SCIENZA E RICERCA

Il clima cambia? Ce lo dicono i pesci sentinella

Non è un mistero e gli studi lo confermano da molti anni a questa parte: la biodiversità è minacciata dalle attività antropiche e poco importa se parliamo di specie terresti o acquatiche.
Per quanto riguarda la biodiversità marina, negli ultimi anni ci sono stati molti fattori che hanno avuto un impatto negativo, a partire dalla pesca eccessiva e dalla conseguente distruzione degli habitat di varie specie, proseguendo per l'inquinamento che ha contaminato le acque con microplastiche e altre sostanze industriali e agricole, fino ad arrivare al cambiamento climatico, che ha un forte impatto sull'ambiente in cui vivono le specie marine, sia per quanto riguarda la temperatura dell'acqua sia per le variazioni del livello del mare.

Recentemente uno studio di Science citato anche dal nostro direttore Telmo Pievani ha proposto un modello secondo cui stiamo andando incontro alla sesta estinzione di massa, sviluppato confrontando la situazione in cui ci troviamo con quelle che hanno caratterizzato le estinzioni precedenti. Secondo gli studiosi non sarebbe troppo tardi per scongiurare il peggio, ma per evitare il 70% delle future estinzioni sarebbe necessario rallentare in modo sostanziale il cambiamento climatico.

Il problema è che è anche difficile fare delle previsioni: ogni specie ha i suoi studi che permettono di capire, troppo spesso a posteriori, quanto la situazione sia critica, ma fare un censimento non è sempre facile, perché gli animali si muovono, vivono in zone che potrebbero non essere facilmente raggiungibili dai ricercatori o magari tendono a nascondersi (un esempio è il
gatto di Pallas), e se è vero che le nuove tecnologie, tra droni e foto trappole, danno un grosso aiuto, è vero anche che si tratta di una voce di spesa che può diventare ingente. La difficoltà del censimento aumenta in parallelo alla vastità dell'area da considerare (in questo articolo si spiega perché nel caso del lupo si è scelto di dividere l'Italia in due parti), e i risultati rimangono provvisori, visto che fattori esterni, pensiamo per esempio alle epidemie, possono far diminuire i membri di una data specie in modo anche ingente.

Per tutte queste ragioni, ricavare informazioni sul cambiamento climatico sulla base delle specie presenti o assenti in un dato luogo non era un'impresa facile: se già quando parliamo di specie terrestri possono esserci questi problemi, è facile immaginare quali siano le difficoltà quando ci spostiamo nel mondo marino, dove a tutte le variabili precedenti dobbiamo anche aggiungere il fattore profondità. Anche qui la tecnologia aiuta, visto che si possono per esempio utilizzare gli idrofoni per cogliere gli spostamenti dei branchi (gli idrofoni sono dei dispositivi che ricevono dei segnali acustici subacquei, compresi quelli emessi da pesci e altri animali), ma la strada non era intuitiva. Eppure i ricercatori ce l'hanno fatta: è stato creato ClimateFish, il primo
database ad accesso aperto dei pesci sentinella del cambiamento climatico nel Mediterraneo, da Ernesto Azzurro dell’Istituto per le Risorse Biologiche e le Biotecnologie Marine del Cnr, in collaborazione con esperti del Centro Ricerche ENEA di Santa Teresa e di altri istituti internazionali.

Ci sono voluti 13 anni per censire più di centomila esemplari delle 15 specie target, cioè indicatrici del cambiamento climatico in atto, sette autoctone e otto esotiche, entrate nel Mediterraneo attraverso il Canale di Suez, e si è scoperto che il riscaldamento dell'acqua ha portato nel settore orientale del Mediterraneo nuove specie tropicali che sono destinate a crescere nei prossimi anni (il Mediterraneo infatti si scalda al triplo della velocità degli oceani, e per questo è probabilmente il mare più invaso del pianeta), mentre altre specie si spostavano invece più a nord, in acque più fredde.

È una trasformazione su larga scala incredibilmente rapida, e dobbiamo tenere presente che quando assistiamo a fenomeni come questi la biodiversità è a rischio: se per esempio i pesci tropicali sono erbivori, possono diminuire, se non addirittura estinguersi, le specie vegetali autoctone. ClimateFish permette di avere uno sguardo più completo sui cambiamenti climatici: dalle osservazioni che emergeranno, i decisori politici avranno la possibilità di prendersi per tempo per apportare dei correttivi per evitare la perdita di biodiversità, con tutto ciò che essa si porta dietro.

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