare attraverso la montagna non ce n’erano e le conoscenze scientifiche ed ingegneristiche dell’epoca certo non lo permettevano.
L'idea di Horace-Bénédict de Saussure
Fu nel 1797 che iniziò a balenarsi l’idea di collegare la Savoia e la Valle d’Aosta con una galleria carreggiabile. Ad averla fu l’alpinista e scienziato Horace-Bénédict de Saussure, cioè colui il quale nel 1787 scalò e misurò con il suo barometro il Monte Bianco. Fu proprio lo scienziato, desideroso di realizzare questa misura, a promettere una ricompensa ai primi che avessero scalato la cima più alta d’Europa. Ci riuscirono, l'8 agosto 1786, Jacques Balmat e il medico francese Michel Gabriel Paccard, mentre solo un anno dopo lo stesso de Saussure ripetè la salita. Dalla vetta le sue parole furono: “Verrà il giorno in cui verrà scavata una strada sotto il Monte Bianco, e queste due valli, la valle di Chamonix e la valle d’Aosta, saranno unite”.

Dall’idea visionaria di de Saussure alla progettazione però, passarono altri 60 anni. Fu a metà degli anni ‘80 dell’ ‘800 che iniziarono, nel vicino Piemonte, i progetti e la realizzazione delle prime grandi gallerie ferroviarie attraverso le Alpi: il Traforo del Frejus. Un primo progetto fu stato abbozzato nel 1841 dall’ingegnere belga Henri Maus, mentre la realizzazione dello scavo fu eseguita tra il 1857 e il 1870. La galleria sotto il Frejus, lunga 12.234 metri, fu inaugurata il 17 settembre 1871, 11 anni dopo l’unità d’Italia e l’anno successivo alla presa di Roma.
Il traforo del Monte Bianco
La realizzazione di questo traforo diede il via anche alla progettazione di altri, che avrebbero permesso alla Valle d’Aosta di collegarsi con i Paesi confinanti. Nel 1858, l’ingegnere Joseph Bonelli aveva presentato il progetto di una linea ferroviaria che collegasse Torino a Ginevra, con un traforo sotto il Monte Bianco, tra Pré-St-Didier e Taconnaz, a sud-ovest di Chamonix. Progetto che però non portò a risultati concreti finché, dopo altri tentativi dello stesso Bonelli e dell’ingegnere francese Ernest Stamm, morto di colera il 2 agosto 1875 proprio mentre si accingeva a illustrare il suo progetto al Congresso Internazionale di Scienze geografiche, arrivò un altro francese: Arnold Monod. L’ingegnere completò il suo progetto di scavo già nel 1908, ma l’instabilità politica che sfociò nella Guerra Mondiale fece slittare il tutto. Monod ripropose la realizzazione di una galleria stradale di 12,620 chilometri sotto il Monte Bianco nuovamente nel 1934. Anche questa volta l’operazione non andò a buon fine e si dovette attendere il 1949 per vedere la costituzione della “Commissione Intergovernativa” italo-francese per il Traforo del Monte Bianco. Nel 1953 venne poi approvata una Convenzione Internazionale la cui ratifica italiana e francese fece nascere la SITMB, cioè la “Società Italiana per Azioni per il Traforo del Monte Bianco”. Dieci anni dopo la costituzione della Commissione iniziarono, sia dal lato italiano che da quello francese, i lavori per lo scavo del tunnel: 5.800 metri di galleria a testa. L’opera, imponente dal punto di vista ingegneristico, venne realizzata anche grazie a un innovativo macchinario. Si chiamava Jumbo, pesava più di 100 tonnellate e trasportava 16 trivelle distribuite su 4 piani. Dalle viscere della montagna furono estratti circa un milione di metri cubi di materiale roccioso e vennero impiegate milleduecento tonnellate di esplosivo. La volta e le pareti della galleria furono rivestite con 200.000 metri cubi di cemento e per consolidare la roccia granitica, soggetta al fenomeno di decompressione, furono utilizzati circa 235.000 bulloni. Con una velocità massima d’avanzamento di 9 metri al giorno, il tunnel venne ultimato il 14 agosto 1962. Alle 11:31 di quel giorno gli operai italiani e francesi abbatterono l’ultima intercapedine di roccia e si ritrovarono faccia a faccia per la prima volta.
L’enorme opera ingegneristica, che ancora oggi collega la Valle d’Aosta alla Francia, fu inaugurata il 16 luglio del 1965, alla presenza del Presidente della Repubblica Italiana Giuseppe Saragat e del Presidente della Repubblica Francese Charles de Gaulle.

L’apertura del Traforo del Monte Bianco fu un momento storico, di grande importanza commerciale ed ingegneristica, che metteva il nostro Paese all’avanguardia in Europa quanto alla capacità realizzativa di grandi opere. Una situazione purtroppo inversa rispetto a quella attuale.
La rete autostradale: le differenze Italia Europa
La rete autostradale italiana si sviluppa per circa 7.000 km, di cui quasi 6.000 soggetti a pedaggio. Rispetto alla superficie del territorio nazionale, tale estensione è simile a quella della Francia, ma è inferiore a quelle di Germania, Spagna e Portogallo.
In rapporto al numero totale di autoveicoli in circolazione poi, l’estensione della rete autostradale italiana è inferiore a quella degli altri quattro paesi che abbiamo considerato. In Italia ci sono circa 1,8 km di autostrade per 10.000 veicoli, contro 2,8 in Germania, 3,6 in Francia e circa 6 in Spagna e Portogallo.
La Spagna poi può essere considerata la nazione che negli ultimi anni ha aumentato di più la quantità di autostrade presenti nel suo territorio. Nel 1995 infatti, aveva una rete che potremmo definire modesta, 6.962 chilometri per più di 500 mila chilometri quadrati di superficie. In meno di 30 anni quindi, è cresciuta più del 127%.
L’Italia invece nel 1995 aveva 6.435 km di rete autostradale, significa che in meno di 30 anni è cresciuta solo del 17,5%.
Le ferrovie
Non va meglio se parliamo delle ferrovie. Attualmente l’Italia ha circa 16.829 chilometri di binari ferroviari, in linea con i 16.468 chilometri della Spagna, ma ben più basso rispetto ai 27.604 della Francia e ai quasi 40 mila della Germania.
Se andiamo ad analizzare poi l’alta velocità, anche in questo caso la Spagna possiede la rete ferroviaria più estesa d’Europa, con ben 3.142 chilometri. La Francia è al secondo posto con 2.681, la Germania al terzo con 1.104 mentre l’Italia ha solamente, per ora, 734 chilometri di ferrovie ad alta velocità.
Ma non è stato sempre così. Fino agli anni ‘70 infatti l’Italia poteva dirsi all’avanguardia per quanto riguarda la sua rete autostradale, anche perché alla fine degli anni Settanta era già stato costruito l’85% della rete, contro il 57% della Germania, il 32% della Francia e il 12% della Spagna. Per essere precisi tra il 1960 e il 1980 erano già stati costruiti 5.800 chilometri di rete autostradale4, una rete che, come abbiamo visto prima, ora ne ha circa 7.000.
La storia delle autostrade italiane però parte molto prima. Siamo nel 1923 ed un ingegnere italiano, Pietro Puricelli, avanzò l’idea di una strada senza incroci, da dedicare alle auto più veloci. Vista oggi sembra una banalità, ma questa semplice idea fu rivoluzionaria. Bisogna considerare infatti, che nel 1923 circolavano complessivamente sulle strade italiane 84.687 autoveicoli, di cui 57mila automobili, 25mila autocarri e 2.685 autobus. Ad oggi, le auto sulle strade italiane sono più di 40 milioni.
Puricelli dedicò 15 mesi alla progettazione e alla costruzione del primo tratto di quella che venne definita l'Autostrada dei Laghi, cioè l’attuale A8. Ogni grande opera poi, ha un indubbio impatto ambientale sul territorio. Per realizzare i 45 chilometri della Milano-Laghi infatti, vennero effettuati più di 3.000 espropri di terreni. L’autostrada costò circa 90 milioni di lire dell'epoca, impiegò più di 4.000 operai e venne inaugurata il 21 settembre 1924 dal Re Vittorio Emanuele III, a bordo della sua Lancia Trikappa. Non c'era ancora quello che ora definiamo il casello autostradale, ma il pagamento del pedaggio avveniva nell'area di servizio e sosta, un pedaggio che variava tra 9 lire per le moto e tra 12 e 60 lire per i veicoli a seconda della potenza e della lunghezza del mezzo. Nel 1926 i veicoli che percorsero la Milano-Laghi furono 421.406, con una media giornaliera di 1.115 unità.
Nel frattempo poi, dopo l’esperienza della prima strada dedicata ai soli veicoli a motore, si cominciarono a progettare i principali rami della futura rete delle autostrade d’Italia. Il 28 giugno 1925 fu inaugurato il tratto di 24 chilometri che collegava Lainate a Como, poi fu realizzato il tratto Gallarate-Sesto Calende, di 11 chilometri. Nel 1927 venne realizzata la Milano-Bergamo, che è parte dell’attuale A4, nel 1928 la Roma-Lido. Furono poi gli anni ‘30 ad essere fondamentali per lo sviluppo autostradale italiano. La Milano-Torino fu inaugurata il 24 settembre 1927, quasi in concomitanza con il quarto anniversario della Marcia si Roma, poi nel 1933 vennero aperte l'autostrada Firenze-Mare, che è l'attuale A11 e l'autostrada Padova-Venezia. Nel 1935 infine, venne aperta l’attuale A7, la Genova-Serravalle-Scrivia. Dopo la battuta d’arresto della Seconda guerra mondiale nel 1956 partì il cantiere dell’Autostrada del Sole. In otto anni si completarono tutti i 755 chilometri che collegano, ancora oggi, Milano e Napoli.
Si iniziava poi a pensare alla realizzazione dei trafori. Il primo, il più imponente e lungo più di 12 km l’abbiamo visto. Il Traforo del Monte Bianco però non è l’unico che collega la Valle d’Aosta con i Paesi confinanti. Nel 1964, dopo soli sei anni di lavoro, venne inaugurato il traforo del Gran San Bernardo, cioè il primo traforo stradale alpino e collega la Valle d’Aosta con la Svizzera.
Più dell’85% delle nostre infrastrutture autostradali quindi, ha quasi 50 anni. Grandi opere che fanno dell’Italia il Paese con la rete autostradale più vetusta d’Europa.