Sostiene un altro Pereira che questa storia non può essere vera, siamo nel fantasioso campo delle macroleggende micrometropolitane. Circa 7.700 libri e opuscoli destinati a una biblioteca pubblica cittadina segregati per 75 anni in una stanza ministeriale chiusa e non accessibile? Un’esplicita disposizione testamentaria del luglio 1924 (cento anni fa) da parte di un esimio docente universitario e senatore del Regno, ormai simpatizzante fascista, disattesa per due decenni dal regime fascista e poi non affrontata per mezzo secolo dalle istituzioni della Repubblica costituzionale? Nonostante lettere e richieste ufficiali, nonostante la volontà confermata degli e dagli eredi rintracciati? Nonostante la richiesta di consultazione da parte di studiosi e università, come materiale molto utile a economisti e storici del pensiero economico del Novecento? Un fondo inaccessibile a chiunque per tre quarti di secolo, solo citato come una vana chimera o un tesoro segreto in convegni e discussioni accademiche? Mantenuto inaccessibile, accampando che il figlio Massimo fosse sembrato intenzionato a tenerla e, successivamente, altri discutibili vincoli formali nobilmente “conservativi”? Senza che a livello dei vari eredi, poi regionale e locale si potesse far qualcosa tempestivamente?
Si tratta magari di una serie di invenzioni, voci, sogni, incubi di un furbo narratore o di un esperto sceneggiatore, tutta o prevalentemente fiction. Forse.
Chi era Maffeo Pantaleoni
Maffeo Pantaleoni fu un famoso perspicace economista, fra l’altro. Nacque a Frascati il 2 luglio 1857, padre Diomede, medico chirurgo, viaggiatore e poi senatore liberale del nuovo Regno, madre Jane Isabella Massy Dawson, nobildonna irlandese, primo di tre figli. Visse molto all’estero: nel 1862 il padre fu costretto all’esilio a Nizza; dal 1868 lui studiò in collegio, prima a Saint-Germaine-en-Laye vicino Parigi, poi a Postdam nel Brandeburgo; tornò a Roma per iscriversi a Giurisprudenza (le facoltà di Economia sarebbero sorte circa sessant’anni dopo); si laureò con una tesi sulla Teoria della traslazione dei tributi, discussa e premiata a giugno 1881, come duratura trattazione su incidenza ed effetti delle imposte dal punto di vista della teoria “pura”. Già pubblicava articoli scientifici e la tesi divenne nel 1882 il primo volume di successo, Pantaleoni intraprese così una sostanziosa carriera accademica. In breve tempo apparvero il citatissimo saggio sulla pressione tributaria, fine contributo nell’analisi finanziaria, utile a investigare dinamicamente il rapporto fra carico fiscale e sistema economico, e i Principii di economia pura (1889), che lo rese famoso per l’erudizione sistematica in Italia e all’estero (conosciuto anche da Gramsci, che poi lo citò anche in carcere). Insegnò a Camerino, Macerata, Venezia, Bari, per cinque anni integrando la didattica con la direzione del Giornale degli economisti.
Sostiene un altro Pereira che la vita di Maffeo Pantaleoni andrebbe raccontata attraverso un afflato romanzesco contemporaneo. Inevitabilmente. Massone conclamato, élite degli aventi diritto (al voto), di incarnato autorevole, non ebreo, non socialista, anzi. I suoi contributi più famosi appaiono certo dedicati all’economia “pura”, un altolocato liberale politicizzato. Pantaleoni sarebbe stato, tuttavia, poi capace di denunciare intrighi e interessi nello scandalo della Banca Romana nel 1892, che investì l’Italia crispina e il primo governo Giolitti, in contatto con il neodeputato Napoleone Colajanni e con la commissione parlamentare d’inchiesta sugli istituti di emissione. Nominato nel 1894 commissario liquidatore del Società generale di credito mobiliare di Frascara. avrebbe approfondito nel concreto problemi materiali e portata storica delle dinamiche creditizie e bancarie e avrebbe così scritto uno dei suoi capolavori meno di economia “pura”, La caduta della Società generale di credito mobiliare italiano (1895), ottenendo di nuovo la cattedra a Napoli dall’autunno 1895 grazie alla vittoria di un concorso e, soprattutto, decidendo di “tradurre” il proprio aggressivo indagatore spirito di polemista liberista antigovernativo (contro ogni protezione nei confronti delle banche) in una costante ambiziosa vita politica attiva e militante.
Pantaleoni risultò spesso immerso in deflagranti conflitti personali e di potere. Aveva già avuto una censura dalla scuola Superiore di Commercio di Bari. Emanuele Gianturco, suo collega a Napoli e ministro della Pubblica Istruzione, lo deferì al Consiglio superiore dell’Istruzione pubblica per violazione dell’art. 106 della legge Casati nel 1896 (l’avere, con l’insegnamento o con scritti, “impugnate” le verità sulle quali riposa “l’ordine religioso e morale”). La moglie, non più in grado di sostenere tensioni così forti, fu accolta dal loro amico Vilfredo Pareto in Svizzera a Losanna, dove già erano in collegio i figli Diomede e Adelchi. Pantaleoni rimase a Roma, aiutato dalla madre, con i piccoli Goffredo e Massimo. Rifiutò offerte professionali a Chicago, tentò qualche fortuna imprenditoriale. Alla fine del 1896, probabilmente proprio Pareto gli procurò un’offerta dall’Università di Ginevra; dopo quasi dieci anni di lotta “anti-Crispi”, decise di trasformare la partenza in una questione politica, “idolo” precoce della protesta anche studentesca, poi gestita con la violenta chiusura degli atenei di Roma e Napoli (in parallelo alla repressione sociale di Bava Beccaris a Milano). Fu così esplicito alleato tattico della cosiddetta sinistra storica “radicale” (di allora) nel 1898, diede ospitalità in Svizzera a socialisti esuli dall’Italia e fu eletto deputato prima nel marzo e poi nel giugno 1900 a Macerata, con forte investimento nella propaganda murale e poi grandi feste nella “sua” città, ben attivo durante tutta la XXI° legislatura del Regno d’Italia.
Sostiene ancora l’altro Pereira che Pantaleoni avrebbe girato l’Europa (in una vita “spericolata”) e l’Italia (ordinario a Pavia dal gennaio 1901, a Roma dall’aprile dello stesso anno), pur sempre considerandosi un italiano “maceratese”, di identità e legami. Risulterebbe forse facile ricordare come s’inserisse nella vicenda generazionale di un’antica famiglia di quella piccola città, già il nonno Pantaleone (Macerata, 1810 - 1885) fu eminente avvocato e docente universitario; a Macerata mantenne sempre affetti parentali, frequentazioni e amicizie; da Macerata Maffeo firmava il frontespizio delle sue pubblicazioni. Nella tarda primavera 1900 avrebbe sconfitto l’avversario dell’opposizione costituzionale in provincia, lui più “di sinistra”, definizioni ovviamente non traducibili con il lessico di oggi, corpo elettorale complessivo di 4.468 iscritti e 2.980 votanti per capirsi. Vicino e lontano dalla cittadina marchigiana, si sarebbe poi mantenuto dentro continui conflitti istituzionali e giudiziari, accademici e culturali, giornalistici e relazionali, pure fra i protagonisti della campagna di articoli e dossier in merito al denunciato scandalo di una banca torinese nell’agosto 1902, costantemente “antigiolittiano” ma isolato dai poteri governativi, sempre più polemico e antisocialista, ancora un poco antimilitarista ma antitedesco nazionalista.
Pantaleoni, pressato da lutti e difficoltà familiari, nel giugno 1904 si dimise da deputato per concentrarsi su lavoro e famiglia (fra l’altro, quasi due anni prima la moglie aveva tentato il suicidio). Seguì un decennio di corsi, conferenze e saggi scientifici di grande specialistico rilievo nella storia del pensiero economico. Anche in quel periodo raccolse tantissimi libri, acquistati o donatigli, non danaroso possidente ma rigidamente fedele alla conservatrice classe agiata dei ricchi e potenti, sempre più impaurito da socialisti e operai. La morte della moglie nel 1910 e i prodromi della grande terribile guerra lo ributtarono nell’agone politico diretto, impossibile per chiunque rimanere alla finestra, lui ora interventista per evoluzioni naturali (contro quello che definì “disfattismo” socialista) e xenofobo per interessi personali (pure contro gli ebrei), ovviamente antibolscevico e tendenzialmente liberal-fascista in polemica con la vittoria “mutilata”. Tanto era polemico e “cattivo” che, dopo la caduta del governo Salandra, fu fisicamente sfidato e ferito in duello (dietro Porta Pia) dal deputato ancora “democratico” Carlo Schanzer (1865 - 1953), in precedenza duramenteaccusato da Maffeo Pantaleoni sulla stampa. Difese arditamente, inoltre, il nascente regime fascista dopo l’assassinio di Giacomo Matteotti. Morì a Milano il 29 ottobre 1924, al termine di una brillante conferenza di economisti, cui aveva partecipato già in preoccupanti condizioni di salute.
Sostiene un altro Pereira che nessuno sa bene nemmeno ora chi (persona o ente) eserciti la proprietà di gran parte delle migliaia di libri della consistente biblioteca Pantaleoni, uno o più, e a quale titolo. Nel dicembre 1994 il precario giovane deputato del collegio di Macerata avrebbe partecipato a un convegno nel settecentesco teatro comunale, promosso dall’autorevole fondazione bancaria cittadina con studiosi internazionali nel settantesimo della morte di Maffeo (“dal paese al villaggio globale”), appuntando l’inciso fra parentesi di una dotta relazione in merito a un tesoro nascosto, migliaia di libri dell’economista. Dopo poco più di una settimana si sarebbe rivolto al ministero custode della raccolta in una stanza inaccessibile, ricevendo una risposta affermativa, la situazione era tale e tale sarebbe dovuta restare, pareva. Nei mesi successivi avrebbe verificato i tanti trentennali inutili tentativi istituzionali e amministrativi per far tornare il fondo nella città di Pantaleoni e renderlo comunque accessibile agli studiosi. Dopo qualche mese avrebbe suggerito in una seconda interrogazione di lasciare intatto il “deposito” romano ma di far esercitare tale deposito, tramite convenzione, presso la biblioteca citata nel testamento con accordo fra ministero e comune, uno stratagemma fantasioso ma praticabile, pareva. Circa dopo un anno, la pura fortuita coincidenza che il citato deputato fosse divenuto sottosegretario (in tutt’altro ministero) avrebbe consentito sia di esperire il tentativo (a lungo ancora bloccato da risapute inedie burocratiche) che di trascorrere tre anni a concordare una convenzione, concretizzando l’ipotesi nel gennaio 2000: inaugurazione con il presidente della Repubblica Ciampi, pare; distribuzione di un opuscolo ufficiale “sul ritorno a Macerata della biblioteca privata di Maffeo Pantaleoni”; opuscolo quasi subito dato per disperso, pare.
Nel centesimo anniversario della morte di Pantaleoni, il 29 ottobre 2024 l’Università di Macerata ha organizzato un bel convegno sul contributo ancora fertile dell’economista a varie teorie economiche e alla complessiva storia del pensiero economico non solo italiano. L’opuscolo era noto solo ad alcuni relatori, praticamente ignoto agli altri, ai rappresentati istituzionali, agli studenti e ai cittadini presenti. Tuttavia, è emerso quanto diffuso sia stato l’influsso delle idee di Pantaleoni e quanto sia ancora opportuno storicizzarle e verificarle. Varie sessioni di lavoro hanno mostrato nessi fertili con gli insegnamenti attuali di micro e macroeconomia, con la scienza delle finanze e le politiche bancarie, con la matematica e la statistica oltre che ovviamente con le dinamiche delle relazioni fra economisti teorici da almeno circa un secolo e mezzo. Le relazioni hanno spaziato dal “precursore” dei criteri per i salvataggi bancari ai sistemi di misurazione delle performance aziendali (il suo “totalizzatore”), dall’etica economica (individualismo e cooperazione) alle dinamiche demografiche (complessità e coevoluzione). Il coordinatore del convegno Stefano Spalletti ha anche trattato “Maffeo Pantaleoni a Macerata”; Daniela Giaconi, una delle maggiori esperte della sua biografia, proprio “La biblioteca Pantaleoni”.
Sostiene un altro Pereira che studiare e discutere l’economista Pantaleoni è interessante e positivo. Anche allargando ulteriormente eventualmente il campo: per esempio le (pur ridotte e parziali) influenze nel suo pensiero di Darwin e di chi allora citava Darwin; per esempio i possibili nessi con Gramsci, più giovane e davvero socialista, che andò a Torino solo a fine 1911 (povero studente universitario) e divenne presto amico di Piero Sraffa (il quale avrebbe scritto il giorno della morte “l'Italia ha perduto Maffeo Pantaleoni, il principe dei suoi economisti, morto di infarto solo pochi minuti dopo aver finito il suo discorso davanti al Congresso delle Casse di Risparmio a Milano…”), che esordì nel giornalismo nel 1915 con articoli sul settimanale “Il grido del popolo” (1892-1918, al quale pure Pantaleoni aveva collaborato), che fu eletto deputato comunista nell’agosto 1924 (quando Pantaleoni era senatore di nomina regia, tendenzialmente fascista) e cita più volte l’economia presunta “pura” di Pantaleoni in vari Quaderni dal carcere.
Sostiene un altro Pereira che a Pantaleoni nell’ottobre 2024 hanno pure dedicato un discutibile opportunistico francobollo all’economista, suggerisce che si poteva evitare (soprattutto pochi mesi dopo il francobollo su Matteotti), meglio sarebbe avere meticolosa attenzione per evitabili polemiche politiche, antiche e moderne. Serio e indiscutibile sarebbe dotarsi, invece, di un progetto che modifichi anche la situazione solo “semiaperta” della biblioteca in questi 25 anni, dopo i 75 di “segregazione”. Esisterebbe una convenzione per l’esercizio istituzionale maceratese del deposito, nemmeno tutta ancora pienamente attuata. Sarebbe indilazionabile pubblicare subito il catalogo delle opere presenti (anche per verificare i motivi di alcune assenze). Forse intanto l’opuscolo andrebbe consegnato a chiunque riesce a visitare (per appuntamento) la mitica stanza chiusa e inserito per consultazione sul sito di comune e università. E forse, soprattutto, andrebbe fatto maturare un piano di attività organiche e pluriennali di conoscenza e studio ulteriori dell’economista Maffeo Pantaleoni, in raccordo fra comune (forse anche regione) e università, coinvolgendo l'Associazione Italiana per la Storia del Pensiero Economico (AISPE) e altre università (prossimi convegni, tesi di laurea, confronti seminariali), i lontani eredi ancora attivi (Riccardo Pantaleoni ha anche già pubblicato volumi biografici), i concittadini appassionati di storia, magari istituendo anche uno specifico coordinamento scientifico. I percorsi esplorativi sarebbero molteplici lavorando collegialmente all’interno della sua biblioteca: le Note a margine dei volumi; gli Ex libris; i materiali di rispetto: i crediti d’affetto del e verso il suo proprietario; i pezzi unici e pregiati; i doni di spessore culturale; i tanti materiali allegati e gli appunti personali di Pantaleoni, gli spunti comprensibili sul metodo di lavoro; gli Inediti.
Sostiene l’altro Pereira che qualcosa di vero e sensibile deve esserci in queste storie. Poco ma vero.