UNIVERSITÀ E SCUOLA

Laurearsi conviene

Noi italiani saremmo anche un “popolo di poeti di artisti di eroi, di santi di pensatori di scienziati, di navigatori, di trasmigratori”, com’è scritto sul Palazzo della Civiltà di Roma, ma di sicuro non siamo un paese di laureati. Penultimi in Europa per possesso di titolo terziario, da noi sono laureate malapena 27 persone su 100 fra i 30 e i 34 anni (mentre sono quasi 40 su 100 in Europa - dati Istat). E se prendiamo un campione più vasto, diciamo fra i 25 e i 64 anni di età, la percentuale diventa ancora più impietosa: 18,7% in Italia contro un 31,4% della media Ue.

Si laureano di più le donne degli uomini (24,5 contro 15,8 punti percentuale) e ci si laurea più al Nord e al Centro Italia - dove comunque lo fanno solo circa 30 persone su 100 - che al Sud (neanche 22 su 100).

Ma oltre a garantire accrescimento culturale, maggiore consapevolezza e conoscenze specifiche, la laurea aiuta anche a trovare un lavoro? Pare proprio di sì. In questo contesto i dati Istat e quelli Almalaurea, entrambi pubblicati pochi giorni fa, sono concordi.

In particolare, secondo l’Istat, il premio dell’istruzione – ossia la maggiore occupabilità al crescere dei livelli di istruzione – è pari a 9,7 punti nel passaggio dal titolo secondario superiore al titolo terziario. I vantaggi occupazionali dell’istruzione diventano massimi dove registriamo le maggiori criticità occupazionali, quindi nel Mezzogiorno e fra le donne: “Per le donne residenti in queste zone [il Sud e le Isole] possedere un titolo di studio terziario è decisivo per una migliore partecipazione al mercato del lavoro. Accrescere l’istruzione, e quindi le opportunità che offre, rappresenta pertanto un modo per ridurre i divari e le disuguaglianze” recita il rapporto.

Accrescere l’istruzione, e quindi le opportunità che offre, rappresenta un modo per ridurre i divari e le disuguaglianze

Dato dunque per assodato che vale davvero la pena laurearsi per trovare lavoro, quale corso di laurea è meglio scegliere? In questo ci aiutano i risultati dell’ultima indagine Almalaurea, che nel 2017 ha coinvolto oltre 630 mila laureati.

A cinque anni dal conseguimento del titolo magistrale sembrano trovare più facilmente lavoro i laureati in ingegneria, delle professioni sanitarie e quelli del gruppo economico-statistico; per loro il tasso di occupazione supera addirittura il 90%. Non va invece benissimo a chi si laurea in discipline giuridiche, geo-biologiche e letterarie, che si ritrovano a dover confrontarsi con un tasso di occupazione di dieci punti più basso. A sorpresa, dunque, la tradizionalmente pregiata laurea in giurisprudenza non paga affatto e anzi fa registrare un tasso di disoccupazione, a cinque anni, molto alto (14%), superiore a quello delle spesso bistrattate lauree in ambito letterario (11,9%).

Il “posto fisso” con un contratto a tempo indeterminato, dopo cinque anni dalla laurea se l’è guadagnato più dei tre quarti degli ingegneri e più del 71% di chi si è laureato in professioni sanitarie. Seguono a ruota, senza scendere sotto il 63%, chimici, farmacisti, economisti e statisti. I giovani laureati più “ricchi”? Non c’è sorpresa: di nuovo gli ingegneri, con una retribuzione media mensile di 1.753 euro. Sono comunque in buona compagnia dei laureati del gruppo scientifico (1.668) e di quello chimico-farmaceutico (1.633). Non raggiungono invece i 1.200 euro mensili le retribuzioni dei laureati dei gruppi psicologico, insegnamento e letterario. Percorsi, generalmente a prevalenza femminile, il cui sbocco professionale è relativo soprattutto al mondo dell’insegnamento, notoriamente non troppo generoso in termini di valorizzazione economica.

“All’aumentare del livello del titolo di studio posseduto diminuisce il rischio di restare intrappolati nell’area della disoccupazione. Generalmente i laureati sono in grado di reagire meglio ai mutamenti del mercato del lavoro, disponendo di strumenti culturali e professionali più adeguati” si commenta sul rapporto Almalaurea.

Allora se oggi vogliamo ancora essere un popolo “di poeti, (…), di pensatori, di scienziati” sarà meglio studiare e prenderci una laurea.

 

Tassi di occupazione dei giovani di 20-34 anni con titolo di studio secondario superiore o terziario a tre anni dalla conclusione del ciclo di studi, per sesso e per ripartizione geografica. Dati dal rapporto Istat 2018 su istruzioni e ritorni occupazionali

 

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