SCIENZA E RICERCA
La scienziata della lotta all'aviaria vola negli Stati Uniti
La virologa Ilaria Capua. Foto: Massimo Pistore
E così alla fine Ilaria Capua va in America: oggi, 16 giugno, la virologa di fama internazionale si trasferisce dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie di Legnaro all’università della Florida, dove dirigerà un centro di eccellenza dedicato agli studi sulla cosiddetta One Health, ovvero alle interconnessioni tra la salute umana, quella animale e l’ambiente. “Si tratta di vasi comunicanti, che vanno compresi e trattati insieme – spiega Ilaria Capua –. Prendiamo ad esempio il virus Zika: mentre si studia una cura andrebbero allo stesso tempo contrastati i vettori. Una lotta efficace contro la proliferazione delle zanzare è possibile e può limitare le conseguenze patologiche (che sembrano comprendere anche la microcefalia per i neonati ndr) non solo di Zika, ma anche della malaria e della Dengue”.
Un approccio interdisciplinare innovativo che la virologa all’inizio avrebbe voluto realizzare proprio a Padova, se nel 2012 un concorso di schermaglie politiche locali e di impedimenti burocratici non avesse fatto definitivamente tramontare il progetto, nonostante ci fossero già i finanziamenti. Un fallimento da cui è scaturita la decisione di entrare in politica nelle file di Scelta Civica, il movimento creato da Mario Monti, con il quale nel 2013 la ricercatrice viene eletta alla Camera dei deputati. Un’esperienza agrodolce appena conclusa da lei stessa descritta con ironia nel libro L’Abbecedario di Montecitorio: “Speravo di contribuire a portare le ragioni della scienza nella ‘stanza dei bottoni’ – spiega oggi Ilaria Capua –. In realtà i poteri di un parlamentare sono molto diversi da quello che uno si immagina. La scienza poi oggi sembra interessare ben poco, in particolare in Italia”. Una fase oggi chiusa senza pentimenti: “Mi sento comunque arricchita, come se avessi imparato il cinese – scherza la scienziata –. Adesso comprendo alcune cose che prima non sapevo, ad esempio che anche la politica ha i suoi tempi e le sue ragioni. E che se gli scienziati talvolta non sono bravi a comunicare non si può sempre dare la colpa ai cittadini o ai politici”.
Un’esperienza, quella parlamentare, che nel 2014 è stata funestata dal coinvolgimento in un’inchiesta giudiziaria assieme a decine di altre persone per accuse pesantissime, tra cui quella di aver addirittura cercato di provocare un’epidemia di aviaria. Una ricostruzione che ha destato subito molti dubbi nella comunità scientifica e che negli ultimi tempi sembra definitivamente essersi sgonfiata, ma che ha avuto l’effetto di minare la credibilità di una scienziata nota, in Italia e all’estero, soprattutto per il suo impegno a favore della trasparenza dei dati. Quanto ha pesato la vicenda giudiziaria nella decisione di andare via? “Certamente in maniera significativa: dopo due anni non volevo continuare ad essere un’‘anatra zoppa’ per chissà quanto altro tempo. Ho deciso quindi di non aspettare la conclusione dell’inchiesta e di vivere la mia vita usando il tempo che mi rimane per quello che più mi piace: fare ricerca. Certo con un costo enorme dal punto di vista personale perché lascio in Italia parte della mia famiglia, i miei amici e una città che mi ha accolto e in cui sono stata bene: Padova, che rimane comunque la mia casa”.
Ora, oltre a fare ricerca, dopo una vita passata nei laboratori la scienziata riuscirà finalmente anche a trovare il tempo per insegnare: “Giunta alla soglia dei cinquant’anni ho voglia di restituire ai giovani tutto il bagaglio di conoscenze che ho potuto accumulare, per questo due anni fa avevo ottenuto l’abilitazione per insegnare microbiologia all’università. Purtroppo, sicuramente anche a causa dell’inchiesta, nessuno in Italia mi ha chiamato”. Tra le altre cose la scienziata terrà anche un corso sulla leadership femminile in salute globale, nelle quali ormai “sono donne maggior parte degli studenti, che in media si laureano anche prima e con voti migliori, ma fanno ancora troppa fatica a raggiungere le posizioni di vertice. Un incredibile spreco di risorse, anche per il sistema che investe così tanto nella loro formazione”.
Ilaria Capua tornerà un giorno in Italia? “Ultimamente ho imparato a non fare programmi troppo a lungo termine. Tutto può essere: di certo avrò sempre un occhio di riguardo per quello che rimane il mio Paese. Parto anche per costruire ponti per le istituzioni e i ricercatori italiani interessati a collaborare o a trascorrere un periodo di formazione negli Stati Uniti”. La scienziata ha grandi aspettative in particolare nei confronti dell’università di Padova: “Anche il rettore Rosario Rizzuto proviene dal mondo della ricerca e capisce il valore dell’internazionalizzazione e della circolazione delle idee, al di là dei luoghi comuni sulla ‘fuga di cervelli’. Il mio motto è: vendo la pelle ma non lo scalpo. Parto ma la mia testa rimarrà sempre italiana”. In bocca al lupo Ilaria Capua, e speriamo sia un arrivederci.
Daniele Mont D’Arpizio