CULTURA

Jefferson, il mondo nuovo e Palladio

Noi riteniamo che siano di per sé evidenti queste verità: che tutti gli uomini sono creati eguali, che essi sono dotati dal Creatore di certi inalienabili diritti, e che tra questi diritti sono la Vita, la Libertà, e la ricerca della Felicità”. L’autore di queste parole, poste in apertura della Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti, è Thomas Jefferson (1743-1826), uomo politico, intellettuale, cultore dei classici greci e latini, ma anche inventore e botanico esperto, nonché primo architetto americano. Proprio a questo aspetto della sua multiforme attività è dedicata la mostra Jefferson e Palladio: come costruire un mondo nuovo, curata da chi scrive insieme a Guido Beltramini, visitabile fino al 28 marzo 2016 presso il Palladio Museum di Vicenza, con un allestimento di Alessandro Scandurra e atlante fotografico di Filippo Romano.

Il legame con Palladio segna tutta la carriera architettonica di Jefferson, che arriva a definire il grande architetto veneto “the Biblee che battezza la propria residenza Monticello perché nei Quattro Libri (1570) aveva letto che villa Rotonda sorgeva “su un monticello di facilissima ascesa”. Tuttavia Jefferson è molto di più che un semplice epigono di Palladio. Se ne allontana, ad esempio, per cercare soluzioni più adeguate alle esigenze di comfort e privacy del suo tempo, progettando case con corridoi nascosti, passaggi secondari, camini in ogni ambiente e saloni con sporgenze poligonali (bow) aperte verso il paesaggio come “semicerchi di aria e di luce”.

Convinto che il Nuovo Mondo si potesse costruire soltanto attraverso la razionalità e la bellezza, sognatore e insieme pragmatico, Jefferson è l’uomo che più di ogni altro ha contribuito a dare un volto all’identità culturale degli Stati Uniti d’America attraverso l’arte, l’architettura e il disegno del territorio. Per consentire la colonizzazione degli inesplorati territori a ovest delle tredici colonie, ne propone la suddivisione secondo una griglia geometrica a maglie quadrate orientata secondo i meridiani e i paralleli, un reticolo che viene adottato e che ancora oggi dà forma a circa il 75% del territorio statunitense.

È sempre Jefferson, nel 1791, a scegliere il sito su cui fondare la nuova capitale federale, Washington, e a disegnarne il nucleo fondamentale, con un grande percorso naturale verde (il National Mall) a collegare la sede del potere legislativo, il Campidoglio, e la residenza del presidente, la Casa Bianca. Per quest’ultima aveva proposto anche un progetto (irrealizzato) ispirato direttamente alla Rotonda palladiana: un’architettura domestica, poiché i palazzi reali europei erano un modello inadeguato per la residenza di un capo di Stato che non era un monarca, ma un cittadino come tutti gli altri, “Mr. President”. La Rotonda di Jefferson, però, sarebbe stata un’architettura aggiornata alle innovazioni più moderne, coperta da una grande cupola a spicchi di vetro come quella che aveva visto qualche anno prima nella Halle au Blé di Parigi nel corso del suo lungo soggiorno in Europa (1784-1789).

Dalla Francia deriva anche il Virginia State Capitol di Richmond, un edificio che Jefferson modella sull’esempio della Maison Carrée di Nîmes: un antico tempio romano come monumento rappresentativo della nuova democrazia americana. Poco dopo il completamento, il Campidoglio di Richmond diviene il prototipo per molti altri edifici pubblici analoghi eretti in seguito negli Stati Uniti. Jefferson costruisce il linguaggio attraverso cui la giovane nazione si rappresenta, un ruolo che gli viene riconosciuto anche dai contemporanei, come quando, nel 1816, è consultato per una statua di George Washington da erigere nel campidoglio di Raleigh, in North Carolina. Jefferson non ha dubbi: il primo presidente americano va raffigurato come un antico romano, e l’unico scultore all’altezza del compito è Antonio Canova. La statua in marmo scolpita da Canova è allocata nel 1821, ma appena dieci anni più tardi viene distrutta da un incendio. La principale testimonianza autografa rimangono dunque i bozzetti preparatori custoditi presso il Museo Gipsoteca di Possagno, che li ha generosamente concessi in prestito per questa mostra. In questi gessi Washington è progressivamente trasformato da imperatore romano in Cincinnato, il generale repubblicano che una volta portata a termine la missione affidatagli restituisce il potere al popolo.

Il campus dell'università della Virginia a Charlottesville

L’ultimo grande progetto di Jefferson, un progetto sociale, politico e architettonico allo stesso tempo, è la costruzione, nel 1817, dell’università della Virginia a Charlottesville, prototipo del campus universitario moderno. Il cuore del complesso è un grande prato verde, spazio collettivo sul quale si affacciano i dieci padiglioni che ospitano le aule, le residenze degli studenti e la grande biblioteca in forma di Pantheon. Un’idea di comunità e insieme la visione che la diffusione della cultura è l’unico terreno su cui è possibile costruire il futuro della propria nazione.

Fulvio Lenzo

Il Virginia State Capitol a Richmond

 

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