SCIENZA E RICERCA

Ska, il telescopio dai mille occhi

Non se n’è parlato molto: qualche articolo su giornali nazionali e locali, qualche servizio in tv. Eppure la decisione che verrà presa il 29 aprile dai responsabili governativi del progetto Ska potrebbe consacrare formalmente Padova come uno dei massimi centri di riferimento dell’astrofisica mondiale. A fine mese, i rappresentanti dei governi degli undici Stati che partecipano a Ska, che ha come obiettivo la costruzione del più grande network di radiotelescopi della Terra, sceglieranno la città dove avrà sede il centro operativo, il “quartier generale” da cui verrà coordinata la colossale struttura organizzativa e scientifica del progetto. Due i candidati: Manchester (cui attualmente fa capo la sede provvisoria, presso il Jodrell Bank Observatory) e Padova. Una tappa delicata e decisiva di un’idea nata una dozzina di anni fa, e che ha visto undici nazioni (Italia più India, Cina, Sudafrica, Canada, Australia, Germania, Regno Unito, Svezia, Nuova Zelanda, Paesi Bassi), insieme ad altri Stati-partner minori, immaginare insieme una delle maggiori sfide scientifiche del prossimo decennio, i cui costi, per la sola prima fase (da completare intorno al 2023), si avvicinano a un miliardo di euro. Per la seconda fase, da chiudere entro il 2030, i costi aumenterebbero notevolmente. 

Ska (Square Kilometre Array) si basa sul crescente successo dell’interferometria radioastronomica. Per captare le onde radio provenienti dall’universo, ai grandi radiotelescopi che, con un’unica enorme antenna parabolica, sono in grado di registrare segnali molto deboli e lontani, si sostituisce un insieme di apparecchi più piccoli collegati fra loro, antenne di dimensioni modeste che però sono disseminate, in numero elevatissimo, in un’area molto vasta. Ska prevede la costruzione di migliaia di antenne (in parte a parabola, in parte a dipolo) che verranno dislocate in Sudafrica e in Australia (con una successiva estensione ad altri otto Paesi dell’Africa meridionale), entro un’area complessiva equivalente a un chilometro quadrato. Questa tecnica permetterà di ottenere uno strumento 50 volte più sensibile e 100 volte più rapido del più grande radiotelescopio oggi esistente. Con un simile dispositivo è difficile anche soltanto figurarsi la mole di dati che si otterrà per cercare risposte ai grandi enigmi dell’astronomia, come la formazione delle stelle e dei buchi neri, i campi magnetici spaziali, la mappatura delle galassie. Un progetto cruciale che, come spiega il direttore dell’Osservatorio di Padova Massimo Turatto, ha in più il vantaggio di essere complementare alle poche altre iniziative di dimensioni e valore analoghi che si stanno realizzando nel campo dell’osservazione celeste, come l’Extremely Large Telescope europeo che sorgerà nel deserto di Atacama, in Cile, e disporrà di una parabola di 39 metri di diametro. Ma Ska porterà anche progressi che influenzeranno la vita di tutti i giorni: le tecniche per ricevere, trattare e immagazzinare un tale fiume di dati (l’ordine di grandezza è comparabile all’intero traffico Internet attuale) avranno ripercussioni sulle tecnologie informatiche destinate a diventare patrimonio comune.

Ska in Italia è coordinato e rappresentato da Inaf, l’Istituto Nazionale di Astrofisica, con l’università di Padova come partner fondamentale. La città, dunque, potrebbe presto diventare una delle maggiori “cabine di comando” radioastronomiche del mondo: ma il processo decisionale che ha portato alla seduta decisiva del 29 aprile è stato complesso e ricco di sorprese, ed è necessario, perciò, tenere alta l’attenzione fino all’ultimo. La “finalissima” del 29 è in realtà un secondo turno inatteso; una precedente seduta dei rappresentanti politici dei governi che partecipano a Ska aveva visto un rinvio della decisione, malgrado la relazione dei tecnici, che avevano comparato le due candidature, avesse sottolineato come Padova rispondesse pienamente ai requisiti richiesti. Il Regno Unito, infatti, ha insistito sulla candidatura di Manchester, e l’esecutivo britannico si è fortemente impegnato nel sostenere il progetto. Ma le garanzie finanziarie e logistico-organizzative prestate dal governo italiano, secondo i nostri scienziati, sono ampie e rassicuranti. Manchester gioca il tutto per tutto, con la tattica del prendere o lasciare: i britannici, interpellati formalmente, hanno messo per iscritto che in caso di sconfitta valuteranno se abbandonare il progetto. L’Italia ha una posizione meno drastica, ma ciò che è chiaro è che non verrà accettata alcuna decisione di compromesso, quale potrebbe essere lo smembramento del centro operativo in due poli per soddisfare entrambi i candidati.

La sede offerta da Padova per il quartier generale di Ska è di straordinario prestigio e valore simbolico: un’ala del Castello dei Carraresi di fianco alla Specola, lo storico osservatorio ricavato nel Settecento dalla torre del Castello. La presenza al Castello del centro di coordinamento di Ska, spiega Turatto, comporterebbe la presenza di uno staff permanente composto da almeno un centinaio di scienziati da tutto il mondo e il rafforzamento della comunità internazionale di astronomi che da molti anni gravita intorno all’ateneo padovano e ai suoi studiosi. Sarà un assetto di lungo termine: l’intenzione è che Ska, terminata la fase di costruzione, possa operare per almeno 50 anni. Anche l’indotto, per un progetto di tali dimensioni, potrebbe essere di grande rilevanza: molte imprese del territorio potrebbero essere chiamate a cooperare nella progettazione, se non nella realizzazione, di componenti della strumentazione.

Siamo giunti, quindi, alla scelta della sede strategica. In seguito Ska perfezionerà l’assetto organizzativo, costituendo un ente intergovernativo ad hoc, e inizierà la costruzione della struttura. La città dove insegnò Galileo attende, nella consapevolezza di essere nelle migliori condizioni per affermarsi. Tra pochi giorni sapremo se la Specola, già prigione dei Carraresi, vedrà riaffermato il cambio di ruolo che l’astronomo Toaldo, nell’inaugurarla, le riconobbe con un’epigrafe: da baratro infernale a trampolino per il cielo.

Martino Periti

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