CULTURA

Viaggio in Italia. Genova: città di marinai, cantautori e delfini

Genova è come la dieta vegana: o la si ama o la si odia; Genova non si può spiegare, ma bisogna viverla, perché Genova è una contraddizione in termini, sia urbani che sociali. A Genova puoi trovare eleganti donne anziane con preziose spille di famiglia che splendono chiudendo giacche di seta, ma anche marinai bruciati dal sole con jeans strappati e infradito, e immigrati provenienti da tutti gli del mondo che si distribuiscono in ogni vicolo, anche in quelli della città vecchia cantata da De Andrè nei suoi versi ormai immortali.

È abbastanza ardua l'impresa di dare consigli su cosa vedere a Genova. Alcuni risponderebbero: "Assolutamente niente, rimonta in macchina e vai fino alle Cinque Terre che tanto sono vicine".

Lasciaci tornare ai nostri temporali... Genova, ha i giorni tutti uguali Paolo Conte

Poi, però, persino il più grande detrattore di Genova ritratterebbe: "Beh, magari, già che sei lì, un saltino all'acquario quasi quasi lo potresti fare." L'acquario, in effetti mette d'accordo (quasi) tutti. È il più grande d'Europa e l'unico a ospitare i pesci antartici, e come se non bastasse lo ha progettato Renzo Piano: diciamo che le premesse per apprezzarlo ci sono, e una volta entrati lì si possono ammirare ben 70 vasche con 15.000 animali: rettili, anfibi, uccelli e naturalmente pesci; ma la punta di diamante è senz'altro il Padiglione Cetacei, dove si può assistere alle interazioni tra delfini e staff: uno spettacolo davvero emozionante, specie per chi non si perdeva una puntata di Flipper, e i più fortunati potranno assistere alle capriole dei mammiferi acquatici più amati del mondo. Per le persone particolarmente curiose, nel padiglione ci sono anche dei pannelli con l'albero genealogico dei delfini ospitati, e in ogni caso gli addetti sono sempre disponibili a rispondere alle domande dei visitatori, soprattutto dei più piccoli. Per quelli che invece preferiscono animali meno mainstream, c'è la "vasca tattile" dove nuotano le razze che si fanno accarezzare volentieri da chi gli sta simpatico (spoiler: ricordano un po' la lingua di un gatto).

Usciti dall'acquario, addentrandosi nel centro di Genova si può notare che l'architettura conferisce alla "città verticale" un che di grandioso ("pretenzioso", direbbero i detrattori). Ci si sente piccoli, a Genova, e come se non bastasse ci si sente anche un po' pigri. Sarà che essendo costruita su più livelli, fisicamente e cronologicamente (la definizione "città verticale" deriva proprio da questo), le salite mettono a dura prova i cuori più deboli. Ma chi a Genova ci è nato ormai non ci fa più caso, anche se magari evita la bicicletta preferendo il motorino.

Arrivati a Passo Eugenio Montale, vicino alla centralissima piazza De Ferrari, si può ammirare il teatro Carlo Felice, che oltre a proporre spettacoli di spicco è anche un esempio di architettura studiato a livello internazionale.

Altre cose da vedere a Genova sono la Lanterna, il secondo faro più alto d'Europa che è anche il simbolo della città (ecco perché quello fra Genoa e Sampdoria è detto "il derby della Lanterna") e il quartiere Righi, raggiungibile tramite la funicolare, che offre un punto di vista unico sulla città: gli amanti della fotografia non possono saltare questa tappa, mentre gli altri possono proseguire verso l'Arco della Vittoria, un monumento ai caduti della prima Guerra Mondiale che ricorda ("forse un po' troppo" direbbe il solito detrattore) l'arco di Trionfo parigino.

I genovesi comunque sono strana gente: bevono il caffè mangiando focaccia, parlano con gli scoiattoli nei parchi e mugugnano (si prendono bonariamente in giro dicendo che Genova è "la capitale del mugugno", del lamento);

Tra questa gente che osserva e si lamenta pure Colombo è stato uno fra cento. E adesso in mare veleggia la rumenta strana, Genova Francesco Baccini

In realtà, rispetto ad altre città marinare dove i turisti sono visti un po' come fumo negli occhi, si trovano anche parecchie persone alla mano; tra l'altro, nel Medioevo, Genova concedeva la cittadinanza a tutti quelli che avevano le braccia abbastanza forti per lavorare, pratica decisamente lungimirante, viste le polemiche attuali. Per quanto riguarda il vecchio stereotipo dei genovesi tirchi, qualcosa di vero c'è: in effetti il merchandising lascia un po' a desiderare per rapporto qualità/prezzo, ma agli autoctoni non manca l'autoironia su questo punto.

Il fotogramma più incantevole di Genova rimane probabilmente il centro storico, che è il più grande d'Europa (se non si fosse notato, questa città vanta parecchi primati europei). Il centro va a costituire la cosiddetta "città vecchia", proprio quella cantata da De Andrè.

Ma lui non è l'unico musicista che può vantare Genova: un'intera leva cantautorale, infatti, ha popolato i vicoli della città, da Bruno Lauzi (ancora celebre la sua Ma se ghe pensu) a Umberto Bindi, fino ad arrivare a Gino Paoli, che ha vissuto al numero cinque di Corso Paganini, dove è morta la gatta della famosa canzone, che non ha resistito al trasloco.

Sulla strada che val al porto, dopo un arco c'è una piazza sempre piena di bambini, qualche gatto e un vucumprà Gino Paoli

Se prendiamo queste parole della canzone L'ufficio delle cose perdute, non c'è molta differenza con la Genova di oggi: sogni e ricordi rimangono immortali nelle parole dei cantanti e dei poeti (a Genova ne sono passati parecchi, da Caproni a Montale, che viveva in corso Dogali 5) e convivono con la prosaicità dei giorni qualunque, di chi si arrabatta per la sua focaccia quotidiana e gli va bene così. Tornando alla musica, il nome che riecheggia tra i vicoli è sempre uno, quello che abbiamo citato per primo: Fabrizio De André. A Genova si può scherzare su tutto, ma Faber è sempre preso molto sul serio. Ovunque si possono trovare scritte sui muri con i suoi versi, vero emblema della poesia contemporanea. E in via del Campo 29 rosso c'è il museo a lui dedicato (l'ingresso è gratuito), dove si può ascoltare la sua musica per tutto l'orario di apertura, vedere le sue foto e l'immensa raccolta di libri firmati dai visitatori, nonché vinili e locandine dei suoi concerti.

Per quanto si possa odiare Genova, bisogna ammettere che sono poche le città che hanno ispirato parole simili. E allora, mentre ci si avvia verso le Cinque Terre come consigliava chi a Genova non ci voleva mettere piede, si può rivolgere un breve pensiero di ringraziamento a questa "città verticale" per la poesia che è riuscita a ispirare, e con cui si fa perdonare l'odore di pesce del porto e anche le più ruvide lamentele.

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