“Ragazzi, torno indietro, c’è qualcosa di sbagliato in questo aereo”: sono le ultime parole pronunciate da uno dei due piloti del Boeing 737, precipitato in Etiopia lo scorso 10 marzo. Dopo un ultimo appello, lo schianto. Le indagini proseguono e negli ultimi giorni alcune illazioni puntano il dito contro la compagnia aerea, rea di essere stata a conoscenza del problema al software, senza però renderne partecipi le società acquirenti del jet. Almeno è quanto riporta l'agenzia Bloomberg, citando fonti interne alla Boeing stessa.
Appurato ormai che si sia trattato di un problema al software che gestisce il pilota automatico e in particolare alla funzione che garantisce all'aeroplano un assetto costante con correzioni automatiche indipendenti dal pilota, resta da comprendere come si possano prevenire questi incidenti (se possibile) e se l'ausilio - sempre più marcato - della tecnologia sia un aiuto, ma allo stesso tempo un potenziale pericolo per chi vola.
Per cercare di fare un po’ di chiarezza, abbiamo chiesto un parere a Emanuele Luigi de Angelis, docente di dinamica del volo atmosferico all’università di Padova: “Negli ultimi 50 anni c’è stata sicuramente una trasformazione - spiega de Angelis - è mutato il ruolo del pilota. Una volta, a bordo dei velivoli più grandi, avevamo la presenza del pilota, del copilota e dell’ingegnere di volo. Mentre quest’ultimo si occupava della parte più tecnologica, al pilota era riservata solo la parte di pilotaggio. Oggi la figura dell’ingegnere di volo non c’è più ed è tutto nelle mani del pilota e del copilota. Il pilota non deve più solo pilotare, ma occuparsi anche degli aspetti relativi all’impiantistica. L’apprendimento è diventato molto più ingegneristico, forse anche troppo”.
Un primo aspetto critico va ricercato quindi nella sovrabbondanza di informazioni che si cerca di trasmettere ai piloti, che spesso non vengono tenute a mente, data la loro complessità e copiosità. L’introduzione di software ha permesso di eliminare la figura dell’ingegnere di volo dal momento che molti meccanismi sono ormai automatizzati, ma ha costretto i piloti alla gestione di molti fattori. Una tecnologia che quindi aiuta l’essere umano, ma non gratuitamente.
Una tecnologia anche sicura? “In aeronautica si ragiona con i criteri del fasesafe, cioè se avviene un certo tipo di danno, vi deve sempre essere un’alternativa - continua de Angelis - Al giorno d’oggi, non abbiamo più una relazione diretta tra pilota e velivolo, ma il tutto avviene grazie alla mediazione di un computer. Se questo computer si rompe, non abbiamo più nessuno in grado di controllare lo scambio di informazioni. Per ovviare a questo problema, si cerca di inserire diversi computer che montino software costruiti in maniera completamente indipendente, evitando che un bug possa essere presente anche in altri”. Abbiamo quindi un effetto di ridondanza, moltiplicando le strutture per aumentare la sicurezza, anche se si rischia di perdere in semplicità.
Ma veniamo al caso specifico del Boeing 737 Max 8. Si tratta di un aereo che presenta un’aerodinamica complessiva leggermente modificata per fare spazio a innovazioni: “Per avere dei motori più grossi ed efficienti, è stato necessario inserirli più avanti rispetto alla posizione usuale. Questa tecnica ha però ridotto la stabilità statica del velivolo: se l’aereo viene investito da una forte raffica di vento o da una perturbazione, tenderà a divergere un po’ di più prima di tornare al punto di equilibrio di partenza. Per evitare questo inconveniente, si è dovuto quindi inserire un pilota automatico aggiuntivo, chiamato MCAS (Maneuvering Characteristics Augmentation System). Grazie a questo sistema e ad alcuni sensori posizionati sull’aereo, quando il velivolo cabra eccessivamente, la coda del velivolo si muove in automatico e riporta giù il muso, ristabilendo una condizione di equilibrio”. Nell’incidente del 10 marzo si ipotizza che questo sistema abbia letto male i dati relativi alla posizione del mezzo e abbia quindi determinato un progressivo pitch down del velivolo quando quest’ultimo si trovava già posizionato orizzontalmente. Un sistema che, come afferma il docente de Angelis, è possibile disattivare, sia temporaneamente, sia in modo permanente, riprendendo quindi il controllo del pilotaggio. Resta quindi da chiarire come sia stato possibile rimanere in balìa dell’aereo. E da qui, capire come fare per migliorare.
Ma si può pensare di eliminare l’automazione per scongiurare queste problematiche? “E’ impensabile tornare a una procedura completamente manuale: questi software non soltanto migliorano la qualità e la sicurezza, ma permettono di eseguire voli sempre più ecologici”.
Quali indicazioni per il futuro quindi? “Sicuramente si possono migliorare l’affidabilità dei sistemi e i relativi metodi di disinnesco, puntare ancora di più sul fasesafe, addestrare più a fondo i piloti e, soprattutto, cercare di semplificare tutta l’impiantistica, cosa che, fortunatamente, si sta già iniziando a fare”.