SCIENZA E RICERCA

La convivenza difficile con l'orso sulle montagne del Trentino. Alleva: "Bisogna sapere come comportarsi"

Sulle montagne del Trentino due incontri ravvicinati tra escursionisti ed esemplari di orso, avvenuti nel giro di un meno di un mese, hanno riacceso il dibattito sulla possibilità di convivenza tra questi animali e l’uomo. Da un lato l’ormai celebre caso del bambino che, dopo essersi accorto della presenza di un orso a pochi metri dalle sue spalle, si è allontanato in silenzio a piccoli passi e con una calma da fare invidia anche a persone di età ben superiore alla sua. L’animale si è alzato in piedi su due zampe e dopo qualche secondo ha proseguito il suo cammino dirigendosi altrove. Dall’altro lato, invece, un episodio che si è concluso con il ferimento di un giovane e di suo padre, intervenuto nel tentativo di aiutare il figlio che, dopo essere inciampato in un tratto del sentiero, si era visto balzare all’improvviso addosso un esemplare di orso. Il plantigrado responsabile dell’aggressione, costata la frattura di una gamba al padre del giovane, non è ancora stato identificato ma intanto il presidente della Provincia Autonoma di Trento, Maurizio Fugatti, ha firmato un’ordinanza che autorizza l’abbattimento.

Una decisione che ha suscitato polemiche tra le associazioni ambientaliste, come Oipa, Lav e Wwf, e che è stata contestata anche dalle due vittime dell’aggressione. Contrarietà all’ordinanza di abbattimento dell’orso è stata espressa anche dal ministro dell’Ambiente Sergio Costa che l’ha definita “inaccettabile” in quanto arrivata prima che si conosceressero i contorni precisi della vicenda. “Se si trattasse di una femmina che voleva proteggere i piccoli - ha dichiato Costa - lo scenario sarebbe diverso e potrebbero cadere i presupposti per la pubblica sicurezza”. Secondo Fugatti, invece, un episodio del genere “che si aggiunge a numerosi altri casi di plantigradi che entrano sempre più spesso nei centri abitati a fondovalle, ci impone una riflessione sulla situazione presente sul nostro territorio. In Trentino - come vedremo in seguito ndr - ci sono fra gli 82 ed i 93 esemplari a cui si aggiungono i nuovi cuccioli. Questi numeri mettono in dubbio la possibilità di convivenza dell'orso con l'uomo".

E mentre per identificare l'animale ci si affida all'analisi del DNA rilevato sui vestiti dei due feriti, la vicenda accaduta nei giorni scorsi lungo un sentiero del monte Peller ha riportato alla mente la lunga latitanza di M49, l'orso che nel 2019 si era reso protagonista di diverse incursioni tra malghe e rifugi di Veneto e Trentino, sempre in cerca di cibo. Il suo temperamento era stato giudicato aggressivo e i presidenti delle province autonome di Trento e di Bolzano avevano autorizzato la possibilità di abbatterlo, in quanto ritenuto un pericolo per l'ordine pubblico. Dopo 9 mesi in cui era riuscito a far perdere le proprie tracce M49 alla fine è stato catturato, mediante una trappola tubo, durante il periodo del lockdown ed è stato sistemato nell'area faunistica del Casteler, in un recinto rinforzato. Sorte peggiore era capitata alcuni anni fa a due femmine di orso, Danzica e KJ2: la prima non era sopravvissuta all'anestetico utlizzato durante un tentativo di cattura dopo il ferimento di un cercatore di funghi, la seconda abbattuta deliberatamente dopo l'aggressione ai danni di un uomo che stava passeggiando insieme al suo cane in un bosco in zona laghi di Lamar. La Provincia aveva definito l'animale "troppo pericoloso" e aveva disposto la soppressione "nel più breve tempo possibile" suscitando un'ondata di proteste e l'avvio di un processo a carico dell’ex presidente della giunta e del dirigente provinciale del Servizio fauna. 

Il Rapporto grandi carnivori 2019

Il Rapporto grandi carnivori 2019, elaborato dalla Provincia autonoma di Trento, stima che la popolazione di orsi in Trentino sia tra gli 82 e i 93 esemplari, a cui vanno aggiunti un totale di 16-21 cuccioli. Negli ultimi 5 anni, spiega il rapporto, si è registrato un trend di crescita annuo medio pari al 12% della consistenza della popolazione, cuccioli esclusi. Numeri che dimostrano come il progetto di ripopolamento dell'orso in Trentino stia avendo successo, soprattutto se si pensa che nel secondo dopoguerra erano ben pochi gli esemplari sopravvissuti alla caccia e all'antropizzazione delle aree montuose, ma che portano a chiedersi se si possa arrivare ad una convivenza priva di situazioni di pericolo per l'uomo. 

Abbiamo chiesto una riflessione su questo tema ad Enrico Alleva, etologo e accademico dei Lincei, per capire come andrebbe gestita la presenza dell'orso sulle nostre montagne e se ci sono dei comportamenti da adottare o da evitare in caso di incontri ravvicinati. 

L'intervista all'etologo Enrico Alleva sulla gestione dell'orso sul territorio e sui comportamenti da evitare in caso di incontro. Servizio e montaggio di Barbara Paknazar

Il professor Enrico Alleva comincia la sua riflessione con una premessa: "Da qualche anno - introduce l'etologo -  sono presidente della Federazione italiana di scienze della natura e dell’ambiente e questo mi porta ad essere testimone del fatto che soprattutto le nuove generazioni di zoologi, botanici, ecologi sono diversi da coloro i quali volevano lasciare ai tempi geologici e darwiniani il ripristino della natura e della biodiversità. Invece il caso degli orsi è un tipico caso di intervento della specie umana per riportare, traslocandoli grazie ad un progetto europeo di grande valore scientifico, cogestito dall’Istituto superiore di protezione dell’ambiente, una popolazione di orsi che si era grandemente depauperata in queste zone. Quindi, con un intervento che si rifà alla lontana alle leggi estetiche ed etiche del paesaggismo, sono stati reimmessi degli orsi sloveni come succede quando si fa del rimboschimento. Quello che è successo è che - allo stesso modo di quanto accaduto per il lupo e, in alcuni paesi, per la lince - la scomparsa di queste specie, ma, in particolare nel nostro Paese, il grande spostamento di persone che hanno abbandonato le campagne a favore delle città in seguito alle due guerre mondiali, ha interrotto quell’antropologia culturale di come le popolazioni italiane locali gestivano la presenza di animali come l’orso, del lupo, della lince, del cane randagio e qualche volta della vipera. Esisteva un’alfabetizzazione di massa su quello che bisogna e non bisogna fare". Inoltre si era compreso che il momento dell’allattamento è delicato perché “come abbiamo scoperto molto tempo dopo, nel cervello della mamma di orso che allatta esistono delle piccolissime sostanze, chiamate peptidi, che creano irritabilità. Un fenomeno che è stimolato proprio dalla suzione alle mammelle. Per cui alcune cose non bisogna farle e questo era un patrimonio culturale di tutti. Non ci si avvicina nelle zone in cui ci sono degli escrementi molto frequenti di orso, però bisogna saperli riconoscere. Non ci si incuriosisce. Non si va con il telefonino a riprendere da vicino quegli animali. Tra l’altro, come sa molto bene chi ha gestito i giardini zoologici e i bioparchi, l’orso ha un ricco repertorio di brontolii e ringhi ma una scarsità di muscoli facciali, perché non ne ha bisogno, e questo rende molto difficile l’interpretazione del suo crescendo di irritabilità a livello di espressione facciale, al contrario ad esempio di quello che fa il lupo mostrando i denti. Queste sono regole che facevano parte del patrimonio dell’Italia rurale, il contadino che si è trasferito in città non le conosce più e non le conosce più neppure chi vive dove è l’orso. Quindi c’è moltissimo da fare a livello di scuole e di divulgazione in generale e credo che l’Istituto superiore di protezione dell’ambiente, insieme alle classiche associazioni ambientaliste, abbiano già prodotto una serie di opuscoli perché è con la cultura che si riesce a gestire il rapporto tra la specie umana, che è molto intrusiva e arrogante, e questi pacifici abitanti di questi ambienti.

Seguire corrette regole di comportamento è quindi fondamentale, ma occorre anche considerare che ogni animale ha un suo temperamento. "Nei nostri studi di etologia - spiega Enrico Alleva - è stato dimostrato che esistono differenze di personalità addirittura tra le seppie. Il professor Claudio Carere, dell’università della Tuscia, ha dimostrato lo stesso nei singoli formicai. Quindi questo è un dato di fatto. C’è bisogno di diversità per utilizzare meglio le risorse ambientali e c’è sempre chi è più timido e chi più curioso. La lunga esperienza di gestione degli orsi a cui ho partecipato in California a metà degli anni ’80 quando ero all’università di Stanford ci insegna che alcuni orsi, come tutti gli animali e come anche le persone, sono particolarmente curiosi ed esplorativi, tecnicamente si dice che hanno un basso livello di neofobia. Mi permetto di citare un bellissimo libro: “Diario di un uomo scimmia”, scritto dal professor Robert Sapolsky, che racconta la personalità dei babbuini ed è un paradigma perfetto anche per gli orsi, i lupi e gli altri animali. Alcuni soggetti, in prevalenza maschi adolescenti o post adolescenti, si incuriosiscono e cercano stimoli nuovi, soprattutto poi assaggiano cibi nuovi: l’umanità sprecona di questo inizio di terzo millennio attrae in modo ineluttabile questi animali con la sua immondizia lasciata incustodita. Questo è un punto fondamentale perché se gli animali si avvicinano diminuisce la loro paura nei confronti della specie umana. Gli etologi la chiamano distanza di fuga ed è un parametro sacro. Se l’animale non scappa a una certa distanza, quello è un animale su cui le autorità locali devono focalizzarsi. Negli Usa c’erano dei programmi molto maturi pensati per delle specie di orsi, anche coincidenti con la nostra, in cui quando l’orso diventava eccessivamente familiare veniva addormentato e trasportato con una grande rete sotto un elicottero, ma già si sapeva quale era l’ambiente che aveva bisogno di orsi. Ma soprattutto per le visite ai parchi occorreva prenotarsi perché era necessario che si sapesse quanti turisti c’erano e le zone dedicate agli orsi erano vietate, lì non si poteva entrare. Inoltre, anche se eri un etologo professionista, ti veniva spiegato cosa non fare e a cosa stare attenti, con un’attenzione ai minimi dettagli che arrivava al tipo di dentifricio avevi nello zaino perché alcuni hanno un profumo che attira tantissimo gli orsi. Quindi c’era una vera e propria lezione obbligatoria in una piccola capanna".

Ma cosa fare in caso di incontro con un orso? Quali comportamenti sono assolutamente da evitare? "C’è una regola fondamentale: quando un essere della specie Homo sapiens incontra un orso o un lupo chi ha più paura non è Homo sapiens perché l’uomo è un vero pericolo per quelle specie. Quindi il nostro problema è che abbiamo davanti un animale spaventato e quindi potenzialmente irritabile. Occorre - suggerisce Alleva - trattarlo in modo che non pensi che lo stiamo per aggredire, perché nella sua mente l’uomo è un predatore. Poi se ci sono i cuccioli ovviamente non bisogna mettersi tra la mamma e i cuccioli ma questo ormai è una banalità. Ma soprattutto se ci si accorge che un orso prende troppa confidenza con i cassonetti dei rifiuti bisogna segnalarlo alle autorità e su questo c’è un’attività della Federazione italiana scienze della natura e dell’ambiente nei confronti delle stesse autorità. Comunque se noi vogliamo tenere lontano gli animali dalle nostre zone abitudinarie, dalle nostre case, dobbiamo lasciare i rifiuti in contenitori a prova di orso che è un animale molto intelligente e anche con una certa forza fisica".

Il professor Enrico Alleva non nasconde una certa preoccupazione sul fatto che questi recenti episodi possano portare a "speculazioni molto forti, anche di tipo mediatico, che si basano sulla paura di persone che non hanno più quella storica familiarità con questi animali". Inoltre, aggiunge l'etologo, "un’altra preoccupazione riguarda il fatto che l’orso non ha passaporti e quando va in Svizzera o in Francia, dove ci sono gruppi di pressione di agricoltori e pastori molto attivi, rischia molto".

Esistono infinite soluzioni per spostare un orso che crea problemi: l’abbattimento è un delitto ecologico Enrico Alleva

E sull'ordinanza di abbattimento dell'orso responsabile dell'aggressione ai due escursionisti, il professor Alleva spiega di non voler entrare in valutazioni di tipo politico ma consiglia di optare per una delle "infinite soluzioni per spostare un orso che crea problemi" e definisce l'abbattimento un "delitto ecologico". "Come custode protervo della biodiversità nazionale ed europea - conclude l'etologo - della quale fa parte naturalmente anche una specie così minacciata come l’orso con la sua piccola popolazione, auspico che venga percorsa una soluzione alternativa. Ma insisto sull’aspetto culturale e mi rivolgo soprattutto agli insegnanti di ogni ordine e grado: c’è tanto da fare perché l’orso è un pezzo della nostra biodiversità. E’ importante che questo valore etico ed estetico della biodiversità venga condiviso e quindi che il rischio di estinzione di qualsiasi specie sia vissuto come un danno".

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