UNIVERSITÀ E SCUOLA

Una vita da Nobel, tra scienza e arte

Si potrebbe dire che la vita di Jean-Pierre Sauvage, insignito del premio Nobel per la chimica nel 2016 assieme a Ben Feringa e Sir James Fraser Stoddart per la progettazione e la sintesi di macchine molecolari, sia stata segnata dall'arte, almeno tre volte, ogni volta in un senso diverso. Nell'infanzia, quando venne cresciuto da una madre jazzista, clarinettista e concertista, e quando venne lasciato dal padre naturale che scelse di inseguire una vita da artista. In giovinezza, quando conobbe la moglie Carmen, studentessa di storia dell'arte e archeologia. In laboratorio, quando scoprì la procedura per creare strutture molecolari dalle proprietà topologiche mai create prima.

Nato a Parigi nel 1944, qualche mese dopo la liberazione degli alleati, Jean-Pierre Sauvage ha sempre considerato quello adottivo come suo vero padre, un militare, esperto di applicazioni radar, con cui viaggiò molto. Dai 5 ai 7 anni frequentò la scuola in Tunisia, allora colonia francese. A 8 anni trascorse sei mesi negli Stati Uniti a Saint Louis, Missouri e altri sei mesi a Denver, Colorado. Tornato in Francia, cambiò 5 scuole. A 15 anni si stabilisce nel nord dell'Alsazia, dove frequenta le scuole superiori e inizia a giocare con le molecole organiche, esercitandosi in cantina a estrarre la clorofilla dalle piante.

A 18 anni si iscrive a una corso speciale per preparare l'ammissione a ingegneria e due anni dopo entra alla scuola di ingegneria chimica di Strasburgo. Era esattamente ciò che voleva, poteva stare nella sua nuova ma già amata città.

Nel 1967 si laurea e vince un dottorato con Jean-Marie Lehn, di soli 5 anni più vecchio di lui, con il quale acquisisce una solida formazione in chimica organica e chimica fisica. La ridotta differenza d'età riduceva al minimo le gerarchie e rendeva l'ambiente di laboratorio estremamente amichevole. Nello stesso anno conosce la moglie Carmen e nel 1971 si sposano. Quattro anni più tardi nasce Julien Clément.

Al termine del dottorato ottiene un posto al CNRS (Centre National del la Recherche Scientifique) nel laboratorio di Jean-Marie Lehn e un postdoc a Oxford dove si specializza nella chimica dei metalli.

Il 1973 viene ricordato per la “crisi energetica” e l'aumento dei prezzi del petrolio. Già quello era un segnale chiaro che occorreva cercare energie alternative e sostenibili. Un progetto allora promettente era quello di separare la molecola d'acqua nelle sue componenti di idrogeno (H2 ) e ossigeno (½ O2) usando l'energia solare. Il rutenio sembrava l'elemento migliore per operare la separazione; purtroppo però era un metallo rarissimo in natura. Nel 1977 pubblica uno dei primi sistemi basati sul rutenio e nel 1980 fonda il suo primo gruppo di ricerca.

Proprio durante gli esperimenti sulla riduzione fotochimica dell'acqua, Jean-Pierre Sauvage scopre che un'ottima alternativa al rutenio è il rame, di cui iniziò a studiare le proprietà fotofisiche con David McMillin della Purdue University in Indiana, che si trovava a Strasburgo per l'anno sabbatico.

Notò che le molecole che otteneva da questi processi chimici avevano caratteristiche topologiche peculiari: attraverso pochi passaggi era possibile ottenere molecole la cui struttura era simile a quella di due anelli incatenati l'uno nell'altro. Queste strutture erano chiamate “catenani”, oggetti verso cui i chimici mostravano un grande interesse, ma che restavano ipotetici, in quanto non erano note procedure sperimentali semplici a sufficienza per generarli e studiarli. Jean-Pierre Sauvage, in modo del tutto accidentale, aveva trovato un modo relativamente semplice per produrli. Si apriva così un bivio davanti a lui: continuare a studiare i fenomeni fotochimici e fotofisici dell'acqua oppure gettarsi a capofitto in un nuovo campo, del tutto inesplorato.

Nel giro di due mesi, con l'aiuto dell'amica e collega Christiane Dietrich-Buchecker (1942-2008), iniziò a produrre i primi catenani e nel 1983 pubblicò il primo articolo su Tetrahedron Letters, una rivista tutto sommato modesta, in cui venivano illustrate alcune strategie per produrre i catenani. Una è quella di dividere un anello molecolare in due semi anelli, ruotarli intorno a un perno atomico di rame, e completare i semianelli con altri due semianelli, in modo da ottenere due anelli incatenati.

Da lì gli studi sono progrediti notevolmente: nel 1986-87 sono stati creati catenani formati da tre anelli, nel 1989-90 il nodo a trifoglio (trefoil knot), nel 1994 il Solomon link, una struttura molecolare a nodo composta da catenani intrecciati più volte. Sir James Fraser Stoddart è arrivato a incatenare insieme 5 anelli che sono stati chiamati Olimpiadani.

Catenani e nodi sono strutture molto comuni in biologia: dal dna alle proteine, passando per alcuni virus il cui capside (l'involucro proteico) ha la struttura di una cotta di maglia. I catenani e i rotaxani (strutture molecolari che sfruttano dinamiche rotatorie) possono anche diventare macchine o motori molecolari, ovvero strutture nanometriche capaci di produrre movimenti lineari o rotatori che possono andare avanti potenzialmente all'infinito senza degradazione. In biologia i movimenti rotatori delle molecole fanno parte di processi fondamentali che stanno alla base della vita, come la sintesi dell'Atp (adenosina trifosfato), il carburante delle cellule. Nel 1999 viene costruita la prima macchina molecolare che fa “piroettare” (in inglese pirouetting) un anello dentro un altro anello e nello stesso anno Ben Feringa costruisce un motore rotatorio mosso dalla luce. Nelle nostre cellule esistono anche molecole come la chinesina che “camminano” lungo i microtubuli. Oggi con un rotaxano si possono costruire dei veri e propri shuttle molecolari.

La bellezza del mondo molecolare nanometrico non ha smesso di affascinare Jean Pierre Sauvage che a partire dagli anni 2000 con il suo gruppo di ricerca all'università di Strasburgo ha iniziato a studiare un sistema molecolare di contrazione e estensione, in una sorta di muscolo artificiale.

“Quando ti consegnano il Nobel hai 10 giorni pieni e non un minuto per rilassarti” ha ricordato in chiusura della lectio magistralis in aula magna. “Il giorno dopo la cerimonia venni invitato a conoscere la famiglia reale, abbiamo avuto una cena intima, ovvero con 50 persone, che sono poche rispetto alle 1300 persone del giorno prima”.

Come ha ricordato Sir James Fraser Stoddart, ospite anch'egli a Padova lo scorso dicembre, le varie tipologie di motori (a vapore, a combustione, elettrico) ci hanno messo diversi anni dalla loro invenzione a diventare parte integrante delle nostre vite. Allo stesso modo le maggiori applicazioni degli studi sulle macchine molecolari verranno con gli anni.

Francesco Suman

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