SOCIETÀ

Il progressista Orsi è il nuovo presidente dell'Uruguay

L’Uruguay è decisamente un’anomalia nel panorama politico, sudamericano e non soltanto: le campagne elettorali si potrebbero definire soffuse, senza urla, né grida, senza eccessi o denigrazioni dell’avversario, senza che la distanza ideologica diventi scontro aperto. Come se ci fosse un limite non valicabile a garantire il rispetto delle regole di comportamento nella disputa politica. I partiti, che siano di destra o di sinistra, mirano apertamente al benessere superiore della nazione nonostante la differenza nelle proposte; e già durante la campagna elettorale per le elezioni presidenziali si sono reciprocamente dichiarate disponibili a collaborare in caso di sconfitta. Una nazione anomala, l’Uruguay, anche in virtù del risultato che ha visto prevalere il candidato del centrosinistra, in quest’anno elettorale dove ha soffiato fortissimo, ovunque nel mondo, il vento di destra. Centrosinistra che torna così al potere dopo 5 anni a guida conservatrice. Il prossimo presidente sarà Yamandú Orsi, 57 anni, insegnante di storia alle superiori, ex sindaco del dipartimenti di Canelones. Il suo tratto più evidente è la “normalità”: nessuna posa da protagonista, figlio di una sarta e di un contadino, cresciuto negli anni difficili della dittatura (che in Uruguay è durata dal 1973 al 1985), al termine della quale entrò, diciottenne, a far parte del Movimiento de Participación Popular guidato da José “Pepe” Mujica, leggendario e carismatico leader della guerriglia prima (faceva parte dei Tupamaros, movimento di resistenza contadina che depose le armi al ripristino della democrazia) e della sinistra poi, ormai anziano e malato, che è stato presidente dell’Uruguay dal 2010 al 2015. Orsi è il suo delfino, il suo diretto discendente politico. E Mujica, nonostante la malattia, si è speso in prima persona per la candidatura di Orsi, riuscendo a partecipare anche al suo comizio di chiusura, a Montevideo, a soffiare nelle sue vele. Il Frente Amplio del centrosinistra (che presentava in ticket Yamandù Orsi come presidente e Carolina Cosse come sua vice) ha conquistato quasi il 50% dei voti al ballottaggio di domenica scorsa, contro il 45% del suo avversario, Álvaro Delgado, già membro del governo uscente del conservatore Luis Lacalle Pou.

Il programma politico di Orsi è al tempo stesso semplice e ambizioso: vuole promuovere politiche “amichevoli e ambientali”, sostenere l’inclusione sociale offrendo anche misure di sostegno economico ai piccoli produttori, favorire il dialogo anche con gli oppositori politici. Durante la campagna elettorale ha molto insistito su un paio di punti, quasi a tranquillizzare l’elettorato: «Non ci saranno aumenti delle tasse. E la nostra economia deve essere prospera e aperta, con il governo dalla parte di chi produce, investe e integra la scienza». Compreso il settore privato. Scommessa vinta, dal momento che anche il presidente della Confederazione delle Camere di Commercio uruguaiane, Diego O’Neill, si è detto fiducioso di poter avviare un dialogo costruttivo con il presidente eletto. «Un cambio di governo genera sempre aspettativa e se c’è un cambiamento di segno politico è anche maggiore», ha dichiarato O’Neill. Quindi nessuno “strappo” in vista, nessun drammatico cambiamento di rotta soprattutto da un punto di vista economico per il piccolo paese sudamericano, 3,5 milioni di abitanti, incastonato tra l’Argentina e l’estremo sud del Brasile, che può vantare il più basso tasso di povertà dell’America Latina, un’inflazione contenuta (al 6%) e un alto reddito pro capite (in media 33mila dollari, che salgono a quasi 94mila dollari considerando la media dei nuclei familiari), con una crescita complessiva per il 2024 del 3,4%, trainata dalle ottime performance nei settori dell’energia e dell’agricoltura/pesca (soltanto il Paraguay, in tutta l’America del Sud, fa meglio con il 3,8%).

Inclusione economica e protezione per i più fragili

Tra i punti principali indicati nel programma del Frente Amplio ci sono anche misure di inclusione economica e di protezione sociale: come l’aumento del potere d’acquisto dei lavoratori, soprattutto per quelli con redditi inferiori a 25mila dollari; il sostegno economico di 2.500 dollari per le famiglie con bambini nella scuola dell’infanzia e primaria; il raddoppio della copertura degli asili nido e delle scuole a tempo pieno, oltre all’apertura di residenze studentesche nelle regioni dell’entroterra, per facilitare l’accesso all'università, e con il proposito di quintuplicare le borse di studio per gli studenti delle scuole superiori pubbliche. Quanto alla lotta alla criminalità e al traffico di droga, probabilmente la più urgente sfida che l’Uruguay si trova ad affrontare, il governo del presidente Orsi punta a creare una task force per le indagini penali, un centro unificato di coordinamento per la sicurezza delle frontiere, e anche un miglioramento delle condizioni di lavoro degli agenti di polizia, compresi l’alloggio e il supporto sanitario. «Sarò il presidente che costruirà una società più integrata, un paese più integrato dove, nonostante le differenze, nessuno potrà mai essere lasciato indietro», ha dichiarato Orsi nel suo primo discorso da presidente eletto. «Vogliamo essere un esempio di “accumulazione positiva”, dove mattone dopo mattone stiamo costruendo una nazione in cui abbiamo differenze, certo, ma dove non ci dovrebbe mai essere spazio per il risentimento o la squalifica. Saremo ancora il Paese della libertà, dell’uguaglianza e anche della fraternità, che non è altro che solidarietà e rispetto per gli altri. Continuiamo su questa strada». Il mandato quinquennale di Yamandù Orsi comincerà formalmente l’1 marzo del 2025.

Secondo il politologo Adolfo Garcé, professore all’Università della Repubblica di Montevideo, interpellato dalla Bbc, le caratteristiche distintive di Orsi includono «la negoziazione, l’adattamento alle circostanze, la poca spina dorsale ideologica e la flessibilità di un invertebrato», a rimarcare il pragmatismo politico del futuro presidente, le sue capacità di negoziatore, che promette di essere l’interprete di una “sinistra moderna”. «Sembra Mujica senza il carisma di Mujica, senza la sua magia o il dono della parlantina, e senza la saggezza dei suoi tanti anni. Ma c’è un motivo per cui Pepe lo ha scelto: perché è un buon prodotto della sua scuola». Orsi dal suo maestro ha preso lo stile, non soltanto politico, ma anche di vita: l’amore per la campagna e per il suo minuscolo cane Ramon, la semplicità nel parlare e nel vestire, lontano da qualsiasi sfarzo o privilegio. Ha già annunciato che rinuncerà a vivere nella Residencia de Suárez y Reyes, il prestigioso alloggio riservato ai presidenti della Repubblica, che si trova a Montevideo, nel quartiere del Prado: dal 1947, quando l’edificio divenne proprietà dello Stato, soltanto Pepe Mujica aveva rinunciato ad abitarlo. Jorge Batlle, che è stato presidente dal 2000 al 2005, e Luis Lacalle Pou, il presidente uscente, sono stati peraltro gli unici ad aver vissuto nel palazzo non soltanto durante il loro mandato, ma anche, rispettivamente, durante la loro infanzia e giovinezza, essendo a loro volta figli dei presidenti Luis Batlle Berres (1947-1951) e Luis Alberto Lacalle (1990-1995).

Un progressista, ottimista e ballerino

Lui, Orsi, si descrive così: «Sono un uruguaiano ottimista, progressista di sinistra, a cui piacciono i contatti, gli affetti e la capacità di trasformare in meglio una realtà che per molti è molto dura». Le sue origini sono spagnole e italiane, ama la musica e il ballo popolare (è stato insegnante di Malambo, la danza folkloristica dei gauchos argentini), bravo cuoco, in gioventù anche buon giocatore di calcio, tifoso del Peñarol, storico club di Montevideo. Pepe Mujica ha recentemente detto di lui: «Lo conosco da 30 anni, l’ho visto diventare un uomo, fin dai suoi inizi. È un mago nel raggiungere accordi. Ho fiducia in lui, perché quello che ha fatto da sindaco a Canelones è stato meraviglioso». Perfino il suo rivale, Álvaro Delgado, del Partido Nacional (PN), ha scritto su X: «Congratulazioni al presidente eletto @OrsiYamandu. Puoi contare su di noi nella costruzione degli accordi di cui l’Uruguay ha bisogno per continuare ad avanzare verso lo sviluppo». Lo stesso Delgado ha poi spiegato: «Una cosa è perdere le elezioni e un’altra è essere sconfitti: e noi non siamo sconfitti. C’è una coalizione qui». Messaggi di congratulazioni al presidente eletto sono arrivati dalla presidente del Messico, Claudia Sheinbaum, dal presidente cileno Gabriel Boric, dal brasiliano Lula, da quello del Paraguay, Santiago Peña, e poi dall’Argentina, dal Venezuela, dal Guatemala, da Panama (il presidente José Raúl Mulino ha definito l’Uruguay “Paese fratello”).

La piaga della criminalità

Un quadro quasi idilliaco se non fosse, come accennavamo prima, al problema della criminalità organizzata, in forte crescita. Come scrive il centro studi no-profit Insight Crime in un report pubblicato lo scorso ottobre: «Il porto di Montevideo, situato alla fine del corso d’acqua Paraná-Paraguay, è diventato un punto di transito chiave per la cocaina. I gruppi criminali non spediscono più cocaina solo attraverso container. Stanno anche accumulando scorte di droga in territorio uruguaiano, sollevando preoccupazioni sul ruolo del paese nel traffico transnazionale di droga». Uno dei punti di fragili della “congiunzione criminale” sembra essere la frontiera con il sud del Brasile: «Il 25 settembre scorso - scrive ancora Insight Crime - le autorità uruguaiane hanno arrestato tre presunti membri della banda Los Manos nel dipartimento uruguaiano di Artigas, che confina con lo stato brasiliano di Rio Grande do Sul. I Manos sono uno dei gruppi criminali più potenti del Rio Grande do Sul. Le autorità dicono che il gruppo si sta espandendo oltre il confine per controllare il traffico di cocaina nel nord dell’Uruguay». Con la criminalità in rapida espansione (il tasso degli omicidi resta alto, 11,2 ogni 100.000 abitanti, non tra le situazioni più critiche dell’America Latina, ma comunque il doppio della media mondiale e lontana dal tasso registrato ad esempio in Cile, 4,5 ogni 100.000 abitanti) si presenta anche un altro problema, quello delle carceri, spesso sovraffollate. Ancora Insight Crime: «Il numero di persone incarcerate in Uruguay è aumentato costantemente negli ultimi 15 anni, passando da 8.324 nel 2009 a 15.767 nel 2024. Il sistema carcerario è attualmente al 121% della capacità, rendendo il tasso di incarcerazione dell'Uruguay il 12° più alto al mondo. Nel frattempo, la spesa per detenuto è diminuita rispetto all’anno precedente dal 2019, secondo i dati diffusi dal governo. E nel 2023, il 43% della popolazione carceraria ha subìto “trattamenti crudeli, inumani o degradanti”». È questo il vulnus dell’Uruguay cui Yamandù Orsi dovrà riuscire a porre rimedio. Missione difficile, anche perché non è questo il suo “terreno” preferito: con le bande criminali non c’è spazio per negoziare.

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