UNIVERSITÀ E SCUOLA

Salute mentale in università: il counseling c'è, ma pochi lo sanno

Solo qualche anno fa, l’Università di Bari ha condotto uno studio sull’utilizzo dei propri servizi di counseling da parte della popolazione studentesca. Quella di Bari è un’università molto grande in termini di numero di iscrizioni, oltre 43 mila, che si dislocano anche nelle sedi di Brindisi e Taranto. Nell’articolo scientifico con i risultati, pubblicato nel marzo del 2022 su PLOS ONE, una delle riviste open access più prestigiose del mondo, risultava che su oltre 39 mila studenti e studentesse raggiunte dal questionario, solo l’1,4% avevano effettivamente fatto ricorso al servizio, cioè 545 persone. Secondo i dati che abbiamo raccolto e pubblicato nella prima puntata di questa inchiesta sulla salute mentale nelle università italiane, quel numero è cresciuto fino al 2,2% nell’anno accademico 2023-24, pari a quasi un migliaio di richieste.

Su PLOS ONEPasquale Musso, professore dell’Università di Bari e prima firma dell’articolo, riportano però un dato che può sembrare sorprendente: “pochissimi [studenti] avevano una conoscenza significativa” dell’esistenza dei servizi di counseling psicologico. In termini numerici sono circa il 2% delle persone a cui è stato somministrato il questionario. In altre parole, il servizio era disponibile, ma la grande maggioranza di chi frequentava l’Università di Bari in quel periodo, tra il 2020 e il 2021, non era a conoscenza della sua esistenza.

 

Importanza della comunicazione e del coordinamento

Favorire la visibilità dei servizi di counseling psicologico degli atenei è uno degli aspetti chiave individuati dal tavolo tecnico che la Conferenza dei Rettori delle Università Italiane (CRUI) ha messo in moto dopo la pandemia da Covid-19. “Nel 2020 ci siamo trovate di fronte a una situazione dirompente”, racconta Angela Costabile, docente di Psicologia dello Sviluppo e dell’Educazione all’Università della Calabria e coordinatrice del gruppo. “Inizialmente dovevamo capire in che modo fornire supporto agli studenti, soprattutto quelli internazionali che si sono trovati bloccati per il lockdown”. Come abbiamo raccontato nella terza puntata della nostra inchiesta, infatti, chi dall’estero è venuto in Italia per studiare e si è ritrovato forzatamente separato dai propri legami affettivi presenta un profilo di fragilità ancor più accentuato rispetto alla popolazione studentesca in generale.

I momenti più delicati del percorso universitario sono il primo anno e l’ultimo anno, quando le preoccupazioni per il proprio futuro emergono in tutta la loro forza Angela Costabile

Nonostante alcune esperienze isolate, portate avanti “da 15-20 anni dalle università più grandi dove esisteva già un dipartimento di psicologia, come Padova, Roma o Bologna”, continua Costabile, nel 2022 la CRUI ha messo in piedi il gruppo di lavoro per occuparsi dei temi legati al benessere psicologico “sotto due aspetti principali: il counseling e l’orientamento”. Non c’è dubbio, infatti, che “i momenti più delicati all’interno del percorso universitario siano soprattutto il primo anno”, quando bisogna fare il salto dalla scuola superiore al nuovo ambiente di studio, “e l’ultimo anno, quando le preoccupazioni per il proprio futuro emergono in tutta la loro forza”.

Il Documento su standard e requisiti minimi del Servizio di Counseling Psicologico di Ateneo (SCPA) elaborato del tavolo della CRUI è il frutto del lavoro di diversi esperti ed esperte che fanno capo a diverse università italiane. Hanno delineato quelli che sono gli standard minimi che un servizio di counseling psicologico di ateneo deve garantire. Oltre al rispetto della deontologia professionale e della privacy, ci sono indicazioni chiare sul fatto che si tratta di servizi che non si devono sostituire alla psicoterapia, ma che devono servire a indirizzare e, in alcuni casi, far rientrare disagi non patologici. Tra le attività importanti ci sono seminari e incontri per la pubblicizzazione del servizio, proprio per contrastare la mancanza di conoscenza tra chi potrebbe averne bisogno. Si dovrebbe anche favorire “momenti di incontro in gruppo”, prosegue Costabile, “perché in alcuni casi il confronto tra pari è già utile per far rientrare per esempio uno stato di ansia da esame”. È una pratica che alcuni servizi universitari ci hanno raccontato e che permette anche di favorire l’avvicinamento al counseling di quelle persone che per diversi motivi non vogliono passare direttamente a un colloquio uno a uno con un counselor.

 

Individuare le emergenze vere

Un altro tema di cui si è occupato il tavolo della CRUI è l’individuazione delle situazioni di reale emergenza, cioè quei casi che non possono essere trattati in sede di counseling ma che hanno bisogno di un intervento dell’Asl. Si tratta di uno dei ruoli chiave per il quale diversi servizi psicologi di ateneo lavorano in diretto contatto con i servizi psichiatrici locali. Esistono infatti una serie di segnali che possono essere rivelatori di diversi gradi di malessere, fino alla tendenza suicida. Segnali che sono identificati da un vademecum per l’individuazione delle emergenze del tavolo CRUI e messi a disposizione di tutto il personale universitario. È infatti fondamentale che a fare attenzione ai comportamenti a rischio siano tutte le persone che per vari motivi frequentano gli ambienti universitari.

Fuori dall’ambito universitario c’è una scarsa sensibilità nei confronti dei giovani adulti Cristina Riva Crugnola

Alla fine della nostra chiacchierata, Angela Costabile sottolinea anche un altro punto. Il documento sugli standard minimi deve servire proprio come bussola per cercare di far andare tutti i servizi nella stessa direzione. Troppo spesso, infatti, la diffusione della conoscenza del servizio e la sua implementazione “dipendono dalla sensibilità del singolo rettore o della singola rettrice, ma non si può cambiare strada a ogni cambio di rettore”. A farne le spese sono la qualità del servizio erogato per studenti e studentesse.

 

Problemi che vengono da lontano

Secondo uno studio pubblicato nel 2013 sul Journal of College Counseling, tra il 20 e il 30% di tutta la popolazione universitaria presenta “sintomi compatibili con una diagnosi di problemi di salute mentale, come per esempio l’autolesionismo, stati di ansia e disordini dell’umore”. Torneremo in una prossima puntata dell’inchiesta a occuparci direttamente delle cause e delle sintomatologie del malessere psicologico della fascia d’età dei giovani adulti e delle giovani adulte. Qui segnaliamo solamente la discrepanza tra chi fa ricorso al servizio di counseling dell’ateneo e chi avrebbe bisogno di un percorso terapeutico. 

“Il problema è dove indirizzarli”, sottolinea Cristina Riva Crugnola, docente di Psicologia Dinamica all’Università di Milano Bicocca e una delle esperte che hanno lavorato al gruppo CRUI. “Fuori dall’ambito universitario c’è una scarsa sensibilità nei confronti dei giovani adulti”. Un problema che rileva anche Mauro Di Lorenzo, psicoterapeuta di Minotauro - Istituto di analisi dei codici affettivi di Milano nel suo libro intitolato Giovani adulti in crisi (Franco Angeli, 2024. “Ci si occupa malamente di adolescenza”, spiega Riva Crugnola, ma una volta raggiunta la maggiore età c’è scarso interesse anche di studio. Eppure, “la fascia 18-25 anni è forse ancor più critica” di quella dell’adolescenza per il passaggio alla piena fase adulta.

Il problema è che quel poco di servizio psicologico pubblico che c’è garantito dal Sistema Sanitario Nazionale “è intasato e l’unica opzione che rimane è rivolgersi al privato”, chiosa Riva Crugnola, con la conseguenza che si pone un ostacolo economico ulteriore all’ingresso di un potenziale percorso di terapia individuale. Il lavoro dei servizi di counseling, secondo questa prospettiva, dovrebbe essere solamente un primo passo verso un universo di servizi che garantiscano il diritto alla salute mentale di tutta la cittadinanza, ma solitamente non è così: dopo i cicli di colloqui previsti dal servizio di ateneo non c’è un naturale e semplice ingresso in un secondo passaggio del percorso per molte persone, “con un rischio di cronicizzazione della psicopatologia”, conclude Riva Crugnola, sottolineando il fallimento del sistema nel suo complesso nel garantire alla generazione futura di diventare adulta stando bene.


Questo approfondimento fa parte della serie di articoli de Il Bo Live dedicati alla salute mentale nel mondo universitario. Per il prossimo passo, abbiamo bisogno del tuo aiuto. Abbiamo costruito un questionario anonimo per raccogliere voci, esperienze e prospettive direttamente da chi vive l’ambiente accademico. Ci rivolgiamo in particolare a studenti e studentesse, dottorandi e dottorande, assegnisti e assegniste di ricerca.

Ogni risposta ci permetterà di comprendere meglio le sfide quotidiane con cui deve confrontarsi chi studia e lavora nelle università italiane e l’utilità delle risorse di supporto disponibili in questi atenei.

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