SCIENZA E RICERCA

In Salute: Planetary Health Diet, per una dieta sana, sostenibile ed equa

Sano, sostenibile ed equo. Così deve essere il cibo secondo l’ultimo rapporto della Eat-Lancet Commission, un gruppo di lavoro che riunisce 24 esperti provenienti da 17 Paesi nel mondo. Allo stato attuale, raggiungere questo obiettivo richiede una “grande trasformazione alimentare”, uno sforzo globale e coordinato che si colloca al crocevia tra salute, ambiente e giustizia sociale. La Planetary Health Diet, la dieta della salute planetaria, è il pilastro fondamentale della direzione indicata dal gruppo di esperti, nell’ambito di una roadmap che prevede otto linee di intervento e 23 azioni prioritarie da attuare entro il 2050.

Cos'è la Planetary Health Diet

La dieta della salute planetaria viene definita dalla Commissione come “un modello alimentare che ha ricadute positive in termini di salute e può essere adottata a livello globale da diverse popolazioni e in contesti vari, tenendo conto anche delle variazioni culturali e regionali. È una dieta ricca di vegetali: cereali integrali, frutta, verdura, noci e legumi costituiscono un’ampia percentuale degli alimenti consumati, con quantità moderate o ridotte di pesce, latticini e carne”.  Il rapporto indica nello specifico l’apporto giornaliero di macronutrienti in grammi e l’apporto calorico per categorie alimentari. Si dovrebbero assumere, per esempio, dai 200 ai 600 grammi di verdura al giorno, dai 100 ai 300 grammi di frutta, fino a 150 grammi di legumi. 

Secondo quanto riportato nello studio, cambiare le abitudini alimentari  a livello globale con l’adozione della Planetary Health Diet potrebbe prevenire fino a 15 milioni di morti premature all'anno, il 27% del totale. “Nuove prove rafforzano l’associazione tra dieta della salute planetaria e migliori esiti di salute – scrivono gli autori –, forti riduzioni della mortalità per tutte le cause e un sostanziale calo dell’incidenza delle principali malattie croniche legate all’alimentazione”.

L'equilibrio tra alimenti sani di origine animale e vegetale proposti dalla Planetary Health Diet è coerente con molti modelli alimentari, tra cui le diete indigene, la dieta mediterranea, e altri regimi tradizionali in tutto il mondo. Anche queste si basano su cereali integrali o tuberi, un'ampia varietà di verdure a foglia verde e altri ortaggi, legumi e piccole o modeste quantità di pesce o carne con erbe e salse che aggiungono sapore e valore nutrizionale.

“La transizione verso diete sane entro il 2050 – sottolinea Walter Willet della Harvard TH Chan School of Public Health di Boston, coordinatore della Eat-Lancet Commission con Johan Rockström, che dirige il Potsdam Institute for Climate Impact Research, e Shakuntala Thilsted, Global Lead for Nutrition and Public Health presso WorldFish – imporrà notevoli cambiamenti nelle abitudini alimentari. La quantità di frutta, verdura, frutta a guscio e legumi consumata a livello globale dovrà raddoppiare, mentre quella di alimenti come carne rossa e zucchero dovrà ridursi di oltre il 50%. Una dieta ricca di alimenti di origine vegetale con piccole quantità di cibi di origine animale comporta benefici sia per la salute che per l’ambiente”.

E aggiunge: “I risultati della Commissione rafforzano l'idea che la Planetary Health Diet sia positiva sia per le persone che per il pianeta. Aumentando la produzione e il consumo di cereali integrali, frutta, verdura, frutta secca e legumi, possiamo migliorare la salute ovunque, nel rispetto delle tradizioni culturali e regionali. Ma le diete sono solo una parte del quadro generale e la trasformazione richiede un'azione che coinvolga l'intero sistema. Le otto soluzioni che abbiamo delineato forniscono una tabella di marcia pratica per innescare una trasformazione su larga scala. Siamo a un bivio globale e governi, imprese, società civile e singoli individui hanno tutti un ruolo da svolgere nel riallineare i sistemi alimentari a beneficio di tutte le persone e del pianeta”. 

Sostenibilità e giustizia dei sistemi alimentari

Dopo aver definito la Planetary Health Diet, la Commissione esamina in che misura il sistema alimentare incida sui nove limiti planetari, cioè su determinate soglie biofisiche oltre le quali un ecosistema, un processo naturale o il pianeta stesso rischiano di subire cambiamenti irreversibili. Superare questi limiti crea uno spazio ambientale non sicuro per l'umanità e, stando ai dati più recenti pubblicati a settembre 2025, sette dei nove limiti planetari sono già stati oltrepassati (sei secondo la Commissione che si rifà a un documento del 2023).

I risultati a cui giunge il gruppo di lavoro sono ben poco rassicuranti: l’attuale sistema alimentare – dal cibo che scegliamo al modo e al luogo in cui viene prodotto fino alla quantità che ne viene persa o sprecata –, è il principale fattore di pressione su cinque dei nove limiti planetari: clima, uso del suolo, integrità della biosfera, acqua dolce e cicli di azoto e fosforo. La Commissione prende in esame i nove parametri (oltre a quelli citati anche acidificazione degli oceani, riduzione dell’ozono stratosferico, carico di aerosol atmosferico e nuove entità chimiche), indicando in che misura incida il processo alimentare e quali siano le soglie da non superare per mantenere i limiti di sicurezza ambientale. I sistemi agricoli e alimentari, per esempio, producono ogni anno tra i 16 e i 17,7 miliardi di tonnellate di anidride carbonica equivalente (CO₂e), cioè il 30% delle emissioni globali di gas serra: la Commissione propone che le emissioni di gas serra derivanti dai sistemi alimentari debbano essere mantenute al di sotto di 5 miliardi di tonnellate di (CO₂e) all’anno entro il 2050 per mantenere il riscaldamento globale al di sotto di 1,5 °C o 2 °C. 

Il gruppo di esperti prende in esame poi il tema della giustizia nel settore alimentare. Secondo la Commissione, un sistema alimentare “giusto” deve garantire l'equa distribuzione di risorse e opportunità importanti come cibo sano, salari dignitosi e un ambiente pulito e sostenibile (giustizia distributiva); assicurare la partecipazione attiva specie di chi è colpito da ingiustizie nei processi politici ed economici che riguardano il cibo (giustizia rappresentativa); infine riconoscere e rispettare le diversità di culture, identità e conoscenze legate all’alimentazione (giustizia riconoscitiva). 

Lo studio riporta invece che nel 2022 ancora 2,8 miliardi di persone nel mondo non possono permettersi una dieta sana e 1,8 miliardi non hanno accesso all'acqua potabile. Inoltre, anche se la fame è diminuita in alcune parti del mondo, l’espansione dei conflitti e gli effetti del cambiamento climatico hanno invertito questa tendenza. 

A ciò si aggiunga che esiste un'ampia gamma di inquinanti lungo tutta la filiera alimentare, che crea ambienti tossici e ha effetti negativi sulla salute umana: chi vive in zone rurali ha dunque maggiori probabilità di essere colpito dagli effetti dell'inquinamento agricolo. Infine si stima che, sempre nel 2022, il 34% della forza lavoro impiegata nel sistema agroalimentare non percepisca un salario dignitoso, dunque una retribuzione minima in grado di garantire un tenore di vita accettabile per un lavoratore e la sua famiglia. Le donne guadagnano la metà degli uomini e 159 milioni di bambini sono coinvolti nel lavoro minorile, soprattutto in agricoltura.  

A fronte di questa situazione, dunque, la Commissione propone otto linee di intervento che tracciano la strada da percorrere per garantire cibo sano, sostenibile ed equo a tutti entro il 2050. Suggerisce di promuovere diete sane, indicando azioni specifiche che tutelino anche i regimi alimentari tradizionali. Propone di incentivare politiche di intensificazione sostenibile ed ecologica, che aumentino la produttività evitando nel contempo gli sprechi. Infine, raccomanda di assicurare un lavoro dignitoso ed equo lungo tutto la filiera alimentare che dia voce e rappresentanza a lavoratori e lavoratrici. Su ognuna di queste specifiche azioni ci soffermeremo in un prossimo articolo. 

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