Quando si parla di libri, si rischia sempre di cadere nella dicotomia che vede contrapposti i romanzi di intrattenimento e quelli che ti insegnano qualcosa, o che ti spiegano come gira il mondo.
Eppure anche molti romanzi che potremmo definire "di genere" nascondono al loro interno delle nozioni che ci permettono di conoscere mondi distanti dal nostro senza muoverci dal divano, ma anche di evadere dalla nostra vita quotidiana cercando di indovinare chi è l'assassino.
I fiori della morte di J.J. Ellis (Ponte alle Grazie) non è uno di questi, ma solo perché l'identità dell'assassino la conosciamo già, dobbiamo solo scoprire di pagina in pagina quali sono le sue reali motivazioni. Mentre leggiamo, però, possiamo anche imparare molte cose sulla cultura giapponese.
Facciamo un piccolo disclaimer su questo punto: un appassionato lettore di manga o di Murakami non imparerà, probabilmente, nulla di nuovo. Chi già conosce la cultura giapponese ne I fiori della morte troverà semmai delle conferme a ciò che ha già letto, e da questo punto di vista il romanzo può costituire al massimo un utile ripasso. Chi invece si avvicina per la prima volta all'argomento potrà trarre dalla lettura una serie di informazioni che rischierebbero invece di essere declinate in modo più noioso in articoli compilativi o in documentari.
Anche chi ama il Giappone e lo conosce bene, però, può calarsi volentieri in questo romanzo: per prima cosa troverà dei topoi che lo faranno sentire a casa, come la cerimonia del te, la fioritura dei ciliegi e tutto ciò che rappresenta per i locali, le maschere tradizionali, le feste e gli spettacoli, ma anche le mille sfaccettature di un popolo che riesce a essere estremamente gentile con gli stranieri ma senza perdere quel sostrato di razzismo di chi vede gli stranieri come una minaccia alle tradizioni del luogo.
“ Frenetici come un’orda di topi, le teste basse, le mascherine che gli imbavagliavano la bocca, sciamavano nelle gallerie della metropolitana per tornare ai loro monolocali nelle periferie tutte uguali J.J. Ellis
Non è un caso che le vittime del serial killer dei ciliegi siano tutte straniere. Il romanzo rappresenta in modo tremendamente efficace tutte le contraddizioni di un paese in bilico tra tradizione e modernità (quest'ultima rappresentata anche dagli stranieri), un paese che, come molti altri, deve ancora trovare la sua strada per mediare tra queste due tendenze.
E così l'assassino vive un rapporto conflittuale con le sue vittime, lo stesso tipo di rapporto che lo aveva unito alla madre. La ragazza polacca che uccide e quella francese che rapisce sono da lui contemplate a distanza, come se non le potesse toccare. E invece, in un afflato quasi prometeico, nel bel mezzo della foga della creazione di una composizione floreale, succede l'irreparabile.
Sulle sue tracce ci sono gli altri due protagonisti del libro, due personaggi diversi ma in qualche modo complementari: da una parte la giornalista Holly Blain, di origini inglesi che, pur parlando un perfetto giapponese senza ombra di accento, fa fatica a integrarsi nel suo giornale, dove la relegano a parlare di cultura e spettacolo quando lei vorrebbe occuparsi invece di cronaca nera. Dall'altra c'è l'ispettore Tanaka: anche lui fatica sul lavoro, perché avendo il padre americano è considerato un mezzosangue da superiori e anche da alcuni colleghi. Entrambi sono molto in gamba, e quando cominciano a collaborare le indagini diventano più rapide, facendo stare alzato fino a tardi il lettore che cerca di tenere il ritmo. Certo, non mancano alcune battute d'arresto, perché ci sono casi in cui il lavoro di un investigatore va in conflitto con quello di un giornalista, ma è affascinante il processo grazie al quale i due, indipendentemente e tramite vie diverse, arrivano alle stesse conclusioni, attraverso percorsi che si intersecano e si sovrappongono solo parzialmente.
I fiori della morte è un incrocio originale tra Stupore e tremori di Amélie Nothomb e Il richiamo del cuculo di Robert Galbraith (pseudonimo di J. K. Rowling) che lo richiama per il rapporto di stima tra i due protagonisti, ed è un romanzo gradevole e di facile lettura, consigliato a chi vuole scoprire qualcosa di più sul Giappone e agli amanti dei noir. Solo due ulteriori precisazioni: è il primo volume di una trilogia, quindi alcune vicende private dei personaggi vengono solo accennate e saranno approfondite nei romanzi successivi (per il resto è un romanzo autoconclusivo, non lascerà nessuno a bocca asciutta).
Inoltre il lettore troverà moltissime parole giapponesi e nessuna nota, ma non dovrà affannarsi su Google come ha fatto inizialmente chi sta scrivendo: alla fine c'è un glossario con tutti i termini spiegati!