SOCIETÀ

Gli ultimi sei secondi del ponte Morandi

Circa 4.500 tonnellate di macerie tra calcestruzzo e acciaio sono implose pochi minuti fa, determinando la fine di quel che restava del Ponte Morandi. Dieci mesi dopo il crollo, costato la vita a 43 persone, Genova saluta per sempre il suo ponte con un sistema di detonazione a microcariche arrivato appositamente dalla Spagna. Saranno 4.500 le tonnellate di calcestruzzo e acciaio da gestire, ma le preoccupazioni dei residenti non si fermano all’impatto ambientale, ma temono le polveri sottili e ultra sottili. Le misure di sicurezza che hanno accompagnato la detonazione comprendevano un sistema di vasche che hanno creato un muro d’acqua alto 50 metri, del materiale inerte per attutire la caduta dei detriti, e il monitoraggio della qualità dell’aria. Le due pile hanno impiegato circa sei secondi per raggiungere il suolo, piegandosi leggermente l’una verso l’altra, in una sorta di ultimo saluto della città a un’infrastruttura che aveva molto da raccontare sull’evoluzione della costruzione dei ponti, a livello mondiale. E anche sulla storia dell'Italia post-bellica.

Nel frattempo la costruzione del nuovo ponte è già iniziata, con la prima colata di calcestruzzo inaugurata dal ministro delle infrastrutture Danilo Toninelli, che si lascia scappare anche una promessa: “Per la fine dell'anno il nuovo ponte sarà in piedi, si potrà finalmente vedere e, nella primavera del 2020, lo si possa inaugurare”. Il progetto del nuovo ponte di Genova, e si badi bene a non chiamarlo più Morandi, è firmato da Renzo Piano e ha un costo, comprensivo di demolizione, che si aggira attorno ai 200 milioni di euro. Un conto piuttosto salato, un epilogo triste per una struttura storica, che avrebbe potuto andare in modo molto diverso.

 

Se un medico deve amputare un arto, prima di arrivare a un provvedimento di extrema ratio approfondisce con esami e indagini per vedere se si può intervenire e salvare l’arto Prof. Carlo Pellegrino

“Se un medico deve amputare un arto, prima di arrivare a un provvedimento di extrema ratio approfondisce con esami e indagini per vedere se si può intervenire e salvare l’arto”: con questa metafora Carlo Pellegrino, direttore del Dipartimento di Ingegneria civile, edile e ambientale dell’università di Padova, torna sulla necessità di effettuare delle indagini sui manufatti prima di deciderne la demolizione. Recuperare il ponte Morandi avrebbe comportato un risparmio economico notevole, senza dimenticare che la viabilità avrebbe potuto essere ripristinata più velocemente.

Dato che la decisione è stata ormai presa, il prof. Pellegrino auspica che la gestione delle macerie sia svolta nell’ottica dell’economia circolare: “Bisognerebbe cercare di riutilizzare il materiale che deriva dalla demolizione, sono stati fatti degli studi sul riutilizzo del calcestruzzo che rientra, come materiale, nel processo produttivo”. Si riducono, in questo modo, gli oneri per lo smaltimento in discarica e anche l’impatto ambientale.

Dopotutto, fin dall’antichità dalle macerie delle città saccheggiate e distrutte si estraevano materiali per la costruzione di quelle nuove, in una lungimirante ottica di riuso. Forse il vecchio calcestruzzo del ponte di Morandi non troverà posto nel suo successore di Piano, ma con un opportuno trattamento potrà trovare nuova vita, magari, chissà, in una delle grandi opere italiane.

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