CULTURA

Cinema, tra Iraq e Colombia due famiglie contro il destino

Uno dei meriti del Fescaaal, il festival-vetrina milanese delle cinematografie non occidentali, è di consentirci degli itinerari filmici che, esplorando culture diversissime, le avvicinano a noi rivelando, a volte, affinità sorprendenti. Tra le molte pellicole dell’edizione di questa primavera, due, ad esempio, raccontano mondi e atmosfere agli antipodi, ma legati da una matrice comune: la famiglia come rifugio e tormento, salvezza e privazione, ultima risorsa per sfuggire a una quotidianità spietata, ma a sua volta fonte di sofferenze, affetti e libertà negate, solitudine e oppressione. Sono “The Exam”, coproduzione di Iraq - Germania - Qatar, diretta da Shawkat Amin Korki e il colombiano - franco - panamense “El árbol rojo” (L’albero rosso), di Joan Gómez Endara.

“The Exam” ci porta a Erbil, nel cuore del Kurdistan iracheno: una metropoli contraddittoria, una società moderna e in sviluppo ma ancora legata a logiche familiste, corruzione e tradizionali gerarchie tra i sessi. Siamo alla fine del conflitto tra curdi e Isis, con lo Stato islamico ormai sconfitto. Un dramma familiare è consumato, e si cerca di evitarne un altro: Rojin, giovanissima studentessa, ha tentato il suicidio per la scomparsa del suo fidanzato, sparito durante le operazioni militari. La prostrazione non le permette più di studiare, e i suoi esami all’università sono a rischio. Shilan, sorella maggiore che le è legatissima, conosce il destino che attende Rojin: una ragazza che rinuncia agli studi deve sposarsi, come è successo a lei, inchiodata nel ruolo di moglie infelice del pescivendolo Sardar. Shilan, determinata a evitare a Rojin un altro matrimonio forzato, entra in contatto con un’organizzazione che, con la complicità di alcuni docenti, passa le risposte degli esami ai parenti dei candidati, che vengono dotati di auricolare. Le due sorelle si trovano così coinvolte in un meccanismo corruttivo complesso e di vaste dimensioni.

Le sequenze, quasi paradossali, in cui decine di parenti si ritrovano in un sotterraneo oscuro, tutti insieme, a sussurrare via microfono agli esaminandi le risposte degli esami ci potrebbero ricordare qualche scena di commedie all’italiana sulle raccomandazioni come pratica istituzionalizzata e governata da logiche ferree. Ma qui non c’è umorismo né ombra d’ironia. Shilan, donna onesta, viene risucchiata con la sorella nel vortice della truffa (di cui, a un certo punto, sarà costretta a farsi parte attiva) dalla pura disperazione. È il desiderio di sottrarre Rojin al soffocante, atavico determinismo familiare che porta Shilan a cercare per lei una scorciatoia verso la laurea, e quindi la salvezza (Rojin è “condannata” al matrimonio non solo perché non riesce a studiare, ma anche perché suo padre sta per prendere una nuova moglie che non la vuole in casa). Ma in una società in cui dominano corruzione e costumi arcaici, l’anelito alla libertà individuale, per una donna, è visto ancora come eversivo. E l’aspirazione alla giustizia (incarnata dal professor Jamal, che scopre e combatte, da solo, la putredine del sistema) troppo spesso si risolve nell’impunità dei forti. Con “The Exam” il regista e sceneggiatore curdo Shawkat Amin Korki ritrae con efficacia le lacerazioni di una comunità divisa da spinte antitetiche, il desiderio di modernità contro l’oscurantismo sociale ed economico.

Se nell’opera curda la famiglia è l’irrisolvibile viluppo di speranze e frustrazioni, in “El árbol rojo” la fonte di sofferenza è la famiglia mancata, assente. Un’assenza doppia, che si protrae attraverso le generazioni. Eliécer è un uomo di mezza età che trascina le sue giornate in un villaggio di pescatori nel nord della Colombia. Suo padre, musicista, l’ha abbandonato da ragazzino. Alla sua morte, Eliécer scopre che in tarda età aveva avuto una bimba, Esperanza: la madre se n’è andata a Bogotà, e a lui viene richiesto lo sgraditissimo compito di accompagnare da lei la sorella attraversando buona parte del Paese, confidando in un ripensamento che le possa far ricongiungere. Ai due si unisce Toño, giovanissimo pescatore nero col sogno di diventare pugile, anch’egli con un padre scomparso: a differenza di Eliécer si dimostra affettuoso e protettivo verso Esperanza.

Inizia così un percorso lungo e difficoltoso attraverso le contraddizioni della Colombia: vivendo di espedienti e di passaggi da parte di camionisti incrociati lungo la strada, i tre si imbatteranno in truffe e gesti di solidarietà, verranno sfiorati dalla violenza dei paramilitari e da quella, parallela e altrettanto spietata, dei guerriglieri delle Farc. Fino all’arrivo a Bogotà, e l’incontro per nulla semplice con la madre di Esperanza… Il colombiano Endara, al suo primo lungometraggio, dirige un road movie la cui trama, seppure non originalissima e piuttosto prevedibile nel finale, offre l’opportunità di un viaggio emozionale e nostalgico alla ricerca delle proprie radici, in un alternarsi di sussulti dell’anima incarnati dal volto luminoso di Esperanza e dalla bravura dei due protagonisti maschili. Che lottano, proprio come le sorelle di “The Exam”, per inseguire un futuro negato, più che dalla povertà, dalle meschinità umane.

 

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