Henri Cartier-Bresson, L’Aquila, 1951© Fondation Henri Cartier-Bresson / Magnum Photos
"Sembra che l'Italia ti piaccia molto", scrive Robert Capa in una lettera, datata 6 dicembre 1951, all'amico e collega che con lui ha fondato l'agenzia Magnum e che fotografa collocando sempre "la mente, l’occhio e il cuore sulla stessa linea di mira”. In effetti, l'amore di Henri Cartier-Bresson per il nostro Paese è dichiarato, evidente in ogni scatto: una passione autentica, nata nel 1932 quando, a ventiquattro anni, dopo aver abbandonato l'idea di dedicarsi alla pittura e dopo un periodo trascorso in Africa, compie un primo viaggio tra Milano, Firenze, Siena, Trieste, Venezia con la sua nuova Leica, in compagnia dello scrittore e poeta André Pieyre de Mandiargues e della pittrice Leonor Fini, i due amici che il giovane Cartier-Bresson ritrae, nudi e immersi in acque limpidissime, in una serie di scatti sensuali realizzati proprio nei giorni triestini.
"È molto semplice: sono il primogenito in famiglia, i miei genitori hanno trascorso la luna di miele a Palermo e io sono nato esattamente nove mesi dopo. Il momento del concepimento è più importante di quello della nascita; il desiderio è più importante del luogo di nascita, del posto in cui si finisce" (cit. in F. Scianna, Conversazione con Henri Cartier-Bresson)
Servizio di Francesca Boccaletto e Massimo Pistore
Curata da Clément Chéroux, direttore della Fondation Henri Cartier-Bresson di Parigi, e Walter Guadagnini, direttore di CAMERA – Centro italiano per la fotografia di Torino, la mostra Henri Cartier-Bresson e l'Italia raccoglie 160 fotografie - stampe alla gelatina d'argento conservate nella fondazione parigina che porta il suo nome - e diverse riviste d'epoca. Scatti che ora immortalano l'Italia dell'immaginario collettivo, quella che gli stranieri si aspettano, dei giochi dei bambini nelle piazze o dei grandi piatti di pasta divorati con gusto agli angoli delle strade, ora un Paese più nascosto, poco noto e talvolta silenzioso.
Negli spazi di Palazzo Roverella, a Rovigo, poche ore prima dell'inaugurazione, abbiamo incontrato Walter Guadagnini: "La mostra è ricchissima di immagini indimenticabili che sono entrate nella storia della fotografia del Novecento [...] In Italia, in un primo momento, negli anni Trenta, Cartier-Bresson cerca immagini quasi astratte: sta ancora cercando il proprio linguaggio e lo fa a partire dal mondo surrealista che aveva iniziato a frequentare e che interpreta benissimo. Dal dopoguerra in poi c’è un cambiamento, perché il fotografo comincia a raccontare la società, i luoghi in cui si trova e soprattutto le persone".
Negli anni Cinquanta Cartier-Bresson compie un vero e proprio Grand Tour italiano che rivela il suo sguardo ampio, di respiro europeo, capace di anticipare i tempi del racconto per immagini dal punto di vista storico, geografico e culturale. Da Nord a Sud senza dimenticare le isole, la relazione tra l'occhio del secolo e il nostro Paese attraversa strade e piazze delle città e raggiunge le campagne per osservare anche il mondo rurale, fissa sguardi, gesti, attimi e caratteri di esseri umani che, in particolare riferendosi alla gente di Scanno e Matera, descriverà a Robert Capa come "incredibilmente ospitali". Viaggia tra i luoghi e nel tempo diventando testimone delle trasformazioni del ventesimo secolo: la sua esplorazione italiana si ferma solo negli anni Settanta, chiudendo una intensa avventura di scoperta durata quarant'anni.
Henri Cartier-Bresson, La festa della Befana, piazza Navona, Roma, 1951 © Fondation Henri Cartier-Bresson / Magnum Photos
Per studio o per piacere, per realizzare servizi per Life, Harper’s Bazaar, Holiday, Vogue o lavorare per committenze industriali, come quella per lo stabilimento costruito da Olivetti a Pozzuoli, Cartier-Bresson torna in Italia più volte. È a Venezia - dove arriva negli anni Trenta e, ancora, all'inizio dei Settanta non più per documentare gli itinerari turistici ma le manifestazioni dei lavoratori -, poi tocca Livorno, Firenze, Siena, L'Aquila, Roma, Napoli, Matera, Palermo. Al Sud giunge in vari momenti della sua vita e della storia e, seguendo sensibilità e obiettivi, riesce a raccontare ora le radicate identità locali ora le grandi trasformazioni sociali.
"Negli ultimi anni della sua vita, pur scattando sempre più di rado, continuò a visitare i musei italiani e a disegnare ispirandosi ai pittori del Rinascimento che tanto ammirava - scrive Clément Chéroux nel testo introduttivo del volume che accompagna la mostra -. Insieme agli Stati Uniti, all’India e al Messico, l’Italia è senza dubbio uno dei Paesi che Cartier-Bresson ha fotografato di più. Tuttavia, mentre a questi altri Paesi sono stati dedicati vari libri mentre Cartier-Bresson era in vita, nulla era mai stato pubblicato finora sui suoi viaggi in Italia. Grazie a Walter Guadagnini, che ha ideato questo progetto e che ringrazio sentitamente, questa lacuna è ora colmata".
Henri Cartier-Bresson, Siena, 1953 © Fondation Henri Cartier-Bresson / Magnum Photos
Henri Cartier-Bresson e l’Italia
a cura di Clément Chéroux e Walter Guadagnini
dal 28 settembre 2024 al 26 gennaio 2025
Rovigo, Palazzo Roverella