SOCIETÀ

Tampon Tax, la discriminazione di genere in un’imposta

La Spagna, con il ministro per le Finanze María Jesús Montero, ha dichiarato che, a partire dal 2019, la tassazione sui prodotti igienici femminili, gli assorbenti e simili, scenderà dal 10% al 4%. Un passo importante che ha riaperto la discussione sulla Tampon Tax, l’imposta nascosta che grava sulle donne in età fertile.

Il primo paese occidentale ad abolire questa tassa fu il Canada nel luglio 2015, dopo il successo della campagna No Tax on Tampons. Il movimento, tuttavia, ha raggiunto l’attenzione mondiale e numerose donne hanno iniziato a chiedere un intervento legislativo al proprio governo. In Europa, oltre al recente cambio di rotta spagnolo, solamente l’Irlanda ha debellato completamente questa imposta; la Francia ha diminuito la tassazione nel 2015, passando dal 20% al 5,5%.

In uno spettro così ampio di possibilità, dalla riduzione alla totale abolizione dell’imposta, quali sono le linee guida dell’Unione europea in materia di tassazione sui prodotti igienici femminili? In un primo momento, la legislazione europea, in particolare la Direttiva 2006/112/CE del consiglio del 28 novembre 2006 relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, ha concesso la possibilità agli stati membri di tassare con l’imposta ridotta questi prodotti. Tuttavia, l’opportunità di cambiare la tassazione è stata colta solo da pochi paesi, a più di dieci anni dalla pubblicazione della direttiva.

 

In Italia i prodotti igienici femminili sono tassati al 22%, rientrando quindi nella categoria di beni a cui non è stata destinata un’imposta ridotta. Una prima proposta di cambiamento è stata avanzata nel 2016 dal partito politico Possibile, fondato da Giuseppe Civati, appoggiata anche da una raccolta firme su Change.org con 67.266 sostenitori: l’iniziativa, tuttavia, non ha avuto seguito ma è stata ripresa dall’attuale legislatura, attraverso il presidente della Commissione igiene e sanità Pierpaolo Sileri.

Nell’attesa di vedere gli sviluppi sul piano legislativo in Italia e non solo, è opportuno fare il punto della situazione sociale, culturale ed economica della richiesta. La Tampon Tax, come spesso viene definita dai movimenti femministi di tutto il mondo, è uno dei molteplici mezzi per capire come funziona la discriminazione di genere. Nel saggio Tampon Taxes, Discrimination, and Human Rights, pubblicato dalla Pace Law School faculty Pubblication nel 2017, l’autrice Bridget J. Crawford analizza quali sono le possibili ragioni di questa tassazione sotto diverse angolazione.

Alla base c’è un’incomprensione a livello biologico della donna da parte degli uomini, partendo dal semplice fatto che le mestruazioni sono un processo fisiologico non controllabile della volontà umana e quindi senza possibilità di controllo. Da qui si sono sviluppate una serie di miti, leggende, pregiudizi e stereotipi intorno al “mistero” del corpo femminile, dal divieto di lavarsi i capelli o andare in piscina all’immaginario collettivo della donna isterica (l’isteria fu considerata per molto tempo come una malattia mentale esclusivamente femminile, bannata dall’elenco ufficiale dei disturbi mentali dell’American Psychiatric Association solamente nel 1987).

Per avere un’idea completa sulla questione, bisogna prendere in mano il portafoglio. Tenendo in considerazione la diversità di ogni donna, nella propria vita si hanno circa 520 cicli, in un arco temporale di 40 anni con 13 cicli per anno, escludendo eventuali gravidanze e altre situazioni. In ogni giorno del ciclo dovrebbero essere utilizzati dai 4 ai 6 assorbenti: considerano che la durata può variare dai 3 ai 6 giorni, ogni donna spende circa 9,50 euro ogni mese, senza mettere in conto prodotti secondari come i medicinali analgesici, antidolorifici o i contraccettivi femminili. La spesa sostenuta da ogni donna in età fertile ogni anno è di 123,50 euro: se moltiplichiamo questo valore per l’intero periodo fertile di una donna, arriviamo a 4.940 euro, di cui 890,82 confluiscono nelle casse dello Stato grazie all’Iva del 22%.

Questa spesa incombe su tutte le donne e con “tutte” si intende di qualsiasi reddito esse appartengano. In Europa le donne, i movimenti e qualche istituzione pubblica si stanno battendo contro la period poverty, una situazione socio-economica che colpisce le fasce più povere della cittadinanza in cui le donne non hanno i soldi per acquistare gli assorbenti e avere una corretta igiene durante le mestruazioni; in uno studio della Commission on the Status of Women dello scorso anno, è stato stimato che a livello mondiale un miliardo e 200 milioni di donne vivono in questa condizione. In Scozia, per esempio, sono partiti diversi programmi statali che offrono gratuitamente prodotti sanitari femminili alle ragazze e alle donne.

Se da un lato si cerca di cambiare questa tassazione, dall’altro c’è chi tira il freno a mano sulla questione. Come scrive Catherine Rampell, giornalista del The Washington Post, la questione della tassa sugli assorbenti è più complicata del previsto: il primo problema che viene posto è il significato di “necessità” ai giorni nostri. Quello che viene evidenziato è che ogni prodotto può essere considerato necessario per un determinato segmento di popolazione. Inoltre, sul piano economico, nel caso in cui si abolisse o riducesse la tassa sugli assorbenti, secondo la giornalista si rischierebbe di cadere in un circolo vizioso: se si esonera un prodotto della tassazione, c’è il bisogno di recuperare le entrate perse da un’altra parte.

Inoltre, togliendo questa imposta, beneficerebbero non solo le donne con basso reddito ma anche quelle più benestanti. Servirebbero, secondo Catherine Rampell, più politiche sociali adeguate per sostenere le persone che non possono permettersi prodotti necessari per una vita dignitosa.

Un tema che dal 2015 cerca di scuotere i governi mondiali: anche l’Unicef è attivo da alcuni anni con il programma WASH, Water, Sanitation, and Hygiene, rivolto alle ragazze di tutto il mondo con l’obiettivo di educare a una corretta igiene durante le mestruazioni, dando così la possibilità di vivere con sicurezza e dignità quel periodo del mese e combattendo così anche i tabù culturali che ancora oggi abitano le nostre società.

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