SCIENZA E RICERCA

Uragani sempre più intensi: l'attuale classificazione potrebbe non bastare più

Con il riscaldamento globale gli eventi estremi tendono ad aumentare di frequenza e di intensità. Tra questi ci sono anche gli uragani, per i quali la scala Saffir-Simpson, che comprende cinque categorie ed è in uso da mezzo secolo, potrebbe non bastare più. A sollevare la questione sono stati di recente i climatologi Michael Wehner del Lawrence Berkeley National Laboratory e James Kossin di First Street Foundation che, in un articolo pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences, hanno proposto di estendere la scala alla categoria 6, con l’idea di includervi tutti i cicloni tropicali caratterizzati da venti che superano i 309 chilometri orari.

L’attuale scala Saffir-Simpson classifica i cicloni in categorie che vanno da 1 (con venti compresi tra 119 e 153 chilometri orari) a 5 (con venti oltre 254 chilometri orari). Tuttavia, hanno fatto notare Wehner e Kossin, negli ultimi anni non solo è aumentata significativamente la frequenza degli uragani inseribili nella categoria 5, ma sono accaduti anche eventi di un’intensità talmente elevata per i quali l’attuale classificazione potrebbe essere inadeguata.

Il rischio, spiegano gli esperti, è che l'indeterminatezza della scala Saffir-Simpson (che non prevede una soglia oltre la quale non si può più parlare di categoria 5) possa portare a sottostimare il rischio che gli eventi più intensi sono capaci di arrecare a persone, infrastrutture e beni, mentre l’introduzione della categoria 6 avrebbe il vantaggio di facilitare una maggiore consapevolezza da parte dei cittadini che vivono nelle aree più soggette a questi fenomeni. Un altro limite di questa scala è che si basa unicamente sulla velocità del vento, senza considerare i danni che possono essere provocati dall'acqua quando le onde, in caso di tempesta, si abbattono sulle coste interessate dal fenomeno. 

Un’analisi dei dati storici delle tempeste tropicali avvenute tra il 1980 e il 2021 ha portato a una conferma di come gli eventi più intensi stiano aumentando di frequenza: nei 42 anni presi in esame dai ricercatori, gli uragani classificabili come di categoria 5 sono stati 197 ma i cinque più forti (quelli cioè che potrebbero rientrare in una eventuale nuova categoria) sono avvenuti tutti negli ultimi nove anni del lasso di tempo condiderato. Si è trattato di eventi altamente distruttivi, come l’urgano Patricia sviluppatosi nel 2015 nel Pacifico, il più potente di sempre a livello globale in termini di venti massimi sostenuti o il tifone Hayian che nel 2013 provocò la morte di oltre 6000 persone nelle Filippine.

E’ importante ricordare che la distinzione tra uragani, tifoni e cicloni è puramente geografica: si tratta quindi di parole diverse che indicano lo stesso fenomeno meteorologico. Il termine "uragano" si usa nell'Atlantico settentrionale, cioè tra il Golfo del Messico e la costa orientale degli Stati Uniti, e nel Pacifico nord orientale; quando queste perturbazioni avvengono nel Pacifico nord-occidentale (Asia) assumono la denominazione di tifoni, mentre si parla di cicloni per eventi simili localizzati nel Pacifico meridionale e nell’oceano Indiano.

Il motivo che sta favorendo l’aumento di intensità di questi eventi è principalmente il progressivo aumento della temperatura degli strati superficiali dell’acqua degli oceani e la conseguente maggiore energia termica che può scatenarsi in caso di precipitazioni. Nel 2023 il riscaldamento delle acque degli oceani ha fatto registrare un nuovo record e complessivamente, rispetto alla media degli anni 1981-2020, si è rilevato un aumento delle temperature superficiali oceaniche di 0,54°C. Anche le profondità abissali si stanno scaldaldo, con conseguenze sul clima globale, sulla presenza di nutrienti nelle acque e sulla capacità degli oceani di continuare ad assorbire anidride carbonica dall’atmosfera. 

Uno studio condotto da Kossin nel 2020 e pubblicato su Pnas aveva già mostrato che il riscaldamento globale implica crescenti probabilità che si verifichino violente tempeste tropicali in tutto il mondo. In questo nuovo lavoro i ricercatori hanno aggiunto ulteriori dettagli e hanno effettuato delle simulazioni per esplorare l'impatto dei cambiamenti climatici sull’intensificazione degli uragani. Secondo i loro modelli, nello scenario in cui la temperatura media dovesse aumentare di 2 °C rispetto ai livelli preindustriali, il rischio di tempeste di categoria 6 aumenterebbe considerevolmente, soprattutto nelle Filippine e nel Golfo del Messico dove la minaccia potrebbe raddoppiare. A livello globale, inoltre, le probabilità annuali di un uragano con venti superiori ai 309 chilometri orari salirebbero al 7% con 2 gradi di riscaldamento e al 10% con 3 gradi di riscaldamento.


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Kossin e Wehner hanno precisato che l'obiettivo del loro studio non è, almeno nel breve termine, ottenere che la scala Saffir-Simpson venga modificata, ma favorire la consapevolezza che in uno scenario di riscaldamento globale come quello che stiamo vivendo la frequenza di tempeste tropicali violente tenderà a crescere. In questo contesto, osserva James Kossin, sono necessari dei cambiamenti nei sistema di messaggistica con cui viene allertata la popolazione e una scala basata solo sulla velocità del vento potrebbe essere incompleta perché "bisogna informare meglio il pubblico sulle inondazioni interne e sulle mareggiate". 

"La nostra motivazione è riconsiderare come l'indeterminatezza della scala Saffir-Simpson possa portare a sottostimare il rischio e, in particolare, come questa sottostima diventi sempre più problematica in un mondo in riscaldamento", ha aggiunto Michael Wehner. 

Le agenzie statali statunitensi che si occupano di meteorologia e dei rischi legati agli uragani al momento non hanno in programma di modificare l’uso della scala Saffir-Simpson, riporta il Washington Post. E alcuni metereologi hanno osservato come non si possa escludere che l'eventuale introduzione di categoria 6 con cui etichettare gli uragani più intensi, sebbene abbia una base scientifica, possa rivelarsi controproducente perché potrebbe far sottostimare gli uragani di categoria 5. Gli stessi Kossin e Wehner hanno affermato che l'estensione della scala di valutazione delle tempeste tropicali dovrebbe essere preceduta da una ricerca sociologica finalizzata all'indagine di come potrebbe essere influenzata la percezione del rischio delle persone. Il punto centrale, concludono gli scienziati, è attrezzare meglio le comunità costiere per affrontare condizioni meteorologiche estreme nuove e mutevoli.

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