UNIVERSITÀ E SCUOLA

Poveri a scuola: gli Stati Uniti si scoprono diseguali

L’83% di studenti di scuola pubblica a Meridian, la sesta città più popolosa del Mississippi, vicino al confine con l’Alabama, ha diritto al pranzo in mensa gratuito, o a prezzi fortemente scontanti. Un’indicazione del fatto che questi ragazzi provengono da famiglie in difficoltà economica se non addirittura povere. La media statale è del 71%. Fino a qualche anno fa, questi numeri così preoccupanti erano perlomeno rappresentativi solo di una minoranza di scuole americane, concentrate in particolare nel sud del Paese, quella Bible Belt in cui, tra le altre cose, si fa ancora molto sentire l’eredità della segregazione razziale (gli studenti di Meridian sono per l’86% afro-americani). Più di recente, però, anche se il Mississippi continua a guidare questa classifica così poco prestigiosa, il resto degli Stati Uniti pare si sia avviato sulla stessa strada, con conseguenze profonde e di lungo periodo non solo per gli individui coinvolti ma per la società americana tutta. 

Secondo gli ultimi dati del National Center for Education Statistics, elaborati dalla Southern Education Foundation, nel 2013 la maggioranza netta, ovvero il 51%, di tutti gli alunni di scuola pubblica in America rispondeva alla definizione “a basso reddito” (i pranzi gratuiti vengono distribuiti tra i ragazzi le cui famiglie hanno un reddito corrispondente al 135% della soglia di povertà, che nel 2013 si traduceva in meno di 19.669 dollari per un minorenne che vive con un solo adulto. I pranzi a prezzo ridotto vanno invece a quelli con un reddito familiare di meno del 185% della soglia di povertà, ovvero meno di 29.991 dollari nel 2013). 

Si tratta naturalmente di un calcolo effettuato a livello nazionale, con il rapporto tra studenti più e meno agiati che varia di stato in stato. Il numero di ragazzi con difficoltà economiche è però ormai alto ovunque: più del 50% del totale in 21 stati e tra il 40% e il 49% in altri 19. Gli Stati Uniti meridionali e occidentali continuano a rappresentare l’epicentro di questa epidemia: dei 21 stati dove la maggioranza degli studenti sono poveri 13 si trovano nel sud e sei all’ovest. Nel resto del paese, Delaware, West Virginia, Indiana, Illinois, persino il ricco stato di New York, presentano ormai un profilo simile, con circa la metà degli alunni di scuola pubblica che provengono da famiglie a basso reddito. 

Non è stato sempre così. I numeri sono andati progressivamente peggiorando negli ultimi 25 anni, in parte a causa dell’accresciuta disuguaglianza economica. Nel 1989, ad esempio, i figli di famiglie disagiate rappresentavano solo il 32% di tutti gli studenti della scuola pubblica. Al 2000, questo tasso era ancora sotto il 40%. Poi è arrivata la grande recessione a rendere il gap tra i ricchi e i poveri più estremo e, al 2011, la percentuale ha toccato quota 48%, arrivando poi a superare la soglia del 50% nel 2013. In un rapporto pubblicato sempre dalla Southern Education Foundation quell’anno, si scriveva: “Con differenze enormi e persistenti nella qualità dell’istruzione, le scuole nel Sud e di tutto il paese corrono ora il rischio di diventare sistemi educativi immutabili e inadeguatamente finanziati che contribuiscono solo a far aumentare la divisione che esiste in America tra chi ha e chi non ha e a mettere in pericolo il futuro della nazione tutta”. 

La situazione si è fatta talmente difficile che 13 stati e il distretto di Columbia hanno cominciato addirittura a servire la cena gratuita a scuola, per tutti quei ragazzi che hanno i genitori che lavorano fino a tardi e a casa hanno il frigorifero vuoto. 

Nonostante questi sforzi, però, il sistema di finanziamento delle scuole pubbliche in America continua a dirottare più risorse su quelle che si trovano nei quartieri ricchi e meno su quelle che si trovano nelle aree disagiate, nonostante le ultime debbano fare fronte a ragazzi che non godono del sostegno familiare su cui solitamente possono contare quelli della classe media o benestanti, delle lezioni di piano, di danza, degli insegnanti di ripetizione e via dicendo, e che, generalmente, hanno problemi personali spesso complessi, che si riflettono anche in una certa difficoltà di apprendimento.  “Non stiamo fornendo alle scuole e agli insegnanti gli strumenti che servono a educare gli alunni dal reddito basso, nonostante questi stiano diventando una parte sempre più cospicua della popolazione studentesca”, ha dichiarato al New York Times Steve Suitts, vicepresidente della Southern Education Foundation.

Per costoro, che sin dall’infanzia sono privati di opportunità sia a casa sia a scuola, la strada della vita è tutta in salita e le possibilità di riprendersi da più grandi sono scarse. Numerosi studi mostrano come sia le abilità cognitive sia quelle non-cognitive, ad esempio la perseveranza e la creatività, si sviluppano nei bambini in tandem con il reddito dei genitori. Di conseguenza, anche il successo nella propria carriera scolastica e accademica, e poi in quella professionale, è determinato già in tenera età dallo status socio-economico della famiglia di provenienza. Gli autori di uno studio in proposito pubblicato nel 2011, Markus Jantti e Robert Erikson dell’Università di Stoccolma e Timothy Smeeding di University of Wisconsin-Madison, scrivono: “Le coppie più altamente istruite e più ricche, in cui entrambi i genitori lavorano e che si trovano ai livelli più alti della piramide socio-economica fanno figli più in là nella vita e all’interno di relazioni stabili. Il risultato è che hanno meno figli sui cui possono investire le proprie numerose risorse. Al contrario, i genitori giovani, meno istruiti, con livelli più bassi di reddito e un numero maggiore di figli, come anche i genitori single o quelli che sono in relazioni instabili, hanno più limitazioni quanto alla capacità di garantire una buona vita per i propri figli”. I quali finiscono per andare peggio a scuola, per poi abbandonare gli studi prima di andare all’università, e quindi ritrovarsi in impieghi peggio pagati, dando vita a un circolo vizioso che si intensifica di generazione in generazione, e che trasforma la terra delle opportunità, come amano definirsi gli Stati Uniti, in una palude di sabbie mobili.

Con oltre il 50% di studenti di scuola pubblica oggi che appartengono a questa categoria a rischio e, al momento, senza un programma di pronto intervento per interrompere questa spirale di povertà, questo paese farebbe meglio a cominciare a preoccuparsi della direzione presa e di dove lo porterà anche solo nel corso dei prossimi 20 o 30 anni.  

Valentina Pasquali

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