CULTURA

"Sei l’anima della mia anima, l’ultima forza che mi resta"

“Come hai fatto a entrare così a fondo nella mia vita? Sei d’una sicurezza in quello che fai incredibile, e sei venuta con quella poesia”. Nell’estate del 1966 Giuseppe Ungaretti si reca in Brasile, accogliendo l’invito a tenervi alcune conferenze ma soprattutto con lo scopo di rivedere a San Paolo la tomba del figlio Antonietto, morto nel 1939, a soli nove anni, in seguito a un’appendicite mal curata. Al termine di un incontro con il pubblico, una giovane donna gli si avvicina per stringergli la mano e affidargli alcuni suoi versi da valutare: è la ventiseienne Bruna Bianco, originaria delle Langhe e trasferitasi con la famiglia in Brasile a sedici anni. Bruna è laureata in Giurisprudenza, lavora nell’amministrazione della ditta del padre che produce spumanti e ha una passione per la poesia. Quell’incontro cambia la vita della ragazza e del poeta. I due iniziano a scriversi e ad amarsi, principalmente a distanza, riuscendo però a organizzare alcuni incontri tra Brasile e Italia. Ungaretti si scopre innamorato, con un cuore rinnovato, e assume volentieri anche il ruolo di precettore dell’aspirante poetessa. “A dirti la verità, quando sei andata via e l’ho letta, m’è parsa inutile – scrive, riferendosi alla poesia affidatagli da Bruna - C’era un’enfasi, c’era un metro in disuso, non so cosa c’era che mi urtava. L’ho ripresa poi a leggere, e vi ho scoperto una grazia, un’onestà, il modo raro di indovinare il peso, la qualità, la novità, qui e là dei vocaboli, e mi ha toccato, d’improvviso mi ha toccato il sentimento, il dono vero che offre solo la buona poesia, quel dono che illuminava l’ingenuità di quelle strofe un po’ antiquate, che illumina tutto quello che fai”. E sempre in questa lettera, una delle prime, datata settembre 1966, senza riuscire a trattenere l’emozione esplosiva di questo sentimento nuovo e guaritore, il poeta si lascia andare a una dichiarazione che riassume il senso di un intero epistolario: “[…] Sei l’anima della mia anima, l’ultima forza che mi resta, l’ultima mia poesia, la vera, l’unica vera”.

Le quasi quattrocento lettere, custodite per cinquant’anni dalla stessa Bruna, sono state ora raccolte nel libro Lettere a Bruna (Mondadori), curato da Silvio Ramat, poeta, saggista e professore emerito dell'università di Padova, dove ha insegnato Letteratura italiana contemporanea dal 1976 al 2014. Sono lettere inedite, scritte su fogli bianchi che Ungaretti si faceva consegnare una volta arrivato in uno degli alberghi delle tante città che visitava e che riempiva sfruttando ogni spazio: “Con i suoi famosi inchiostri verdi, cominciava scrivendo a caratteri larghi, lasciando molti margini. Quando però arrivava alla fine della carta aveva ancora molte cose da dire e allora ritornava sul foglio e riempiva i margini – spiega Ramat -. La sua scrittura è piuttosto chiara, la difficoltà dell’edizione stava nel riuscire a sistemare queste note ai margini nel punto giusto. Nelle lettere, poi, ci sono cancellature che abbiamo deciso di lasciare, segnandole con un trattino”. E continua: “Ungaretti è autentico e sincero, a volte violento e severo nel giudizio verso gli altri: visto che questi giudizi non avevano alcuna incidenza nel quadro dell’amore tra lui e Bruna, ho scelto di eliminarli lasciando dei puntini che indicano le omissioni, in verità non molte”.

“Scrivimi tutti i giorni. Se non scrivi, sono come una bestia in gabbia. Anch’io ti scriverò tutti i giorni. [in cima al primo foglio] Guai a te se smetti di scrivere poesia. Non saprei più scriverti, amore” (Roma, il 25/7/1967)

“La poesia è l’altra faccia dell’amore tra i due. Parlare d’amore e parlare di poesia è la stessa cosa. Un poeta deve essere sempre innamorato e Ungaretti è stato un uomo che ha amato molto. Non esistono epistolari paragonabili a questo, ma nella sua vita ci sono state molte fiamme. L’eccezionalità di questo carteggio sta nel fatto che qui l’ormai anziano Ungaretti si innamora di una giovane donna e questo amore viene corrisposto – racconta Ramat -. Questo rapporto epistolare supera anche il compimento degli ottant’anni del poeta, un compleanno che viene celebrato con molti onori e gloria, come giusto riconoscimento della propria grandezza. In questo scenario si sistema un amore che gli rinnova il cuore, tanto che, citando un complimento che gli viene fatto, Ungaretti fa riferimento alla sua età definendola ‘quattro volte venti’: è un ventenne che si moltiplica per quattro, e questo proprio grazie a Bruna che in lui ha risvegliato anche il piacere per la poesia, abbandonata da alcuni anni. Non fu un amore da poco, fu un amore intenso capace di attraversare gli oceani”.

Bruna pretende lettere d’amore, Ungaretti lo sa e la accontenta con piacere riuscendo comunque ad affrontare, attraverso questi suoi scritti, altri temi importanti e riflettendo su arte, letteratura, società e persino religione. “Se mi avessero proposto di curare un epistolario pieno esclusivamente di ‘ti amo’ e ‘ti bacio’, non avrei accettato – commenta Ramat – Invece, in queste 377 lettere, Ungaretti coglie l’occasione per riparlare di sé, della sua vita, del mondo conosciuto, del suo essere poeta. La senilità comporta una retrospettiva a largo raggio: per esempio, in una lettera scritta pochi giorni prima del Natale del 1966 Ungaretti ricorda l’uscita, cinquant’anni prima, de Il Porto Sepolto, il momento più alto della sua vita di poeta. Per il lettore questo è un passaggio interessante”. Ad attraversare la raccolta è anche il tema del paesaggio e le città, da Venezia a Roma, da Londra a Parigi, e ancora Tel Aviv e Gerusalemme. Sono viaggi reali e dell’anima che danno voce al sentimento della coppia, accompagnando e confortando nei periodi di lontananza, nel tempo sospeso dell’attesa del prossimo incontro: “Ungaretti descrive la bellezza di Roma per convincere Bruna a raggiungerlo. Ne esalta la luce, il cielo. Allo stesso modo, le lettere di Bruna risultano particolarmente belle e gradite proprio quando lei a sua volta descrive San Paolo, la luce di paesaggi che Ungaretti aveva conosciuto, avendo vissuto in Brasile per anni. Ungaretti esprime addirittura la volontà di realizzare una antologia dedicata al paesaggio con brani tratti dalle proprie lettere e da quelle di Bruna”. L’amore tra i due è vero e intenso, dura oltre tre anni riuscendo a superare gli ostacoli dovuti alla distanza e, soprattutto, all’enorme differenza di età, di cui Ungaretti è assolutamente consapevole “tanto da far spesso riferimento alla demenza d’amore, per sottolineare questo suo modo di intendere il sentimento, al di là della regolarità e della logica”.

“Certo, Bruna, che t’amo, e con quale smisurata demenza” (Roma, il 28/9/1966)

“Cinquantadue anni di differenza sono tanti. Ungaretti sa che Bruna farebbe bene a cercarsi un uomo più giovane, però la vuole per sé e sente di appartenerle – commenta Ramat, che incontra Bruna in più occasioni, in Liguria, avendo così modo di ascoltarne i racconti e conoscerne a fondo i sentimenti -. I due continuano ad amarsi fino al brusco punto di rottura, all’interruzione poco chiara del carteggio. Tutto faceva pensare addirittura a un matrimonio tra i due: lui aveva preparato le fedi nuziali e anche Bruna era d’accordo, perché anche per lei fu amore vero”. I due discutevano anche dell’organizzazione pratica di una futura vita insieme, del tempo da trascorrere in Brasile e di quello da dedicare all’Italia. E tutto questo nonostante le rispettive famiglie nutrissero riserve a riguardo. La loro relazione si interrompe all’improvviso, forse proprio a causa dell’opposizione dei familiari.

“Amore mio, Ti amo. Come fare a legarci per la vita? Lo farei. Ma ci sono molte cose che mi trattengono, l’unica davvero importante, la troppa età. A presto, Amore. Ti bacio con tutta la mia speranza e la mia disperazione” (30/X/1968, sul margine sinistro del foglio)

“Amore mio, non considerarti in alcun modo vincolata a me, se la tua gioventù, com’è giusto, ti suggerisse migliore soluzione” (Roma, il 19/2/1969)

Nel 1969, per Natale, Bruna riceve Il dolore, nella stessa edizione di lusso donata da Ungaretti a Paolo VI. Il regalo è accompagnato da una dedica: “Per Bruna indimenticabile. Buon Natale, buon Anno. Ungà”.  E nel colophon: “L’amore mio per te arde sempre, sotto la cenere”. A fine dicembre dello stesso anno, Bruna telefona a Ungaretti per sapere perché lui non risponda più alle sue lettere: lui non capisce a quali lettere lei si riferisca, quasi non le avesse mai ricevute, e le chiede di raggiungerlo negli Stati Uniti dove dovrà recarsi per ritirare il premio internazionale della rivista Books Abroad. A causa di gravi problemi familiari e di lavoro, Bruna non potrà accogliere l’invito e questo segnerà la fine del loro amore.

“Ecco caro amore mio, tutto. Ti penso sempre, ti amo. Ti bacio. Il tuo Unga” (Parigi, il 14/4/1969)

Francesca Boccaletto

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