SOCIETÀ
Ritorno al futuro. Georgescu-Roegen e la nascita dell’economia ecologica
di Sofia Belardinelli e Tiziano Distefano
Lineare, reversibile, prevedibile: questa è la narrazione del mondo propugnata dai sostenitori del capitalismo, il paradigma economico predominante nella nostra epoca. Secondo questa visione, la sfera economica è un sistema autonomo, autosufficiente, che ha per obiettivo primario una crescita infinita (una costante accumulazione di ricchezze mirante a soddisfare in maniera crescente le necessità di Homo oeconomicus) realizzata mediante un ciclico alternarsi di produzione e consumo.
L’economia neoclassica, fondata su un modello epistemologico fortemente riduzionista, descrive e interpreta la realtà come un sistema semplice, composto da un numero limitato di variabili. In questo modo, tuttavia, l’irriducibile complessità del reale viene trascurata: ad esempio, le modellizzazioni dell’economia neoclassica ignorano il fatto che il sistema economico, in quanto costruzione umana, sia un sottoinsieme di un sistema decisamente più ampio e complesso – la biosfera. Con l’introduzione di questo elemento, il modello fisico riduzionistico si rivela insufficiente: la biosfera, infatti, è un sistema complesso che ha una direzionalità temporale, che evolve storicamente, e che non può sottrarsi alla seconda legge della termodinamica, l’entropia, la quale descrive l’irreversibilità dei processi termodinamici e l’inevitabile degradazione qualitativa a cui va incontro qualsiasi forma di energia immessa in un sistema chiuso.
Tra i primi a rendersi conto della fallacia teorica del sistema economico neoclassico vi fu Nicholas Georgescu-Roegen (1906-1994), matematico romeno, considerato l’ideatore della bioeconomia e il precursore dell’odierna economia ecologica. “Ritorno al futuro”, il podcast de Il Bo Live che racconta la storia dell’economia ecologica, prende le mosse dalla storia e dalle idee di questo personaggio, da cui tutto è iniziato, per capire come affrontare il futuro e le crisi ecologiche e sociali che abbiamo davanti. E, per tracciare un ritratto del pensiero di Georgescu-Roegen, abbiamo chiesto aiuto a uno dei suoi ultimi allievi: Kozo Mayumi, professore al Kyoto College of Graduate Studies for Informatics.
Complessità: la freccia del tempo e l’entropia
La critica di Georgescu-Roegen muove da una vera e propria rivoluzione teorica: il superamento dell’impianto fisico newtoniano, meccanicistico e atemporale, e l’assimilazione, all’interno del pensiero economico, delle più moderne teorie dell’evoluzione biologica e della termodinamica. L’applicazione di queste teorie implica il riconoscimento della sostanziale irreversibilità dei processi che muovono la ‘macchina’ dell’economia: la seconda legge della termodinamica, ad esempio, contraddice l’idea secondo cui i processi economici sarebbero reversibili, poiché l’energia immessa in un sistema chiuso non può sfuggire a una progressiva degradazione qualitativa, avvicinando lentamente il sistema stesso all’entropia.
Inoltre, Georgescu-Roegen formula una quarta legge della termodinamica. Secondo la sua prospettiva, la progressiva tensione all’entropia interessa non solo l’energia, ma anche la materia: tutte le attività umane sono realizzate prelevando dalla biosfera risorse a bassa entropia e dissipando nell’ambiente le stesse risorse in forma degradata, con un livello di entropia maggiore. Poiché, dal punto di vista della materia, la biosfera – di cui l’economia umana non è che una parte – è un sistema chiuso, l’applicazione di questa quarta legge termodinamica impone un limite superiore alla crescita economica, limite che è determinato dall’esaurimento delle risorse e dalla saturazione della capacità dell’ambiente di sopportare carichi crescenti di rifiuti ed emissioni.
Questa condizione, fondamentale per un processo – come quello economico – totalmente incentrato sulla produzione di beni, è stata sistematicamente ignorata dai teorici dell’economia neoclassica. Si è agito, al contrario, come se le risorse a nostra disposizione fossero infinite, e come se gli scarti delle attività umane non lasciassero tracce della propria esistenza. Allo stesso modo, l’economia neoclassica ha trascurato l’importanza della seconda legge della termodinamica per comprendere il funzionamento del sistema economico: ignorando, in altri termini, che ogni azione implica una trasformazione di energia e materia che quindi fa aumentare l’entropia del sistema, si è agito come se l’attuale stato di cose potesse perpetuarsi in eterno.
L’orizzonte del futuro
«Una differenza sostanziale che separa l’economia convenzionale dall’economia ecologica è l’orizzonte temporale considerato», sottolinea Mayumi. «Mentre, infatti, la prima tiene conto di un futuro piuttosto a breve termine, che non supera i pochi decenni, l’economia ecologica rivolge una grande attenzione alle questioni intergenerazionali. Si tratta di un salto teorico essenziale: Georgescu-Roegen, nella sua opera The Entropy Law and the Economic Process del 1971, fu il primo ad affermare che l’economia dovrebbe occuparsi della tutela della specie umana, senza alcun limite temporale».
«L’economia neoclassica applica un forte ‘tasso di sconto’ alla tutela del benessere delle generazioni future, che viene sacrificato in favore del benessere presente. L’economia ecologica, al contrario, introduce nei propri calcoli il costo – crescente nel tempo – dell’esaurimento delle risorse naturali», riconoscendo dunque alle generazioni future il diritto a un risarcimento che compensi l’eredità di un mondo più inquinato e impoverito.
Vignetta creata da Lorenza Luzzati
Una rivoluzione epistemologica
La differenza epistemologica che sussiste tra l’approccio mainstream e l’economia ecologica genera due visioni del mondo profondamente differenti: «Secondo l’astrazione dell’economia neoclassica – mette in luce Mayumi – il processo economico si snoda in una dimensione atemporale, ed è dunque reversibile; le variabili in azione possono essere sempre controllate, e il processo stesso è considerato circolare, cioè privo di impatti sull’ambiente, nonostante faccia uso di risorse esauribili.
L’economia ecologica, al contrario, ribalta questa prospettiva: il processo economico è descritto come irreversibile, poiché è inserito in una dimensione storica in cui gli eventi, una volta realizzatisi, non possono essere modificati. La teoria economica, inoltre, non è in grado di predire quanto accadrà nel futuro; infine, è riconosciuta l’irrealizzabilità di un processo economico interamente circolare, almeno dal punto di vista dell’energia (come dimostrato dalla seconda legge della termodinamica)».
Incommensurabilità di valori
Un’altra grande innovazione introdotta dai teorici dell’economia ecologica è il concetto di incommensurabilità. Il riduzionismo dell’economia convenzionale investe ogni aspetto del reale: ad ogni processo e ad ogni prodotto viene assegnato un valore monetario, al quale ogni altro aspetto viene ridotto. Questo approccio è alla base di discutibili soluzioni economicistiche all’attuale crisi ambientale, come la compravendita di quote di emissioni e altre misure di fiscalità ambientale. L’economia ecologica mette in discussione questo approccio riduzionista, ponendo l’accento sul fatto che non tutto può essere ridotto al suo valore economico: alcune realtà – ad esempio, le dimensioni economica, sociale e ambientale – possiedono valori che sono tra loro incommensurabili.
«Tutto questo – nota il professore – ha profonde implicazioni di natura politica: questo, a mio avviso, è il principale contributo teorico che Georgescu-Roegen ha apportato non solo all’economia ecologica, ma al pensiero economico in generale». Il portato di un simile cambiamento di paradigma è che tutte le decisioni, politiche e non, richiedono un ampio dibattito, che sia in grado di accogliere una pluralità di istanze. Infatti, è ormai chiaro come non esista un’unica soluzione ‘tecnica’ che possa risolvere in modo ottimale i problemi ecologici e sociali sollevati dal cambiamento climatico e dalle crescenti diseguaglianze.