Venticinque anni di Labanof non sono i venticinque anni di un qualsiasi laboratorio di antropologia e odontologia forense. Sono venticinque anni di ricerca scientifica, attività didattica universitaria, studio, battaglie ma anche di impegno al rispetto dei diritti umani.
Il Labanof, Laboratorio di Antropologia e Odontologia Forense dell’Università degli Studi di Milano, fa parte dell’Istituto di Medicina Legale che si trova all’interno del Dipartimento di Scienze biomediche per la salute. È stato fondato nel 1995 da Marco Grandi, ordinario di Medicina legale all'Università degli Studi di Milano e da Cristina Cattaneo, medico, antropologa, docente di Medicina legale nello stesso Ateneo e direttrice del Labanof.
Grazie a un team di antropologi e antropologhe, odontoiatri, medici legali, biologi e biologhe, archeologi ma anche naturalisti, oltre che di ricerca e didattica, questo laboratorio si occupa anche dello studio del passato attraverso l'analisi degli scheletri, dalla preistoria a oggi, del recupero e dell'identificazione di resti umani sconosciuti e fornisce aiuto ai familiari nel ricongiungimento oltre che assistenza medico-legale a richiedenti asilo vittime di torture. Si occupa infine dell'accertamento dell'età biologica su minori stranieri non accompagnati arrivati in Italia.
L'attività del Labanof, unico nel suo genere in Europa, si è intrecciata negli anni ai più 'celebri' casi di cronaca nera italiana (dal disastro aereo di Linate del 2001, al caso dell'omicidio di Yara Gambirasio, di Serena Mollicone, Stefano Cucchi e molti altri ancora) ma anche, e soprattutto, a quelli meno 'noti' o addirittura sconosciuti. È solo grazie a questo lavoro se molte di queste persone si sono viste restituiti un nome e un'identità. Un risultato raggiunto grazie a un'importante attività che Cattaneo e il suo staff hanno portato avanti fino all'approvazione in Parlamento di una norma grazie alla quale ora è più semplice e veloce mettere insieme le informazioni sulle persone scomparse con quelle provenienti dai cadaveri senza nome e registrate in uno specifico database.
Un lavoro delicato e complesso che ha cambiato il concetto di medicina legale, rendendola più etica, più umana. 'Accudire i morti – dice Cattaneo – significa prendersi cura dei vivi. Perché dare risposte a chi resta non soltanto vuol dire aiutare queste persone a trovare una qualche forma di pace, ma significa anche dare giustizia e tutelare i diritti di chi non c'è più'.
È questa la convinzione che sta alla base di una delle imprese più imponenti mai affrontate dallo staff del Labanof e raccontata nel libro vincitore del Premio Galileo 2019, Naufraghi senza volto (Raffaello Cortina editore). In queste pagine Cattaneo, autrice del volume, racconta i tre mesi di lavoro nella base Nato di Melilli per identificare una parte dei circa 1.400 migranti affogati nel Mediterraneo il 3 ottobre 2013 e il 18 aprile 2015.
È in questo modo che la medicina legale si è messa al servizio del diritto umanitario. Lo studio sui resti umani, infatti, ma anche quello sui corpi dei vivi, può rivelare moltissime informazioni. I segni su un corpo sono spesso in grado di spiegare le ragioni di un decesso, possono restituire un'identità, ma possono rivelare molto anche sulle condizioni di vita di un essere umano (se vittima di maltrattamenti, torture, sopraffazioni). Così il Labanof è stato chiamato dal comune di Milano per aiutare psicologi e psichiatri a valutare le storie dei rifugiati politici, delle persone che richiedono asilo perché riferiscono di aver subito torture nel proprio paese di origine. E così capita che quando la voce non è in grado di chiedere giustizia, molto spesso lo faccia al suo posto, il corpo.
Cristina Cattaneo, direttrice del Labanof. Intervista di Francesca Forzan, montaggio di Elisa Speronello
Quello del Labanof è un lavoro che pone l’Italia all’avanguardia in Europa e che dall'Europa è stato preso come riferimento. È un lavoro che di recente è stato anche riconosciuto con la menzione speciale della Giuria del Premio Speciale in Onore del Presidente della Repubblica. Con una serie di podcast interamente dedicata al lavoro della Cattaneo e del suo team, infatti, Rai Radio3 ha vinto il Prix Italia, il più importante premio internazionale per le produzioni radiotelevisive, nella categoria Radio Documentary and Reportage.