SCIENZA E RICERCA

Ponte di Genova, tra i materiali della ricostruzione anche un additivo sviluppato da Unipd

Ultimi ritocchi per il nuovo Ponte di Genova, ricostruito in seguito al crollo della precedente struttura che il 14 agosto del 2018 provocò la morte di 43 persone. L'inaugurazione è in programma per il 3 agosto alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella: proprio l'auto del capo dello Stato sarà la prima a transitare lungo il viadotto che collega idealmente tutta la città e a partire da mercoledì 5 agosto il ponte sarà poi aperto al traffico.

Nei giorni scorsi sono stati ultimati i test di collaudo con le prove di carico che hanno coinvolto 56 camion, ognuno dei quali con un peso di 44 tonnellate, che sono saliti contemporaneamente sul ponte per metterlo alla prova con 2500 tonnellate complessive di carico. Durante l’intera operazione di collaudo i mezzi pesanti si sono mossi lentamente sul ponte per consentire la stabilizzazione strutturale dell’opera e in alcune fasi sono state eseguite manovre specifiche e simulazioni di frenata. In attesa del taglio del nastro i lavori sono proseguiti con le rifiniture che riguardano pannelli solari, barriere e segnaletica.

Il nuovo viadotto, disegnato da Renzo Piano, prenderà il nome di Genova San Giorgio e alla ricostruzione del ponte, lungo poco più di un chilometro, hanno partecipato 330 aziende, quasi tutte italiane, e la necessità di completare l’opera in tempi brevi ha portato a mettere in pratica il modello fast track, un approccio basato su cantieri che lavorano in parallelo, in maniera integrata. Il ponte dovrebbe essere aperto al traffico a partire dal 5 agosto.

Proprio il fattore tempo è stato uno degli elementi che ha portato alla scelta di un particolare additivo, sviluppato dal Circe dell’università di Padova, tra i materiali utilizzati per la ricostruzione del ponte. Grazie alle proprietà di questo additivo, che è in grado di accelerare fortemente l’idratazione del cemento, il Centro interdipartimentale di ricerca per lo studio dei materiali cementizi e dei leganti idraulici si era già aggiudicato nel 2018 la medaglia d’oro Giacomo Levi, premio assegnato dalla divisione di chimica della Società chimica italiana ad un’attività innovativa che arrivi ad una realizzazione industriale. E adesso le caratteristiche di questo prodotto, sviluppato in laboratorio dal team di ricerca del Circe in collaborazione con Mapei, sono state alla base del suo impiego nei circa 67 mila metri cubi di calcestruzzo utilizzati per il nuovo viadotto.

Per comprendere meglio le proprietà di questo additivo e approfondire come delle nanoparticelle possano avere un’influenza su una struttura imponente come quella del Ponte di Genova abbiamo intervistato il professor Gilberto Artioli, docente del dipartimento di Geoscienze dell’università di Padova e direttore del Circe.

Il professor Gilberto Artioli, spiega le proprietà dell'additivo sviluppato dal Circe dell'università di Padova e scelto tra i materiali per il nuovo Ponte di Genova. Servizio e montaggio di Barbara Paknazar

"Questo materiale - spiega il professor Gilberto Artioli, docente del dipartimento di Geoscienze dell'università di Padova e direttore del Circe - è un additivo che migliora e accelera il processo di idratazione dei cementi ed era stato studiato da lungo tempo nell’ambito di un progetto realizzato in collaborazione con Mapei che lo ha poi prodotto e ingegnerizzato su larga scala. Il ruolo di Circe è stato quello di aver effettuato tutte le prove preliminari per capire i meccanismi di funzionamento e ottimizzare la formulazione del prodotto. Questo additivo è già stato utilizzato, in Italia ma non solo, in diverse applicazioni ed è stato selezionato per la ricostruzione del ponte di Genova perché occorreva terminare i lavori in tempi molto stretti ed è stata quindi considerata la sua capacità di accelerante. Soprattutto nella stagione invernale, senza un accelerante di questo tipo il ponte non avrebbe potuto essere costruito nelle tempistiche stabilite".

Davanti a una struttura imponente come il nuovo ponte di Genova, che nei suoi 1067 metri di lunghezza e 31 di larghezza è sorretto da 18 piloni di cemento armato e possiede 19 campate, realizzate a 40 metri d’altezza, il ruolo delle nanoparticelle nell'influenzare le caratteristiche finali dell'opera può non essere facile da cogliere.

"Quando si pensa ai materiali - approfondisce il professor Artioli - normalmente l’aspetto macroscopico e ingegneristico è quello più visibile e comprensibile da parte delle persone. In realtà bisognerebbe pensare che tutte le proprietà macroscopiche dipendono, alla piccola scala, dalle proprietà degli atomi e delle molecole che le compongono e dalle forze interatomiche. Per questo motivo il compito di uno scienziato dei materiali è proprio quello di capire i meccanismi alla nanoscala, alle scale atomiche, e ovviamente fare sì che questi meccanismi intervengano nel determinare le proprietà alla macroscala, nei progetti delle opere e dei manufatti che vediamo tutti i giorni e che in realtà formano le strutture e le infrastrutture in cui viviamo e l'urbanizzazione che conosciamo quotidianamente. Esiste quindi un legame molto più stretto di quanto non si pensi tra come funziona il materiale alla nanoscala e le proprietà macroscopiche che misuriamo e che si riferiscono agli oggetti finiti. Noi abbiamo prodotto questo materiale studiandolo per diversi anni proprio per far sì che il prodotto possa cambiare le proprietà macroscopiche dei manufatti cementizi partendo dai processi basilari e fondamentali di nucleazione e crescita dei cristalli che formano le forze che determinano poi la resistenza meccanica del cemento. Ecco quindi come delle particelle possono, ad effetto domino, influenzare tutta la struttura e alla fine le proprietà del manufatto che noi misuriamo".

Studi specifici volti a determinare la permeabilità del materiale cementizio hanno poi dimostrato che oltre ad accelerare lo sviluppo di proprietà meccaniche questo additivo ne migliora anche la durevolezza, rendendo la matrice cementizia più impermeabile. E adesso il nuovo ponte di Genova sarà anche l'occasione per studiare il mantenimento alla macroscala delle proprietà che l'additivo ha conferito a campioni di laboratorio.

"Ovviamente - prosegue Artioli - dopo il lavoro che era stato appunto premiato dalla divisione chimica industriale della Società italiana di chimica, noi ci siamo occupati della parte di laboratorio inizialmente, delle prove alla microscala. L’upscaling della produzione industriale è stato naturalmente è stato fatto all’interno dell’industria da Mapei, ma questa è la prima volta in cui il materiale viene applicato ad un manufatto di queste dimensioni e di tale importanza come il nuovo ponte di Genova. Noi studiamo anche le colate, le gettate che sono state fatte del ponte per avere la conferma che il cambiamento di scala mantiene tutte le proprietà che abbiamo previsto alla scala del laboratorio. Quindi ci sarà un’importante conferenza, tra un paio di anni a Milano, in cui presenteremo i dati ottenuti sul materiale fisico del ponte e credo che verrà confermato tutto quello che abbiamo studiato negli ultimi anni".

Un orizzonte che ha caratterizzato la ricostruzione dell'infrastruttura è quello della riduzione dell'impatto ambientale: verso questo obiettivo va l'installazione dei pannelli fotovoltaici che produrranno l'energia necessaria al funzionamento dei sistemi del ponte, come illuminazione e sensoristica. E la tipologia di calcestruzzo utilizzato ha ottenuto la certificazione internazionale CSC che indica la sostenibilità del prodotto. Nello specifico è stato utilizzato un CEM-III/A che prevede la sostituzione di una frazione del 40% di cemento Portland con loppa d’alto forno, un sottoprodotto della produzione di acciaio. Quindi in linea con i principi dell’economia circolare.

La sfida di rendere più sostenibile la costruzione di edifici e infrastrutture ha però ancora molta strada da fare. "Anche in questo caso - riflette il professor Artioli - la ricerca è molto più avanti delle applicazioni pratiche che vengono fatte a livello commerciale. In quasi tutto il mondo c’è una grossa enfasi sulla ricerca per trovare materiali più sostenibili rispetto al cemento che ovviamente emette grandi quantità di CO2 nell’atmosfera durante la produzione. Esistono già molti materiali alternativi che sono in grado di garantire le stesse prestazioni del calcestruzzo, sulla base del cemento Portland, ma con l’utilizzo di materiali più sostenibili. In alcuni casi, come in Sudafrica e in Australia, questi materiali sono già utilizzati per costruzioni estese come edifici, strade e ponti. In Europa e in Italia in particolare la legislazione permette soltanto una sostituzione parziale del cemento Portland e quindi siamo limitati dalle normative, ma io credo che nel giro di pochi anni la legislazione debba cambiare e lasciare la possibilità di utilizzare materiali diversi, innovativi e molto più sostenibili, per tutte le infrastrutture che conosciamo".

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