SOCIETÀ

Petrolio: fine della scarsità?

Fino a pochi anni fa si parlava di crisi del petrolio: i produttori di greggio lanciavano l’allarme sull’esaurimento progressivo delle riserve, mentre le potenze industriali tremavano al solo pensiero e il prezzo raggiungeva i 147 dollari al barile. Oggi lo scenario sembra essere radicalmente diverso. Merito delle nuove tecnologie di estrazione, merito dello shale oil, il petrolio estratto grazie al fracking, la fratturazione delle rocce in profondità, tecnica in grado di portare in superficie quote impensabili di olio da raffinare fino a poco tempo fa. Tanto che l’Agenzia internazionale per l’energia (Aie) parla di uno shock, in grado di modificare profondamente le strategie delle compagnie petrolifere e dei Paesi produttori di greggio.

Lo stravolgimento porta la firma degli Stati Uniti che, da qui a cinque anni, secondo il Medium term oil market report dell’Aie, potrebbero superare in produzione l’Arabia Saudita. L’impatto sul mercato nei prossimi cinque anni potrebbe essere pari a quello dell’aumento della domanda cinese negli ultimi 15 anni. Lo scenario che ne consegue è da thriller geopolitico, visto che l’aumento della materia prima potrebbe radicalmente modificare gli assetti economici fino a qui conosciuti. Non è un caso che l’Opec (l’organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio) sia preoccupata da questa immissione di greggio nel mercato da parte di paesi non associati, come appunto gli Stati Uniti. In Europa il fracking è visto con diffidenza per il suo impatto ecologico, in particolare per il pericolo di inquinamento delle falde acquifere.

Gli equilibri. “Il Nord America - spiega il direttore esecutivo della Aie, Maria van der Hoeven - con il suo shock di produzione aiuterà a calmare un mercato che da troppi anni viveva nella tensione”. Nel breve periodo l’immissione nel mercato dello shale oil potrebbe portare a stravolgimenti economici di non poco conto, soprattutto per l’Opec, dato che l’esportazione di greggio in Europa è già diminuita a causa del rallentamento dell’economia. Ma nel lungo periodo la tecnologia alla base del fracking potrebbe espandersi non solo negli Stati Uniti “ma anche in altre regioni - prosegue van der Hoeven - fino a creare, in potenza, una globale rivalutazione delle riserve petrolifere”.

In cinque anni, solo grazie agli Stati Uniti, la disponibilità mondiale di petrolio potrebbe crescere più velocemente rispetto alla domanda, mentre i Paesi dell’area Opec, pur rimanendo fondamentali nello scacchiere mondiale, potrebbero vedere diminuite la loro produzione e la loro quota di esportazione. La crescita della produzione, si legge nel rapporto Aie, potrebbe infatti essere inficiata dalle tensioni nel Nord e nelle regioni sub-sahariane dell’Africa. Le stime parlano di un rallentamento minimo rispetto alle previsioni di appena sei mesi fa con Paesi come l’Arabia Saudita, l’Iraq e gli Emirati arabi uniti a trainare, “Ma - si legge nel rapporto - questo fattore avvantaggerà comunque la quota di produzione americana” legata appunto allo shale oil. Il risultato dovrebbe risultare in un radicale abbassamento del prezzo del petrolio, derivante, appunto, da un aumento del 14% sulla produzione attuale mentre i consumi sembrano stagnanti.

Non è un caso che i membri dell’Opec, lo scorso 31 maggio, abbiano tenuto una riunione in cui il tema principale era proprio lo shale oil. I produttori di greggio per ora hanno deciso di non diminuire la produzione giornaliera di petrolio per mantenere alto il prezzo, ma in seno al Consiglio si sono registrate posizioni diverse. A spingere sulla diminuzione della produzione sono stati gli stati africani dell’Opec, Nigeria in testa, preoccupati per una perdita netta di esportazioni pari al 41% nel 2012. Anche l’Algeria preme per portare il prezzo del petrolio a 120 dollari al barile: in questo modo il Paese riuscirebbe a bilanciare le perdite dovute al calo delle esportazioni. L’aumento della produzione in paesi non membri dell’Opec, però, renderà precario il controllo sul mercato da parte dell’associazione.

Mattia Sopelsa

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