Il nuovo simbolo di Twitter campeggia sul profilo di Elon Musk. Foto: Reuters
“Visto cos’ho twittato?”; “hashtag interessante”; “followa questo profilo”; “posto una foto e ti taggo”. Al di là di slang d’importazione e giovanilismi lessicali non capita spesso che un brand entri così massicciamente nel vocabolario quotidiano: uno dei tanti segnali dell’importanza che Twitter ha (aveva?) raggiunto in tutto il mondo. Negli ultimi anni il limite dei 140 caratteri – in seguito diventati 280, oggi comunque abbondantemente superabili – hanno profondamente cambiato la comunicazione globale, decretando fortune e cadute rovinose, accompagnando rivolte e movimenti di protesta (dalle cosiddette primavere arabe al MeToo) ma anche l’ascesa di posizioni politiche e di messaggi sempre più estremi.
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Tutto questo appartiene ormai alla storia; se è vero che il nome racchiude l’anima e il destino lo scorso 24 luglio Twitter è morto: al suo posto ora c’è X. “È vero che i rebranding non sono una rarità nella Silicon Valley: abbiamo visto Google creare la compagnia madre Alphabet e Facebook trasformarsi in Meta – commenta Alberto Puliafito, giornalista e analista dei media, direttore responsabile di Slow News –. Di solito però queste operazioni hanno però idee chiare alle spalle e non snaturano il prodotto: il motore di ricerca continua a chiamarsi Google. Dal punto di vista dell'azienda sarebbe stato folle cambiargli nome, visto che googlare è diventata un’espressione di uso comune in svariate lingue”.
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Stessa situazione di partenza ma approccio completamente diverso per l’uccellino azzurro (sostituito nel frattempo con un logo creato da un utente): secondo il giornalista “In Twitter che diventa X si intravede il desiderio di Elon Musk di cancellare quello che è stato prima e rifare tutto da capo, al punto che si dice che presto sulla piattaforma anche il termine tweet verrà sostituito con post”. Decisioni che vanno contro tutte le regole del marketing e che, secondo analisti citati da Bloomberg, potrebbero diminuire il valore della compagnia di una cifra stimata tra i 4 e i 20 miliardi di dollari.
X is here! Let’s do this. pic.twitter.com/1VqEPlLchj
— Linda Yaccarino (@lindayaX) July 24, 2023
Tutto ruota intorno all’enigmatica figura di Elon Musk, che assieme all’inventiva e la capacità di anticipare il futuro negli ultimi tempi ci ha anche abituati a colpi di teatro e iniziative francamente bizzarre (come le recenti sfide all’ultimo sangue a Mark Zuckerberg). Un po’ genio, un po’ tiranno rinascimentale, il miliardario di origine sudafricana è oggi una delle persone più potenti al mondo e non ha alcuna remora a mostrarsene compiaciuto: “All'inizio dichiarava di voler acquistare Twitter per renderlo di nuovo un luogo del Free Speech… – continua Puliafito –. Non sappiamo ovviamente se sia vero ma è chiaro che Musk nel tempo ha mostrato una certa idiosincrasia nei confronti di tutto ciò che potremmo far rientrare nel novero del cosiddetto factchecking, cioè della contestualizzazione e della verifica di determinate affermazioni. Un fastidio peraltro condiviso da esponenti di alcune parti politiche che spesso parlano di ‘dittatura del pensiero unico’”.
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Il che ovviamente porta a domandarsi quali siano i veri obiettivi dell’acquisizione di Twitter/X e della sua successiva gestione, con riguardo soprattutto alle elezioni presidenziali che si terranno l’anno prossimo negli Stati Uniti. “Sicuramente Musk ha una sua agenda – conclude Il giornalista –. Al di là di questo credo però che quello che sta succedendo dovrebbe farci riflettere sull'opportunità che esista una simile concentrazione di danaro e di potere nelle mani di una una sola persona, che oggi di fatto può decidere la buona la cattiva sorte di una delle piattaforme più popolari al mondo”.