CULTURA

Libri: vendite in calo nel 2024 ma la narrativa regge

Si è tenuta come di consueto l’ultimo venerdì di gennaio alla Fondazione Cini a Venezia la giornata conclusiva della Scuola per Librai Umberto e Elisabetta Mauri, in cui si fa il punto sullo stato di salute dell’editoria italiana e non solo. Nella cornice accogliente e prestigiosa di un ex abbazia benedettina, si riuniscono gli allievi della scuola, insieme agli addetti ai lavori (editori, autori, agenti, giornalisti) per ascoltare un team di esperti ragionare su temi molto cari a tutti.

Il mercato del libro, infatti, si sa, è un mercato difficile. E alle volte sembra di essere chiamati a comprendere e cercare di porre rimedio a un problema insolubile. Cosa fare se la gente legge sempre di meno? Se la vita che conduciamo ci porta in altre direzioni?

Il mercato del libro, non va dimenticato, è infatti sempre e comunque un mercato. Per quanto non ci piaccia pensarla in questi termini, i libri sono a tutti gli effetti dei prodotti (con dei tratti di peculiari di unicità, beninteso, che – in definitiva – rendono l’avventura per alcuni aspetti ancora più complessa e interessante). Come tali, però, sono in concorrenza con altri prodotti nel paniere della spesa degli Italiani. È necessario comprendere lo scenario macroeconomico per capire come performa il libro, soprattutto in un panorama così mutevole come quello contemporaneo che vede cambiamenti di ogni tipo all’ordine del giorno: innovazioni tecnologiche impattanti, flussi migratori, modifiche nella gestione dei rapporti tra gli Stati, negli scambi commerciali e altro ancora.

Ecco quindi che, come da tradizione, dopo i saluti istituzionali dei padroni di casa Stefano Mauri e Alberto Ottieri del gruppo GeMS e Messaggerie, a dare una panoramica delle capacità di spesa degli Italiani è Angelo Tantazzi fondatore di Prometeia

Il dato positivo è che il nostro PIL continua a crescere (+5,8% rispetto al 2019), anche se il vantaggio acquisito rispetto ai partner europei si sta riducendo; la disoccupazione cala del 3,7% e l’occupazione aumenta del 5.7% (i migliori risultati storici) ma molto alta resta anche l’inflazione (del 18,7%). Un impatto determinante l’hanno avuto senz’altro le politiche di sostegno pubbliche in favore delle famiglie, con una riduzione del cuneo fiscale e un andamento dei salari, sì in aumento, ma che vede l’Italia sempre sotto la media degli altri Paesi europei. Il potere d’acquisto è quindi aumentato? No. Il reddito disponibile al netto dell’inflazione non è cresciuto e infatti la propensione al risparmio (che durante il periodo del Covid era decisamente aumentata), dopo una marcata diminuzione, ora è nuovamente in crescita, attestandosi al 12%. Il potere d’acquisto netto nel 2024 è stato del 3% ma il consumo solo dello 0.5%, infatti (un punto percentuale sono 14 miliardi di euro). Se i consumi crescono, lo fanno in modo molto contenuto.

Un buon 23,7% delle spese nel 2024 è confluito sui servizi obbligati (affitti, luce, acqua, gas, carburante), quasi un punto percentuale in meno rispetto all’anno prima, che si è riversato invece sui servizi liberi (ristorazione, alloggi, viaggi, servizi culturali e ricreativi ecc.) tra cui ricade anche il libro. Se però si fanno i confronti con l’epoca precovid, i servizi liberi sono ancora sotto di 1,6%, mentre gli obbligati sono cresciuti di 1,2%, come dello 0,7% sono cresciuti alimentari e bevande. I prezzi, dal canto loro, sono decisamente aumentati negli ultimi cinque anni: quelli dell’energia quasi raddoppiati, quelli dei servizi obbligati cresciuti del 23%.

Cosa accadrà in questo 2025? Si stima che la crescita dei consumi proseguirà, trainata dai servizi che arriveranno a rappresentarne quasi il 53%.

E il libro com’è andato, intanto, nel 2024?

A raccontarlo è il presidente dell’Associazione Italiana Editori, Innocenzo Cipolletta, che si mantiene ottimista nonostante il dato non sia dei migliori: un calo dell’1.5% rispetto al 2023 (dati NielsenQ-GFK). Peggio di noi l’Irlanda (-5%), le vendite in Francia e UK diminuiscono ma non così tanto (-0,3% e -0,6%), Paesi Bassi e Germania galleggiano (+0,8% e +0,9%), Portogallo e Spagna invece fanno benissimo: +8,8% e +9,8% rispettivamente. Il dato incontrovertibile è che nel 2024 sono state comprate 2.5 milioni di copie in meno rispetto al 2023 per un totale di oltre 23 milioni di euro non spesi. La congiuntura difficile arriva al termine di un periodo in cui l’editoria è cresciuta, adattandosi ai cambiamenti della domanda, a partire dal 2015, dopo cioè il periodo di austerity che ha seguito la crisi economica del 2008. Gli altri dati da osservare sono che il numero delle novità pubblicate dagli editori è rimasto sostanzialmente stabile (nel 2024 -0,3%) e che il calo delle vendite è stato soprattutto a inizio anno e in autunno, nonostante l’avvicinarsi del periodo natalizio che di solito giova al mercato del libro.

Le case editrici che maggiormente ne hanno risentito sono state quelle con un fatturato minore (il cui venduto, cioè, si aggira tra 1 e 5 milioni di euro).

A ridimensionarsi sono stati soprattutto gli acquisti online, con un calo di oltre 26 milioni di euro, recuperato solo in parte dalle librerie fisiche, indipendenti o di catena (che sono cresciute di 8.8 milioni), cosa che impatta soprattutto sulle vendite dei libri del catalogo, non delle ultime uscite.

I libri più venduti sono stati romanzi: nei primi dieci, sono sei, ma il più venduto in assoluto è un saggio, Il Dio dei nostri padri di Aldo Cazzullo (HarperCollins) uscito a settembre 2024.

L’unico settore che cresce è la narrativa, soprattutto quella italiana (+3,2%) ma anche la straniera (+0,9%): tutto il resto (libri per bambini e ragazzi, fumetti, saggistica, manualistica) sono in calo. La diminuzione delle vendite di saggistica è da imputare soprattutto al nuovo modo di studiare basato su appunti, slide e articoli online: a diminuire moltissimo è infatti la vendita della saggistica universitaria e specialistica.

Inoltre, si è sentito prepotente l’effetto delle manovre pubbliche: il cancellamento dei fondi alle biblioteche e la sostituzione della 18 app con le carte cultura e del merito sono alla radice della flessione del mercato. Il primo termine, infatti, pesa 30 milioni mente il secondo è stimato in 32,7 milioni. Se si osserva l’istogramma delle vendite annuali epurato del contributo statale si può osservare un andamento in crescita.

Volendo entrare nel merito, per quanto possibile, delle scelte editoriali che possono aver influito nel calo di vendite è interessante rendersi conto che i primi 100 titoli (i bestseller) hanno venduto 800mila copie in meno dell’anno precedente (circa 6.4 milioni di spesa persi), ma scendono anche le vendite del catalogo e ciò è probabilmente dovuto alla diminuzione degli acquisti online e nelle librerie indipendenti, le quali perdono un 6,6% rispetto al 2023. Da una parte quindi le politiche adottate da Amazon stanno modificando strutturalmente il mercato, dall’altra le scelte di politica editoriale si confermano essere determinanti nell’orientare mercato.

La tavola rotonda che è seguita all’intervento del presidente dell’AIE, e ha poi visto passarsi il microfono Jesùs Badenes del Grupo Planeta spagnolo, Véronique Cardi di Editions JC Lattès, dalla Francia, Sonia Draga della polacca Sonia Draga Publishing House e Felicitas von Lovenberg della tedesca Piper Verlag, ha permesso di comprendere meglio quest’ultimo aspetto.

È emerso che la forza del comparto editoriale, a monte, sta nel sempiterno fatto che l’essere umano è fatto per raccontare e sentirsi raccontare storie, quindi, ancora una volta, si afferma come compito dell’editore quello di cercare lettori per queste storie e di mettere gli autori nelle condizioni di scriverle.

Una fetta di popolazione a cui tutta l’Europa guarda sono i giovani della cosiddetta “gen Z”, cioè i nati tra la fine degli anni Novanta e il 2010, che sono i lettori del futuro, oltre che una parte di quelli del presente, e sono strutturalmente diversi dai lettori più vecchi. Sono infatti cresciuti con Internet a disposizione e il cellulare sotto le dita e sono facilmente raggiungibili, più di tutti gli altri, attraverso questi mezzi. Non a caso gli editori investono sempre più nel comparto di social media managing inventando un “nuovo” modo di raccontare il libro. Le ragazze tra i 16 anni e i 25 anni, per esempio, per il 92% sono forti lettrici (comprano anche otto libri a settimana): amano leggere i “romance” e i “romantasy” (che uniscono rosa e fantasy), di solito scritti da giovani donne a loro volta, sono disposte a fare lunghe code per farsi autografare i libri e pubblicano video su TikTok in cui li commentano: insomma costruiscono in questo modo una community e il libro serve loro per comunicare il proprio posto nel mondo. Non è un dato affatto trascurabile.

Gli editori allora operano una sorta di inseguimento del possibile nuovo pubblico: in Francia, dove i giovani leggono molto meno che in Italia e in Spagna, vengono organizzati booktour abbinati a concerti, reading musicali nelle cattedrali, appuntamenti estivi in località balneari con annesse librerie in spiaggia ecc. al fine di avvicinare i potenziali lettori. Peraltro il fenomeno di lettura giovanile riscopre i classici: basta un video su TikTok girato dall’influencer giusto e Jane Austen diviene virale.

La riflessione però deve essere più profonda, perché ciò che vende diviene poi catalogo. “Il canone è entrato nel patrimonio della letteratura vendendo” ha sottolineato von Lovenberg di Piper Verlag. E quindi, che fare? Inseguire il lettore e i suoi gusti o in qualche modo salvaguardare la letteratura in senso stretto difendendola? L'editore deve vendere o fare buoni libri? E il libraio come deve scegliere la sua proposta?

Va cercato un difficile equilibrio tra le esigenze del mercato e il mantenimento di una identità precisa" ha detto ai nostri microfoni Alberto Ottieri. "È il lavoro del libraio. È il lavoro dell’editore: coniugare quello che si vende con quello che si sceglie”.

È il lavoro dell’editore: coniugare quello che si vende con quello che si sceglie Alberto Ottieri

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