MONDO SALUTE

In Salute. Terapie Car-T: dai tumori del sangue alla sclerosi multipla

È l’ultima frontiera dell’immunoterapia: l’impiego di cellule Car-T – cellule del sistema immunitario geneticamente modificate e rese in questo modo più “potenti” – rappresenta un approccio innovativo nel trattamento dei tumore del sangue, ma non solo. Le potenzialità sono tali da aver indotto i ricercatori a studiare l’efficacia di questa tecnica anche per altre indicazioni terapeutiche, come i tumori solidi e alcune malattie autoimmuni. Come vedremo, sono in corso studi scientifici che considerano le neoplasie cerebrali e polmonari. E proprio in questi mesi si stanno  reclutando volontari per la sperimentazione clinica in pazienti con sclerosi multipla.

Cosa sono e come agiscono le cellule Car-t

La terapia genica con cellule Car-T prevede l’impiego di linfociti T (cellule del sistema immunitario) prelevati da un campione di sangue della persona malata di cancro e modificati geneticamente in laboratorio di modo che, una volta reinfusi nello stesso paziente, siano in grado di attaccare efficacemente il tumore. Le cellule tumorali infatti, pur presentando sulla loro superficie proteine mutate che inducono una risposta immunitaria (antigeni), spesso riescono a eludere e a “disattivare” il sistema di sorveglianza del nostro corpo. 

Come si ovvia a questo problema? Nel caso specifico viene inserita  nei linfociti T attraverso un virus inattivato, o vettore virale, una sequenza genetica in grado di far esprimere sulla superficie cellulare una nuova proteina, detta recettore dell’antigene chimerico (Chimeric Antigen Receptor, Car appunto). Grazie a questo recettore i linfociti modificati sono in grado di riconoscere uno specifico bersaglio sulla cellula tumorale, un antigene a cui legarsi: in pratica è come se venissero dotati di una chiave con cui aprire la giusta serratura sulle cellule tumorali, provocandone la morte. La tecnologia è stata sviluppata dall’Università della Pennsylvania e somministrato per la prima volta nel 2012 negli Stati Uniti a una bambina di sette anni che non rispondeva alle terapie classiche.

Intervista completa a Massimo Dominici, professore di oncologia medica all’università di Modena e Reggio Emilia. Servizio di Monica Panetto, montaggio di Barbara Paknazar

Sei prodotti autorizzati in Europa per i tumori del sangue

Negli ultimi sei anni l'European Medicines Agency (Ema) ha approvato i primi sei prodotti cellulari autologhi Car-T  per il trattamento di alcune neoplasie ematologiche, tumori maligni a cellule B recidivanti/refrattari, come la leucemia linfoblastica acuta, il linfoma a grandi cellule B, il linfoma follicolare e il mieloma multiplo. Le terapie autorizzate hanno come bersaglio il CD19 (proteina di superficie dei linfociti B) o l'antigene di maturazione delle cellule B (Bcma). Nello specifico i principi attivi dei prodotti approvati sono: tisagenlecleucel, axicabtagene ciloleucel, brexucabtagene autoleucel, lisocabtagene maraleucel, idecabtagene vicleucel, ciltacabtagene autoleucel. 

Va detto che, nonostante questa terapia possa risultare molto efficace contro alcuni tipi di neoplasie ematologiche difficili da trattare, può presentare effetti collaterali significativi (come sindrome da rilascio di citochine, reazioni avverse neurologiche, infezioni e neutropenia febbrile, neoplasie secondarie) che richiedono la somministrazione del trattamento in centri altamente specializzati. Proprio nei mesi scorsi il comitato di farmacovigilanza dell’Ema ha avviato una revisione della sicurezza delle terapie con cellule Car-T dopo 23 segnalazioni di pazienti che hanno sviluppato tumori secondari. L’ente regolatorio riferisce che già al momento dell'autorizzazione all’immissione in commercio dei sei prodotti, le neoplasie secondarie sono state considerate un rischio potenziale importante  e sono state incluse nei piani di gestione del rischio.“Bisogna mettere sempre sulla bilancia i costi e benefici e le Car-t hanno dati di efficacia senza precedenti per pazienti che non hanno una alternativa terapeutica - ha dichiarato Claudio Cerchione, dirigente medico ricercatore dell'Irccs Istituto romagnolo per lo studio dei tumori 'Dino Amadori'. In questi pazienti si sono raggiunti dati di efficacia dal 70 al 100% come remissione completa della malattia”. Sulla stessa linea un articolo pubblicato da un gruppo di scienziati su Nature Medicine: “Il nostro parere è che i benefici delle terapie Car-T continuino a superare i rischi potenziali nella stragrande maggioranza dei casi”.

Cellule Car-T per i tumori solidi

“A livello mondiale – sottolinea Massimo Dominici, professore di oncologia medica all’università di Modena e Reggio Emilia e direttore della struttura complessa di Oncologia medica dell'azienda ospedaliero-universitaria di Modena – ci sono circa un migliaio di studi che prevedono l’utilizzo di Car-T. Solo un centinaio di questi però interessano i tumori solidi, con un rapporto dunque di 1 a 10. Ciò è dovuto al fatto che queste sono neoplasie più complesse: per loro natura creano un ambiente immunosoppressivo, in grado di inibire eventuali linfociti Car, e spesso si trovano in zone difficili da raggiungere”. Ne sono esempio i tumori cerebrali: la barriera emato-encefalica protegge il cervello e impedisce alle cellule immunitarie di entrare in questa sede. “Questi aspetti hanno evidentemente rallentato lo sviluppo di terapie con cellule Car-T,  ma anche spinto gli oncologi sperimentali a trovare soluzioni che tengano conto della difficoltà e della natura complessa di questo tipo di neoplasia”. E nell’ultimo periodo sono emersi dati interessanti. “Nei tumori cerebrali ci si sta muovendo verso il trapianto  all’interno del tumore stesso, quindi all’interno dell’encefalo”.

Una delle linee di ricerca del gruppo di Massimo Dominici è proprio lo studio di cellule Car-T per il trattamento di tumori solidi come il glioblastoma, una forma di tumore cerebrale altamente maligna e aggressiva, il melanoma maligno e il microcitoma, un particolare tipo di cancro al polmone. “Un'altra linea di ricerca che stiamo seguendo prevede la modifica di cellule staminali per fornire loro la capacità di secernere proteine anticancro: è come se trasformassimo le staminali in veicoli capaci di raggiungere il tumore e di liberare all'interno della massa tumorale una sostanza in grado di indurre morte cellulare. Si tratta di una strategia, a cui stiamo lavorando da molto tempo, che è stata già approvata in fase clinica. Comincerà uno studio di fase 1-2 proprio quest'anno, probabilmente in autunno”.

La possibilità di modificare geneticamente le cellule offrirà grandi prospettive di cura per i tumori solidi, secondo Dominici. “Dobbiamo essere in grado di trovare l'indicazione clinica adeguata per non perdere opportunità terapeutiche: non è solo la terapia cellulare in sé che fa la differenza, ma come viene somministrata al paziente, con che tempistiche e modalità, se da sola o in associazione ad altri farmaci che possono potenziarne l’effetto”.

Terapia con cellule Car-T

Cellule Car-T per il trattamento delle malattie autoimmuni

Per il principio che ne sta alla base, e cioè la possibilità di istruire i linfociti T ad attaccare uno specifico bersaglio, le terapie Car-T sono oggetto di studio anche per il trattamento delle malattie autoimmuni. Si tratta di patologie in cui il sistema immunitario attacca erroneamente le strutture sane del corpo scambiandole per estranee e anche in questo caso – come avviene per i tumori del sangue di cui abbiamo parlato – i linfociti B spesso svolgono un ruolo cruciale. L’idea è stata dunque quella di utilizzare la terapia Car-T impiegata in ambito oncoematologico anche nel trattamento di patologie come il lupus eritematoso sistemico e la dermatomiosite, con il risultato di riuscire a mandare in remissione la malattia. Ora gli scienziati intendono testarne l’efficacia anche nei pazienti con sclerosi multipla: il reclutamento dei volontari ha avuto inizio proprio in questi mesi. 

Nel portale ClinicalTrials.gov, un database delle sperimentazioni cliniche condotte in tutto il mondo, sono attualmente registrati tre studi di fase 1 che prevedono la somministrazione di terapie a base di cellule Car-T nel trattamento della sclerosi multipla. Il primo è uno studio multicentrico promosso da Juno Therapeutics (affiliata di Bristol Myers Squibb) che intende valutare la sicurezza, la tollerabilità e l'efficacia della terapia CC-97540 (che ha come bersaglio l’antigene CD19) in persone con forme recidivanti o progressive della malattia. Al trial partecipano Stati Uniti, Belgio, Francia, Germania, Spagna e Regno Unito. Negli Usa è in corso il primo reclutamento di volontari per la somministrazione del trattamento. 

Un secondo studio, coordinato da Jeffrey Dunn della Stanford University in collaborazione con la Kyverna Therapeutics, sta prendendo in esame invece una terapia autologa a base di cellule T anti-CD19 (KYV-101) in persone con forme di sclerosi multipla non recidivante e progressiva.

La terza sperimentazione infine è stata progettata in Cina. Si tratta di uno studio multicentrico su C-CAR168, una terapia Car-T autologa che in questo caso ha come bersaglio CD20 e BCMA, per il trattamento di pazienti adulti con malattie autoimmuni refrattarie alla terapia standard, nello specifico con sclerosi multipla a decorso recidivante-remittente, ma anche lupus eritematoso sistemico, miopatia immuno-mediata necrotizzante, e disturbi dello spettro della neuromielite ottica. La sperimentazione è coordinata da Nan Shen, direttore dello Shanghai Institute of Rheumatology, RenJi Hospital, School of Medicine, Shanghai JiaoTong University. Anche in questo caso si stanno reclutando i partecipanti al trial clinico.

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012