Dalla 41° posizione alla 58° in un solo anno. 44 intimidazioni ai giornalisti nei primi tre mesi del 2022 ed una diminuzione della libertà di stampa che inserisce il Paese tra la Macedonia del Nord e il Niger. Questi dati si riferiscono all’Italia ed escono dal World Press Freedom Index, un’analisi realizzata da Reporter sans frontieres, che ha studiato a fondo la libertà di stampa a livello globale e l’ha classificata rispetto a cinque diversi indici: contesto politico, legale, economico, socioculturale e di sicurezza.
Il nostro Paese in un solo anno ha perso 17 posizioni e la motivazione sembra essere chiara: “La libertà di stampa in Italia continua a essere minacciata dalla criminalità organizzata, in particolare nel sud del Paese, e da vari gruppi violenti estremisti o di protesta, che hanno visto un aumento significativo durante la pandemia”.
Mentre dal punto di vista del panorama politico e mediatico l’Italia non presenta particolari situazioni a rischio, avendo diversi grandi media quotidiani, settimanali e diversi progetti stabili (Rsf conta 20 quotidiani con una tiratura maggiore di 20mila copie e 50 settimanali), la situazione che fa scendere di classifica il nostro Paese è principalmente relegata al contesto legale.
Quando parliamo di contesto legale inevitabilmente il ragionamento va alla questione delle querele, troppo spesso in Italia definite “preventive”. Anche Rsf focalizza l’attenzione su questa tematica scrivendo nel suo rapporto che “un certo grado di paralisi legislativa sta frenando l'adozione di vari progetti di legge che sono stati proposti per preservare e persino migliorare la libertà giornalistica. Questo spiega in parte i limiti che alcuni giornalisti incontrano nel loro lavoro. La diffamazione deve ancora essere depenalizzata e la pandemia ha reso più complesso e laborioso per i media nazionali accedere ai dati”.
La questione dei dati poi, ritorna anche per quanto riguarda la libertà e la facilità con cui fare giornalismo e raccontare i fatti. Più volte abbiamo affrontato anche nelle pagine de Il Bo Live la questione, ma è importante ribadire con un sillogismo come dati aperti significhi più monitoraggio civile e quindi più democrazia.
Analizzando invece il Word Press Freedom Index a livello più globale, vediamo come ancora una volta sono i Paesi del nord Europa ad essere ai primi posti per quanto riguarda la libertà di stampa. La Norvegia si conferma prima, seguita da Danimarca, cresciuta di due posizioni, Svezia, Estonia, che è passata dal 15° al 4° posto in un solo anno e dalla Finlandia. Agli ultimi posti invece troviamo Corea del Nord, Iran ed Eritrea.
Nel commento alla 20esima edizione del World Press Freedom Index, Reporter sans frontiers ha messo in luce come nell’ultimo anno ci sia stato un duplice aumento della polarizzazione, amplificato dal caos dell'informazione. Si è riscontrata infatti una polarizzazione dei media che però a sua volta alimenta le divisioni all'interno dei paesi, così come la polarizzazione tra i paesi a livello internazionale.
In questo, e non solo in questo, la guerra scatenata dall’invasione russa in Ucraina non ha di certo aiutato.
“L'invasione dell'Ucraina, che è al 106° posto per quanto riguarda la libertà di stampa, da parte della Russia (155°) alla fine di febbraio riflette questo processo di polarizzazione - si legge in una nota di Rsf -, poiché il conflitto fisico è stato preceduto da una guerra di propaganda”.
Un altro aspetto interessante citato da Rsf, è vedere come “la Cina (175°), uno dei regimi autocratici più repressivi al mondo, abbia usato il suo arsenale legislativo per confinare la sua popolazione e isolarla dal resto del mondo”. Questo si nota in particolare analizzando la situazione della popolazione di Hong Kong. Il Paese infatti è crollato in un solo anno di ben 80 posizioni, assestandosi per il 2022 al 148° posto.
La classifica che emerge dal World Press Freedom Index dev’essere analizzata per quello che è, cioè seguendo una metodologia tanto chiara quanto inevitabilmente parziale. Leggere la loro analisi però è utile anche per capire determinati aspetti a livello globale.
Uno di questi è proprio legato all’incolumità stessa dei giornalisti e delle giornaliste. Solamente nel 2022 sono stati 27 i reporter uccisi nel mondo e 480 sono quelli attualmente in prigione. Dati che fanno capire, se ancora ce ne fosse bisogno, l’importanza della libertà di stampa. Vedere, analizzare, raccontare sono azioni fondamentali per cercare di portare alla luce disparità, abusi, crimini e violenze. Il lavoro giornalistico è anche un pubblico servizio e di questo bisogna sempre ricordarsene, anche quando in Paesi civili più che criticare si cerca di fare un costante generico atto di accusa alla stampa. Migliorare è sempre doveroso e possibile, ma lo si può fare solo attraverso la conoscenza, lo studio e anche attraverso le critiche, purché siano esse costruttive e non lesive della libertà o della dignità di chi quotidianamente cerca di raccontare ciò che vede.