SCIENZA E RICERCA

Polveri killer, ecco cosa respiriamo in Italia

L’inquinamento dell’aria non è una novità nelle grandi città e ormai non ci si fa nemmeno più molta attenzione, se non quando si è costretti a lasciare a casa la macchina o ingegnarsi con il car pooling per le famose “domeniche senza traffico”. Anche se il colpo d'occhio, almeno dove lo sguardo, grazie a colli o montagne, può abbracciare dall'alto l'intera area urbana – come nel caso di Roma, Torino, Firenze - è spesso sconfortante. Un paesaggio dominato dal grigio, una cortina uniforme che, tranne in rare giornate di vento, si stende sopra a tutto, tanto più evidente sotto l'azzurro del cielo se la giornata è bella. Non è detto, però, che la situazione fosse migliore nei decenni passati, quando le industrie marciavano a pieno ritmo, il gasolio scaldava i condomini e le emissioni erano ancora quasi prive di vincoli. 

Secondo i dati raccolti da ISTAT la percezione della qualità dell’aria da parte degli italiani è migliorata decisamente, al 2012, rispetto ad altri fattori di disagio.

Ma cosa intendiamo esattamente, quando parliamo di inquinamento? Gli inquinanti atmosferici dai quali è influenzata la qualità dell’aria che respiriamo sono molti e di varia natura: dai composti dell’azoto e dello zolfo al monossido di carbonio, ai purtroppo famosi CFC (clorofluorocarburi) fino alle polveri sottili. Con questo termine non si intende certo i gatti di polvere che vagano sotto il divano ma un insieme di particelle solide e liquide che si trovano nell’atmosfera e che possono variare per dimensione (PM 10 sono polveri con un diametro fino a 10 micrometri, PM 2.5 sono invece le particelle con un diametro appunto fino a 2.5 micrometri) e provenienza (traffico, centrali termoelettriche, macchinari agricoli, processi industriali come anche polline, emissioni vulcaniche e sali). Avendo una dimensione così ridotta, le particelle più piccole possono rimanere sospese in aria per un intero mese: è chiaro dunque che quella che respiriamo ogni giorno non è solo aria.

Che effetti ha sulla nostra salute questo insieme di particelle? Un recente studio del MIT (il Massachusetts Institute for Technology) si è chiesto quanto le polveri sottili incidano sulla mortalità negli Stati Uniti, ed è arrivato a quantificare il numero di morti premature dovuto agli effetti delle polveri più sottili, le PM 2.5, in 200.000 all’anno. Il numero può non sembrare molto alto se rapportato alla popolazione complessiva degli Usa, che è attualmente di 316 milioni di persone, ma se si tiene conto che 53.000 di queste sono state messe in diretta relazione all’inquinamento provocato dal traffico degli autoveicoli l’importanza di un’analisi del genere è chiara: si tratta di decessi che sono prevenibili. 

Le polveri sottili non sono la diretta causa delle 200.000 morti stimate dai ricercatori del MIT: infatti le PM non lasciano traccia dei loro danni nell’organismo. Tuttavia aumentano i rischi di infiammazioni, asma e malattie cardiorespiratorie; le PM 10, essendo di dimensioni più elevate, riescono a passare e depositarsi nel tratto superiore dell’apparato respiratorio (dal naso alla laringe) ma non oltre. Le PM 2.5 invece (che costituiscono circa il 60% delle PM 10) , avendo un diametro inferiore ai filtri naturali presenti nel nostro corpo riescono ad arrivare fino ai polmoni e avere quindi effetti più gravi, fino a indurre patologie anche mortali.

Come è sottolineato anche nella pubblicazione dagli stessi ricercatori del Mit lo studio è  stato fatto per rendere consapevoli i politici e le persone che devono prendere decisioni in merito alla situazione e renderli in grado di intraprendere azioni adeguate. È dunque importante monitorare i livelli delle polveri sottili e cercare di regolamentare quelle fonti che dipendono dall’uomo, come ad esempio il traffico stradale.

In Italia è il decreto legislativo 155 del 13 agosto 2010 che regola le PM 10 e che ne ha  fissato la concentrazione limite a 50 microgrammi per metro cubo di aria analizzata; sono ammessi superamenti di tale limite ma in quantità non superiore ai 35 per ogni anno solare. La normativa non regola le PM 2.5, le polveri più sottili e più pericolose, ma l’obiettivo per il 2015 è quello di fissare il limite della loro concentrazione a 25 microgrammi per metro cubo di aria. 

Per quanto riguarda i livelli di PM 10 la situazione in Italia negli ultimi anni è migliorata, ma i superamenti giornalieri della concentrazione limite di polveri sottili nell’aria sono ancora troppi. Il Veneto è una delle Regioni in cui i superamenti del limite delle PM 10 sono stati all’ordine del giorno.

Padova ad esempio è passata dai 143 superamenti del limite nel 2002 agli 84 del 2010, migliorando sensibilmente; finora, tuttavia, l’unica provincia veneta con un valore di superamenti entro i 35 (il limite annuale) è Belluno. Il limite di 50 microgrammi al metro cubo per le PM 10 è ancora superato spesso ma fortunatamente la media annuale di concentrazione di queste polveri è promettente e sotto i livelli limite negli ultimi anni. I dati in ogni caso non mancano: le informazioni sulla concentrazione delle polveri, sul loro andamento giornaliero e stagionale e sulle variazioni, in più o in meno, sono pubbliche e costantemente aggiornate. Per la nostra regione il riferimento è il sito dell’ARPAV (l’Agenzia regionale per la protezione e la prevenzione ambientale), attraverso il quale è sempre possibile controllare l’andamento giornaliero della concentrazione di PM 10 e PM 2.5 per tutte le stazioni del territorio veneto.

Chiara Forin

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