SCIENZA E RICERCA

Radiocarbonio: uno strumento chiave per conoscere il passato della Terra

La datazione dei materiali di origine organica, la cui età non superi i 55 mila anni, ha ormai da tempo uno strumento chiave nel metodo del radiocarbonio. Grazie a questa tecnica, ideata intorno alla metà del secolo scorso dal chimico statunitense Willard Frank Libby, è possibile ricostruire l’età di ossa, legno, vasellame, carta, semi, carbone, tessuti e molti altri materiali organici, offrendo quindi una risorsa estremamente importante per gli studi in ambito archeologico che hanno potuto avvalersi di uno strumento straordinario per la comprensione del passato.

Ma gli ambiti di utilizzo del metodo del radiocarbonio non si fermano qui: la costruzione di curve di calibrazione più accurate sta estendendo le potenzialità di applicazione di questa tecnica che si rivela adesso capace di migliorare la conoscenza dei processi climatici, dell'attività solare, della geofisica terrestre e del ciclo del carbonio. Inoltre potrà aiutare gli scienziati a migliorare le proiezioni del cambiamento climatico.

La scoperta della tecnica valse a Libby l’assegnazione del Nobel per la Chimica nel 1960 e alla base del suo funzionamento c’è il meccanismo di decadimento del carbonio-14, un isotopo del carbonio lievemente radioattivo che, a differenza degli isotopi stabili rappresentati dal carbonio-12 e dal carbonio-13, inizia a diminuire appena un organismo muore (momento in cui cessano i processi di scambio di carbonio con l’atmosfera) e ciò accade con un processo di cui conosciamo con precisione i tempi. Per questo motivo misurando la quantità di carbonio-14 ancora presente in un campione di origine organica è possibile stabilire l’età della morte dell’organismo a cui è appartenuto.

Uno degli esempi più celebri di applicazione di questa tecnica riguarda la Sindone di Torino che nel 1988 fu analizzata da tre laboratori (Tucson in Arizona, Oxford e Zurigo). I risultati, poi pubblicati su Nature, stabilirono che il lenzuolo risale a una data compresa tra il 1260 e il 1390 e aprirono un ampio dibattito tra la maggioranza della comunità scientifica e i sostenitori dell'autenticità del telo che, secondo la tradizione religiosa, sarebbe quello con cui è stato sepolto Gesù. 

Passando ad applicazioni senza dubbio più mondane l'analisi al radiocarbonio ha permesso di svelare anche il fenomeno delle frodi del whiskey. Il meccanismo consisteva nell'immettere sul mercato bottiglie contraffatte che venivano fatte passare come molto più antiche di quanto non lo fossero realmente, con l'obiettivo di venderle a prezzi gonfiati. 

Recentemente un articolo pubblicato su Science si è soffermato sui progressi che hanno permesso la costruzione di migliori curve di calibrazione del radiocarbonio e su come la tecnica possa adesso costituire uno strumento fondamentale per comprendere la storia del clima terrestre, del campo magnetico e dell'attività del Sole.

Tim Heaton, autore principale e docente alla School of Mathematics and Statistics dell'università di Sheffield, ha affermato al magazine dell'ateneo britannico che "gli ultimi anni hanno visto una rivoluzione nella nostra capacità di costruire registrazioni dettagliate dei livelli di radiocarbonio del passato, portando a nuove intuizioni nella cronologia degli eventi climatici, cambiamenti nell'attività del Sole, ciclo del carbonio e flussi nei livelli di anidride carbonica". 

Abbiamo approfondito il metodo della datazione al radiocarbonio e i suoi recenti sviluppi insieme a Gilberto Artioli, professore del dipartimento di Geoscienze dell'università di Padova e direttore del Centro interdipartimentale di ricerca per lo studio dei materiali cementizi e dei leganti idraulici, che ci ha anche illustrato un esempio di applicazione di questa tecnica all'interno del dipartimento. 

Il professor Gilberto Artioli approfondisce la tecnica del carbonio-14, i suoi recenti sviluppi e le applicazioni all'interno del dipartimento di Geoscienze dell'università di Padova. Servizio, riprese e montaggio di Barbara Paknazar

La tecnica delle datazioni al radiocarbonio

"Il metodo del radiocarbonio - introduce il professor Gilberto Artioli del dipartimento di Geoscienze dell'università di Padova - è una tecnica conosciutissima per datare materiali organici nell'ambito dei beni culturali, archeologia, storia dell’arte, ma anche geomorfologia e scienze della Terra. E’ importante perché permette di collegare in una sequenza temporale i reperti, i sedimenti o i materiali sotto analisi e permette di capire i processi, ad esempio quando sono vissuti certi organismi".

I limiti temporali di applicazione di questa tecnica si collocano intorno a 50-55 mila anni, a volte si può arrivare a 60 mila. "Questo dipende proprio dalla tecnica in sé che si fonda sul decadimento radioattivo del radiocarbonio. Il radiocarbonio si forma in atmosfera attraverso i raggi cosmici che provengono specialmente dal Sole: in questo modo l’azoto 14 si trasforma in radiocarbonio che è radioattivo e, dopo la morte dell'organismo, decade con una vita media di 5700 anni. Ogni 5700 anni il contenuto del radiocarbonio si dimezza e dopo 50-60 mila anni non è più misurabile perché l’attività è troppo bassa. Se prendiamo, ad esempio, un sedimento come un carbonato risulta spento dal punto di vista del radiocarbonio perché non contiene nessuna attività. La tecnica serve quindi per datare i materiali che contengono carbonio, in particolare quelli organici, e che sono più giovani di 55-60 mila anni fa", approfondisce il docente spiegando che davanti a materiali più antichi è possibile solo stabilire che risalgono a oltre 50 mila anni fa. 

L'introduzione della tecnica e gli sviluppi della spettrometria di massa con acceleratore

"La tecnica si è sviluppata negli anni ’50 grazie a Libby che ha poi vinto il Nobel per questa scoperta - ricorda Artioli - e ha cambiato radicalmente il modo di vedere l’archeologia e di mettere in contesto gli oggetti. E’ quindi fondamentale e importantissima. Nei primi decenni c’erano però problemi di calibrazione ed era ancora necessario capire esattamente la metodologia, si misurava l’emissione beta, cioè gli elettroni dal radiocarbonio, e le misure erano anche poco precise".

Il metodo più moderno di datazione al radiocarbonio è la spettrometria di massa con acceleratore con cui non si conteggiano più le particelle beta, ma il numero di atomi di carbonio presenti nel campione e la proporzione degli isotopi. "Negli ultimi 20 anni - entra nel dettaglio il docente del dipartimento di Goescienze dell'università di Padova - si è cominciato a utilizzare la tecnica denominata Accelerated Mass Spectrometry che consiste in una spettrometria di massa in cui c’è bisogno di un acceleratore di particelle. In questo modo si possono misurare delle quantità molto più piccole e in modo estremamente più preciso. Con questa tecnica sono stati datati materiali importantissimi come la Sindone di Torino".

Le tecnologie necessarie per eseguire la datazione con il radiocarbonio mediante la tecnica della spettrometria di massa con acceleratore sono molto specializzate e in Italia i centri che la eseguono sono soltanto tre (uno a Caserta, uno a Firenze e uno al Cedad dell'università del Salento). "Normalmente anche i laboratori come il nostro, che preparano i materiali per la misura, poi li inviano in questi centri specializzati", specifica Artioli.

Le calibrazioni delle curve e le nuove frontiere della tecnica per conoscere meglio il passato della Terra

"Nei primi giorni di novembre è stato pubblicato su Science un articolo estremamente interessante scritto da alcuni ricercatori che appartengono a uno dei più importanti gruppi di ricerca sul radiocarbonio al mondo. Sono studiosi che curano la calibrazione delle curve per cambiare le misure della quantità di radiocarbonio in età assoluta: il metodo ha infatti bisogno di una serie di calibrazioni che prendono in esame non solo il decadimento del carbonio ma anche la quantità di radiocarbonio esistente in atmosfera", spiega il professor Artioli.

"Il problema è che nell’atmosfera la quantità di radiocarbonio cambia a seconda dell’attività del Sole e dei raggi cosmici. Quindi l’assunzione che sia una costante non è corretta e Libby lo aveva già capito ma per consolidare questa conoscenza sono serviti 30 anni. Queste curve di calibrazione hanno quindi bisogno di essere aggiornate: c’è un gruppo di ricerca che si chiama IntCal che fa queste calibrazioni e che servono a tutti noi per trasformare le misure effettuate in età assolute degli oggetti che stiamo analizzando".

Gli sviluppi nella datazione al radiocarbonio hanno permesso all'IntCal Working Group di stimare i livelli di radiocarbonio con una precisione senza precedenti fino ai limiti della tecnica (che come detto si collocano intorno a 55 mila anni fa). Nel 2020 questo gruppo di ricerca ha ricalcolato le curve di calibrazione del radiocarbonio concordate a livello internazionale per la prima volta in sette anni, rendendole più dettagliate che mai. Come spiega Paula Reimer, che è anche tra le autrici dell'articolo pubblicato nei giorni scorsi su Science, "a partire dalla fine degli anni '50 fu riconosciuto che i livelli di radiocarbonio atmosferico (14C) non erano stati costanti nel tempo. Da allora, i ricercatori hanno cercato di documentare tali cambiamenti, inizialmente attraverso misurazioni di anelli di alberi di età nota e, più recentemente, utilizzando altri archivi per creare curve per correggere o calibrare le età del radiocarbonio rispetto alle età del calendario".

"La novità - entra nel merito il professor Artioli - non è solo che questi ricercatori stanno spingendo la calibrazione molto più di dettaglio, con alta risoluzione, indietro nel tempo. Le calibrazioni fino a 14-15 mila anni vengono fatte con un legame tra la dendrocronologia, cioè il sistema di datazione basato sull'accrescimento degli anelli degli alberi, e il radiocarbonio. Queste calibrazioni possono però essere fatte solo finché abbiamo delle sequenze dendrocronologiche degli alberi, vale a dire fino a circa 12-14 mila anni (con differenze a seconda del tipo di legno).  Per spingere la calibrazione più indietro, quindi tra 15 mila e 55-60 mila anni che è il limite della tecnica, si usano delle sequenze stratigrafiche, per esempio fossili, foraminiferi, coralli e reservoir marini. La precisione però non è più annuale ma è molto minore. Per questo motivo si sta cercando adesso di spingere una calibrazione precisa nel primo intervallo di tempo".

E qui arriviamo a come una più accurata registrazione del radiocarbonio atmosferico può aiutare i ricercatori a comprendere i processi della Terra e di conseguenza a migliorare le proiezioni del cambiamento climatico. "Se noi abbiamo una calibrazione molto fine della variazione di carbonio-14 in atmosfera - prosegue il docente - possiamo non solo avere delle curve di calibrazione migliori per le datazioni ma anche usare le datazioni per interpretare fenomeni geofisici e astronomici di cui abbiamo poche conoscenze. Per esempio non possiamo prevedere le attività solari, non sappiamo esattamente perché e quando il Sole ha prodotto più o meno raggi cosmici. La curva di calibrazione è però in grado di dirci, lavorando in retrospettiva, quali sono i periodi del Sole in cui si è prodotto più radiocarbonio e quindi possiamo avere delle informazioni che ci servono non solo per la datazione ma anche per ricostruire il flusso di raggi cosmici dal Sole. O, ancora più nel dettaglio, come le minime fluttuazioni del campo magnetico terrestre, hanno agito sul flusso di raggi cosmici dal Sole per fare delle fluttuazioni che non riusciamo a modellizzare, in quanto il modello che abbiamo della dinamo interna terrestre non ci permette assolutamente di modellizzare delle fluttuazioni di intensità del campo magnetico terrestre così fini. Da questo legame tra la datazione con il radiocarbonio e tutte le cause cosmiche e terrestri che ne influenzano la fenomenologia misurabile possiamo quindi estrarre delle informazioni importantissime su tutto il contesto che circonda le datazioni con il metodo del radiocarbonio".

Le applicazioni della tecnica al radiocarbonio nel dipartimento di Geoscienze 

"Noi qui in dipartimento lavoriamo molto con gli archeologi e abbiamo una linea di grafitizzazione: si parte da materiali organici, come carboni e pollini, li trasformiamo in grafite quindi estraiamo il carbonio e li mandiamo a datare. Offriamo quindi il servizio preliminare prima della datazione. In più abbiamo messo a punto un metodo molto innovativo per migliorare la datazione del carbonio presente nelle malte da costruzione. Il concetto è semplice: si prende un carbonato naturale, come un marmo o un calcare, lo si brucia con pirotecnologie come si fa per produrre la calce, quindi si produce ossido di calcio, lo si lega con l’acqua e si ottiene la portlandite, cioè la calce che viene messa tra i mattoni o nell’intonaco del muro.

La calce assorbe la CO2, il diossido di carbonio, dall’atmosfera che contiene il radiocarbonio. Da quel momento decade e posso misurare la data della malta e quindi della costruzione che viene effettuata. In realtà non è così semplice perché ci possono essere tantissime interferenze e contaminazioni e quello che abbiamo fatto è proprio sviluppare una serie di caratterizzazione delle malte per capire quali sono queste contaminazioni e come influenzano il risultato della datazione. Nei casi di studio a cui ci siamo dedicati, ad esempio per castelli o malte romane, questo ha consentito di ottenere delle date molto più precise e soprattutto di capire quando le date possono essere sbagliate", conclude il professor Gilberto Artioli.

 

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